Un collettivo noise “gastronomico” ottiene una residenza presso il Sonic Catering Institute (la Sonic Catering Band fu il gruppo noise nel quale ha militato il nostro furbacchione) e si esibisce in performance sonico-culinarie di grande appettibilità per uno stuolo di arrapatissimi connoisseurs.
Il gruppo è nel frattempo intervistato da un giornalista che li segue nelle diverse esibizioni, uomo dimesso e piagato da molteplici problemi gastro-intestinali, meteorismo e reflussi gastrici (egli stesso poi diventa parte di un numero avantgarde sottoponendosi a gastroscopia e colonscopia pubbliche con l’ausilio del sadico gastroenterologo/viveur Dr Glock) mentre dissidi interni fra le file del collettivo e frizioni con il curatore dell’istituto portano alla disgregazione della band.
Bizzarro ibrido tra satira e mistery, più che un film è una sorta di sfrontatissimo esercizio di stile, smorgasbord sensoriale che ripropone, tra i vari temi, i feticci dell’autore inglese per le deviazioni e parafilie relative alle funzioni corporee fisiologiche (in questo abbiamo la coprofilia, in Duke of Burgundy c’era l’urofilia) e dal punto di vista meramente tecnico l’assolutà preponderanza e priorità del sound design.
Forse più curioso che risolto come film, Strickland omaggia sì con sfrontatezza il mondo della performance art (avendone anche fatto parte…) ma il dileggio (se c’è) è sempre tenero, mai caustico e nonostante le innumerevoli allusioni scatologiche è estremamente formale e contenuto.
per questo mi ha ricordato la “propaganda escapista” citata da Cronenberg nel suo ultimo capolavoro (anche se qui i poliziotti non sono infiltrati tra i performer ma partecipano alle orge nel backstage) ma forse soprattutto per la sottotrama sulle afflizioni gastroenteriche del narratore giornalista ho ripensato a Crimes of the future, dico la verità…
lo stesso Strickland è stato interpellato su questa curiosa somiglianza in una bella intervista su slant magazine (dove cita anche il giapponese Tampopo)