Il manager di una grande azienda inventa un algoritmo per l’efficientamento del numero di dipendenti e ne resta vittima lui stesso. Per sopravvivere farà il rider per una multinazionale che, oltre quello di consegna, offre una varietà di servizi di cui uno molto particolare…
Confesso che mi era sfuggito completamente questo film di Pif e poi ho capito perchè: è una produzione esclusiva Sky (che non ho) mai uscita in sala. E’ però ora presente anche nel catalogo Netflix da dove l’ho recuperato.
E’ un film ambientato in un futuro distopico in cui alcuni aspetti dell’invasione della tecnologia nelle nostre vite diventano un’iperbole ma sempre mantenendo l’occhio sulla realtà.
E’ un faro puntato sulla disumanizzazione della società, soprattutto in campo lavorativo, e sulla crisi delle relazioni che sfocia sistematicamente nella solitudine. Ricorre come un tormentone la parola algoritmo come longa manus di un grande fratello che ormai regola qualsiasi attività. Mi ha colpito la scena in cui Fabio De Luigi va in banca per cercare un prestito ed il direttore gli dice che purtroppo ha le mani bloccate dall’algoritmo. Oggi come oggi avviene esattamente questo ed la valutazione umana è completamente esclusa. Ma questo dove porta?
La risposta è rappresentata dal magnate della multinazionale Fuuber, che prende in prestito i mantra di Steve Jobs e che insegue un futuro in cui l’uomo diventa solo un ingranaggio del meccanismo perverso che incrementa il potere della nuova oligarchia.
Fabio De Luigi ed Ilenia Pastorelli funzionano come protagonisti di questo psicodramma che non lascia nessuna speranza. Ogni tanto si sorride (si veda per esempio la scena del volo low low cost)e a riguardo il personaggio interpretato da Pif dà un po’ di leggerezza. Il tutto però fa paura perchè è tremendamente concreto e per quanto Arturo cerchi una redenzione, il finale condanna lui e tutti noi ad un futuro senza speranza..
Il titolo particolare fa riferimento alla frase detta da uno dei personaggi del film ed è un preciso atto di accusa verso la miopia dell’uomo moderno che si lascia irretire da queste novità tecnologiche senza dare peso alle conseguenze derivanti dal fatto che entrano nella nostra vita per non uscirne più. In questo senso è bellissima la battuta finale del magnate che dice che loro hanno bussato alla nostra porta prima di entrare nella nostra quotidianità.
Forse ai più esigenti questo film sembrerà un po’ didascalico nella proposizione del messaggio del regista, avrebbero gradito magari un linguaggio più metaforico, ma comunque è una produzione che ha una propria dignità a prescindere da questo punto di vista.
Interessante.