Probabilmente non il film migliore di Kubrick, sicuramente non il mio preferito, ma decisamente quello che ho visto più volte e che più mi piace rivedere.
Trovo in questa pellicola un qualcosa di confortevole oltre che minaccioso.
È una delle tante dicotomie e contrasti di cui vive il film, o almeno fa vivere a me come spettatore.
Dal momento in cui Tom Cruise esce di casa per andare dal paziente deceduto, il film scivola in un’atmosfera sognante (uso questa parola non a caso) e riesco a vivere tutto in prima persona – ma anche con un leggero distacco (altra dicotomia) in una New York ricreata in studio, tanto larga, spaziosa e a volte minacciosa negli esterni, quanto stretta, quasi soffocante ma sicura negli interni (la casa della prostituta, il caffè in cui si rifugia Cruise quando si accorge di essere seguito).
La Kidman qui è bellissima, la vediamo rimirarsi nuda tra il dubbioso e il compiaciuto; è bellissima nuda, vestita, in intimo, con gli occhiali, senza, ma è anche una moglie noiosa, annoiata, frustrata, così vanitosa da non riuscire ad allontanarsi dalle lusinghe del tizio ungherese alla festa (uno dei personaggi più viscidi che io abbia mai visto in un film).
Marito che sembra un tipo a posto, tra parentesi, e secondo me Cruise è perfetto nel film.
È ordinario e straordinario, è una persona ragionevole e compie scelte assurde.
Qualcuno nel thread ha scritto che non si era mai accorto di quanto fosse nano prima di vederlo in questo film.
È vero.
In effetti Cruise (che comunque nano non è) qui è sempre il più basso, ovunque vada, anche rispetto a tutte le ragazze che incontra. Praticamente solo la figlia è più bassa di lui.
Basso, ma impettito, solido, elegante, ha quella sicurezza che gli deriva dall’essere un giovane uomo di successo ma è anche sempre a un passo dal perdere la virilità, per esempio dopo l’incontro coi ragazzotti che lo spintonano e gli danno del frocetto.
E lui cade, si rialza, mostra ovunque il tesserino da medico come fosse un distintivo della polizia, sa che gli dà rispettabilità, e allo stesso tempo serve a ottenere fiducia, e confidenze.
È anche benestante, ha un portafogli bello gonfio di contanti, eppure vediamo che c’è gente molto più ricca e potente di lui. Gente che organizza strane feste a cui lui non è invitato.
Sarà per questo che fa di tutto per entrarci? O è solo poco lucido? Arrapato?
Probabilmente tutto questo insieme.
E lui ci gira intorno al sesso, come un cane intorno alla femmina. E come un cane viene scacciato, vuoi da una pedata vuoi da una secchiata di acqua fredda.
Questo è anche un film in cui veniamo continuamente spinti verso un qualcosa che poi non si palesa, non si spiega, non va fino in fondo.
Kubrick dà l’impressione di poterci guidare verso una qualsiasi delle direzioni del film, se solo volesse.
Ma non vuole, non è ciò che vuole fare.
In realtà mi sembra di vederlo sogghignare tra un fotogramma e l’altro, ho la sensazione che si sia divertito a girare questo film.
Perché questo è anche un film divertente, secondo me.
Ed è anche un film che nonostante le due ore e mezza di durata mi fa desiderare che continui, ho voglia che succeda qualcos’altro, perché è successo tanto e poco, o forse è stato solo un sogno (doppio).
Il film ha una impostazione simile alle tecniche di ipnosi: rilassa per poi rivolgersi all’emisfero destro con suggestioni e stranezze, enigmi che non abbiamo il tempo di risolvere perché si parla d’altro e forse in fondo non è successo niente, era una festa innocua, la ragazza è morta di overdose, la moglie ha solo sognato e lui in fondo non l’ha tradita, ora andiamo a comprare i regali di Natale per la bambina.
E alla fine non voglio neanche parlare di tutti i simbolismi esoterici nascosti o meno, mostrati o meno, voluti o meno, di tutte le interpretazioni, i dettagli, i complottismi - la tentazione sarebbe forte - ma sono consapevole che in un modo o nell’altro il film possa volutamente spingere alle seghe (mentali, ça va sans dire) solo per poterci poi sfottere e dirci che in realtà dovremmo fottere, come si premura di suggerire Nicole Kidman nella battuta finale.
Battuta che però in italiano perde quella potenza che ha in lingua originale, perché è innegabile che non si possa che apprezzare con un sorriso il fatto che l’ultima parola dell’ultimo dialogo dell’ultima scena dell’ultimo film di Kubrick sia un meraviglioso, diretto, tempestivo, sonoro: