Fashion movie (Antonio D'Agostino, 1981)

zero sementine sulla trama. convoco @Paolo_Tarsis che essendo un cultore del regista probabilmente ne sa qualcosina.

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Forse uscì anche come “Bestialità”? Mi pare, se sì dovrei averlo. Visto 20 anni fa, non ricordo nulla. Da rivedere insomma

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Sarebbe bastato dare uno sguardo alle “sacre scritture” come al solito, ma non le avevo sottomano. “Bestialità” sì, è una proposta in video di “Fashion movie” che richiama nel titolo quei famigerati pornazzi italiani della seconda metà degli ‘80 in poi in cui vengono sconvolti gli spettatori con incontri ravvicinati di un certo tipo…
Sommerso da libri e riviste di varia natura riguardanti l’argomento madre, la memoria mi impedisce di citare correttamente la fonte contenente la preistorica filmografia della Frajese che inopportunamente lo annoverava. E non faceva riferimento a Fashion love, anch’esso menzionato.
Lo vidi pertanto rapidamente, per controllare, conservandolo forse un po’ troppo avventatamente nel reparto “Poco raccomandabili”. Intendiamoci bene, ‘sto Fashion movie è una boiata di quelle che ci vuole ardimento per riportarla a galla. Ma forse sono io che come al solito procedo “andando controcorrente rispetto la corrente che va controcorrente”(cit.), gli esperti miei compatrioti non ne parlano male infatti, è stato inserito pure nel Dizionario del cinema italiano della Gremese, anche Delirium non riuscì a fare a meno di recensirlo (Issue 4: Italian Cinema 1981).
Vabbè cominciamo: musiche di Vivaldi.
Ah! Ah! Ah! Scusi, maestro… era così… per scaldare l’ambiente…
Cose da pazzi, incredibile davvero.
In due parole è un film nel film (che si chiama appunto Fashion movie), un dietro le quinte del cinema a luci rosse girato dai pornografari stessi quando l’hard italiano ancora gattonava stringendo il biberon. Difatti è il solito showcase di tutte le risapute imperfezioni e virtù classiche del genere agli esordi, non manca una robusta infrastruttura di bizzarrie a cui fanno da contraltare erezioni scarse, con l’aggravante delle musiche che rappresentano davvero un goal a sfavore. E sebbene Curia ce la metta tutta per farci divertire in camicia gialla sbottonata fino al petto con la sua grattugiata parlata romanaccia e col suo fare da spacciatore libico al film manca la verve da commedia, quella comicità dell’imbarazzo che, punto di forza nelle coeve opere di Bianchi e Siciliano, è forse quel pizzico di polvere magica in grado di farmi sembrare queste porno-baggianate bellissime. E infatti ritengo “Movie in the movie” - paradossalmente nella sua versione squisitamente soft - un preciso spaccato delle produzioni pornografiche nostrane molto più aderente alla realtà di questo.
Nella prima scena i protagonisti Luca e Cristina (Riccardo Zamagni e Guia Lauri) visionano assieme al regista Giuseppe (Alotta) un filmino messo su con immagini prese dal girato definitivo e che vedremo più compiutamente durante lo stesso, ad Antonio D’Agostino piace confondere le idee. È l’attore principale a spiegare al regista come vuole girare il film, non viceversa. Aaah! Allora leggete un rigo sì e uno no… ho detto che al regista - quello, ehm, “vero” - piace confondere le idee. Per un guasto al motore il resto del cast (Pino Curia, Laura Levi, Pauline Teutscher e uno sconosciuto) è costretto a raggiungere la villa sul mare dove si svolgono le riprese a piedi, strada facendo la bionda olandesona si esibisce in una minsione poco prolungata ma inquadrata magistralmente da dietro e dal basso. Si inizia a girare, nella prima scena Luca vestito da cameriere si comporta come un cane e lecca i piedi di Cristina che si palpeggia furiosamente. Ecco da dove diavolo hanno tirato fuori il titolo “Bestialità”! Subito una medaglia al coraggio. Comunque ragazzi qui grande lezione di professionismo da parte della Lauri eh, il regista dà lo stop e lei in un baleno torna al naturale, il viso stravolto dal piacere ridiventa serio, si alza e se ne va. Valutazione: vera attrice porno.
Seconda sequenza: il cameriere trova la padrona addormentata nel letto leopardato di questi film di D’Agostino, prima la lecca e poi vorrebbe farsela, la donna lo scaccia e lo fa stare a cuccia mentre consuma la colazione a gambe divaricate riempiendosela tutta di marmellata che l’uomo presto degusterà. Laura e Pauline si incrociano in bagno, iniziano a scambiarsi effusioni e decidono di raggiungere la camera di un altro degli attori, Ermanno (Erminio Bianchi), e coinvolgerlo. Scena al mare Luca-Cristina dal sapore dadaista, lei gli lancia il bastone e lui corre a raccoglierlo coi denti ma poi si ribella e strappa i vestiti alla padrona che, finito di girare, corre in bagno per un bisognino e trova Pino che già armato le punta il “fucile” in faccia. I due se ne vanno in camera da letto e ci danno dentro ma Luca, ingelositosi, irrompe e porta via Cristina di forza. Innervata quasi di prosa pirandelliana la reazione del Curia "Ma questi so’ matti. E mo’ che faccio? Li mortacci loro!", e inizia a smanettarsi. Non c’è tempo per i solitari, non c’è tregua, arriva Pauline e si aggrega pure Ermanno, l’olandese è la più priva di scrupoli di coscienza del gruppo, mette a disposizione tutta la sua esperienza e lo prende anche dove non batte il sole, se non è la prima è la seconda volta che il pubblico delle luci rosse italiane vede una cosa simile al cinema. Intanto in sala trucco una semi-adolescenziale Sabrina Mastrolorenzi (mi ha quasi imbarazzato) si prepara per la scena successiva facendosi rasare la nera peluria inguinale dall’impossibile parrucchiere finto-gay, anche Laura si siede al trucco, uno degli attori le si avvicina smanacciandosi, le spruzza addosso e lei si incazza come una bestia. Luca durante il fiim è sempre agitatissimo (interpretazione ridicola la sua) e preoccupato continua a spiegare al regista come deve effettuare le riprese. Tranquillizzati amico, la prossima è la scena “migliore”: Sabrina è stesa nuda su di un lungo tavolo al quale sono seduti gli altri attori circondata da frutta che i commensali mangiano buttando le scorze su di lei, mentre Guia con parrucca in testa, brillantini sulla faccia, corpo dipinto a macchie di leopardo (quarant’anni prima di Elettra Lamborghini) e lunga coda attaccata al giusto posto gattona sotto il tavolo accarezzando grandi e piccole labbra e ciucciando e leccando coni-gelato al gusto di carne umana. La stessa situazione che vivrà nell’abominevole “Teresa altri desideri” (vedi la recensione infra, se ne hai il coraggio) ma senza questo look da caricaturista che frantuma tutte le differenze fra moda, stile, tendenza e dignità della persona. Da notare la prontezza di riflessi della puntualmente incisiva Guia che, rinsavita di botto, dimenticandosi evidentemente di essere una porno-attrice e pensando con ogni probabilità “Mio Dio! Ma cosa sto facendo!?”, all’ultimo istante evita magistralmente gli schizzi ritirandosi, leccando poi solo il lato pulito dell’appendice. Luca la becca di nuovo che scopa in cucina ma stavolta Pino al grido “La voi finì de rompermi le palle!?” lo lega. Come forse in tutti i film di D’Agostino orgia finale, e a 'sto giro la mia cara e arrapante milf dalla chioma corvina si becca un cumshot in pieno viso.
Il problema di questo regista inizia quando c’è una sceneggiatura da scrivere, forse per dare più credibilità doveva metterci la faccia, interpretare lui stesso il regista del film nel film, ma apprendendo dalla voce della figlia che non vuole manco sentir parlare di questi suoi trascorsi la scelta è comprensibile. Si riconosce tuttavia il Richard Bennet-style, sesso ad orologeria, cioè ogni dieci secondi di dialoghi. Come nelle superpellicole indiavolate di parecchi anni dopo con la coppia ad alta gradazione Karin Schubert-Marina Lotar dove ormai i rapporti bestiali non sono tutti lasciati alla fantasia distorta come nelle scene della padrona col cameriere-cane, sono interpretati molto verosimilmente dalla specialista Denise Dior col suo pastore tedesco o affidati a scioccanti spezzoni presi in prestito da hard esteri. Di Fashion movie bisogna lodare invece la mano professionale che cura la fotografia, i primissimi piani esaltano come sempre la meccanica in una rappresentazione nitida dei corpi che interagiscono sotto l’effetto delle luci. Di meno quella del grafico che realizzò il modesto manifesto di presentazione al cinema il cui disegno probabilissimamente fu copiato dagli affissi di qualche prodotto simile di matrice straniera. Maniacale però la scelta dei costumi di scena, davvero strampalati, simil-punk e improponibili, li stessi di Bath-man dal pianeta Eros, altra perlona da rispolverare al più presto.

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la scelta della musica classica credo sia in buona parte imputabile a grosse ristrettezze di budget più che a una calcolata antifrasi (che dato il regista va un po’ tenuta da conto): essendo esentasse siae la si può usare senza colpo ferire e soprattutto senza euro versare. a quanto ho letto finora sei stato un supereroe a vederlo. bathman ce l’ho croccante da un pezzo, ma non sono coraggioso abbastanza.

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