Giarrettiera Colt

Giarrettiera Colt
Anno: 1967
Cast: Nicoletta Rangoni Machiavelli, James Martin, Walter Barnes, Yorgo Voyagis, Claudio Camaso.
Durata: 90 min.
Regia: Gian Rocco


Recensione Spaghetti Western Database

La settimana prossima in edicola per la Fabbri

…conosci, per caso, le caratteristiche tecniche del dvd ? :confused:

No. Ho soltanto visto che esce mercoledì prossimo :frowning:

Uscito regolarmente.
Durata: 102’
Video: 1:1,85 16/9
Audio: Dual mono 2.0
Extra: Trailer

Buon master come solitamente ci ha abituati la Fabbri.

Aspettiamo qualche commento sul film da chi lo visionerà nei prossimi giorni

Grazie

Vedere la Machiavelli e’ sempre un piacere!

Master buonissimo. Il commento sul libretto è questo: «…Surreale, ironico e in alcuni casi decisamente paradossale Giarrettiera Colt è un cult per Quentin Tarantino, il regista che ha più volte dichiarato di considerarlo uno dei capolavori in assoluto del “cinema di genere” italiano. Nel suo Kill Bill, infatti, the Bride, la protagonista, tra vari pseudonimi ha anche quello di Arlene Machiavelli che omaggia la protagonista di Giarrettiera Colt. Nonostante l’universale riscoperta di cui è stato oggetto recentemente, quando esce nelle sale nel 1968 questo strano western girato in breve tempo in Sardegna viene snobbato dal pubblico e sbeffeggiato dalla critica. La stessa protagonista, Nicoletta Machiavelli, sostiene di non aver mai amato troppo il personaggio di Lulù, la francese catapultata nel Texas e divenuta “Giarrettiera Colt” per la sua abilità con la pistola. Eppure, paradosso tra i paradossi, è proprio quel personaggio che le ha regalato l’immortalità. Giarrettiera Colt è un western particolare che fin dall’inizio si muove forzando i codici di genere oltre i limiti fino a quel momento sperimentati. La protagonista è una donna che, pur essendo abilissima con la pistola, non veste neppure per un momento i panni maschili tipici del rude giustiziere di frontiera e delle pochissime donne pistolere. Resta femminile e seducente anche nelle situazioni più difficili e non porta alcun cinturone, visto che per tenere a portata di mano la sua arma le è sufficiente la giarrettiera. Visionario ed esagerato il film non rinuncia a prendersi in giro fin dalla scena iniziale quando i prigionieri francesi vengono letteralmente polverizzati da un dose di dinamite che lo stesso capo di ribelli messicani considera eccessiva. A partire dal fatto che Lulù è la nipote della Signora delle Camelie, l’intera narrazione è poi attraversata da richiami letterari e cinematografici. In linea con il clima di grande tensione ideale degli anni in cui è stato realizzato contiene infine momenti di feroce critica politica contro la guerra, l’egoismo sociale e il razzismo. Emblematico in questo senso è l’episodio della mancata impiccagione quando i cittadini del villaggio texano in cui arriva Lulù, dopo che la ragazza ha salvato un messicano condannato a morte, ne impiccano un altro a caso. L’accusa? Che è messicano e quindi rivoluzionario e violento e loro no. Come in un racconto di Kafka i rudi americani lo impiccano perchè tipi come lui non accettano la non violenza come stile di vita. …Oltre a quello di Lulù il personaggio chiave del film è il Rosso, un “vilain” cattivo a tutto tondo, folle e totalmente privo di qualsiasi freno inibitore. La sua follia vive di impulsi primari, soprattutto quello sessuale, e non si abbevera ad alcun ideale, come dimostra la disponibilità a vendere le armi dei rivoluzionari al miglior offerente. La sua insensata e belluina passione per Rosy (che non sembra poi tanto insensibile alla sua violenta e feroce sensualità) attraversa l’intero film e in qualche caso pare sorreggerne la narrazione. Disegnato a tinte forti e senza alcuna sfumatura in qualche caso può essere paragonato al Klaus Kinski de La belva. Lo interpreta Claudio Camaso, nome d’arte di Claudio Volontè, fratello del più noto Gian Maria, destinato a un destino tragico. Qualche anno dopo, infatti, arrestato con l’accusa di aver tentato di uccidere la sua ragazza si suiciderà in cella…»

Vedere la bella Nicoletta è sì sempre un piacere, le musiche sono molto orecchiabili e le locations in provincia di Oristano niente male… ma il film è tutt’altro che un capolavoro. Oserei dire, in realtà, senza capo né coda…

Non sono d’accordo. Se applichiamo questo schema gran parte dei film di genere degli anni Settanta sono così. Forse che alcuni dei film americani che oggi vanno per la maggiore, tecnologia a parte, hanno forse spessore? A distanza di trent’anni, anzi di quarant’anni in questo caso, ci sono tanti spunti che oggi ci farebbero dieci film!

Nell’ultimo anno e mezzo, per piacere e per lavoro, ho visto e rivisto più della metà degli oltre 400 western italiani. Alcuni sono dei film potentissimi, altri dei piccoli gioielli. Molti sono realizzati con una competenza tecnica sconosciuta alla maggior parte dei registi italiani di oggi. Non solo: l’altro giorno, ho visto questo film a episodi intitolato “All the Invisible Children”: confrontati a budget ridotti, gente come John Woo e Ridley Scott sembrava chiaramente in difficoltà. Castellari, Margheriti, Parolini, Carnimeo e altri avrebbero risolto molto meglio diverse situazioni. Lungi da me, dunque, nutrire pregiudizi nei confronti del cinema di genere italiano. Anzi: a volte rimpiango di non poter lavorare in un sistema produttivo simile a quello. Detto questo, “Giarrettiera Colt”, sebbene nasca da una buona idea, è un film veramente sconnesso!

Capisco il tuo punto di vista, . Non sei l’unico. Nicoletta Machiavelli non la pensa poi tanto diversamente da te. Io però non la vedo così. Mi diverte molto l’apparente nonsense di alcune scelte di narrazione. Il risultato a me piace molto e ogni volta che lo guardo scopro qualcosa. Forse non sopporterei due film così, ma uno…

Credo che tu ti riferisca ad un’intervista della Machiavelli apparsa su non ricordo più che sito internet. Dove lei non sembra tuttavia molto obbiettiva nel giudicare i suoi film, e soprattutto alcuni suoi western, che non sono affatto male…
Le locations sarde di “Giarrettiera Colt” però non sono niente male. Il villaggio dovvrebbe essere ancora in piedi…

ma e’ la stessa attrice che c’e sul Trucido e lo sbirro???:wink:

ma e’ la stessa attrice che c’e sul Trucido e lo sbirro???

si si :yes: :yes:

visionato in questi giorni, merita la visione per la bellissima Nicoletta, bellissimi anche i suoi costumi,ma la storia non ha veramente un senso compiuto :confused:

Film con donna nisandrica!
Uccide solo uomini, mica uccide le donne!
E la fa pure franca!
La colt è vissuta dalla donna come proprio simbolo fallico.
Nessuno pensa di vendicare le vittime di questa maniaca!

“Spaghetti” che può concorrere tranquillamente al premio di western all’italiana più squinternato di sempre. E avere buone possibilità di piazzarsi ai primi posti. Affascinante o irritante? Ovviamente dipende da come lo si prende. Se si cerca un western classico meglio lasciar perdere, se lo si vede come un film pop, figlio del clima della Summer Of Love che infuriava nell’estate in cui fu girato, allora è più fresco, divertente e genuinamente “sessantottino” di tanti film militanti e contestatari dell’epoca oggi inguardabili.

Una di quelle pellicole in cui raffinatezza e cialtroneria si mescolano senza possibilità di stabilire dove iniziano e finiscono le intenzioni degli autori. La regia è allo stesso tempo naif e ricercata, il montaggio sconnesso e straniante, la fotografia coloratissima ed elegante, la colonna sonora molto bella. Girato in evidente tutta fretta e con pochi mezzi negli splendidi e credibilissimi paesaggi sardi, è un film che fa della sua trasandatezza una cifra stilistica: la sgangheratezza dei dialoghi che diventa ironia disincantata, la mancanza di una trama e i continui scarti di tono che rendono tutto imprevedibile, i limiti recitativi del cast superati attraverso l’improvvisazione, gli attori usati come facce e tipi come in un film di Pasolini.

Nani travestite da bebè, pappagalli intelligenti, bandoleros e cavalli coicanomani, pistole con la canna a forma di cuore, personaggi che amoreggiano in mezzo alle sparatorie, balordissimi tentativi di stupro, stravaganti linciaggi, laide baldraccone, ballerine sciroccate, spie francesi menefreghiste, sceriffi imbranati, candide fanciulle un po’ puttane… il vecchio West come se lo potrebbe immaginare Kusturica. L’ironia è grottesca e nerissima. Nel bel prologo si vedono dei soldati francesi legati a dei pali, qualcuno prega, altri mormorano, sembrerebbe una drammatica fucilazione… invece li fanno saltare in aria con la dinamite! Nel paesino americano si impiccano a caso i messicani, perché “fanno tutti la rivoluzione” e appunto i bravi cittadini “sono contro la violenza”. E il finale è singolarmente amaro e triste.

Il film è ovviamente un inno all’insolita e strepitosa bellezza di Nicoletta Macchiavelli. E’ Lulù, giocatrice di poker, sedicente nipote della Signora delle Camelie(!) in trasferta nel West. Avventuriera apparentemente indifferente, ma dagli slanci romantici, personaggio dall’aria aristocratica e beffarda, che sarebbe piaciuto vedere in una storia di Corto Maltese.
A rubargli la scena ci riesce solo Claudio Camaso, che è il Rosso, scimmiesco bandolero messicano vestito da pirata delle Antille, sadico, maniaco sessuale, piromane

usa e frusta le donne come muli da soma, ma è capace di attardarsi ad accarezzare un cane mentre infuria la battaglia o di accontentarsi di una pecora rubata come unico bottino dopo una sanguinosa razzia.

Al confronto i cattivi interpretati dal fratello nei film di Leone erano dei modelli di sanità ed equilibrio mentale.

Sto vedendo il film ora. Che dire…Camaso era un grande attore…peccato che abbia tragicamente
e prematuramente interrotto la sua carriera e la sua vita…un attore con i fiocchi.
Molto belle le ambientazioni e location sarde (sfortunatamente poco usate negli spags probabilmente
a causa delle grandi e scomode distanze con Roma).

Stravagante western al femminile,ambientato nel Messico rivoluzionario del 1867 ai tempi di Benito Juarez e Massimiliano D’Austria(ma qui i buoni sono i soldati francesi e i cattivi i messicani)con bellissimi esterni girati in Sardegna,nel Sassarese(peccato che queste località siano state pochissimo sfruttate dal genere).La bella e brava Nicoletta Machiavelli ha finalmente un film tutto per sè nel ruolo titolare di Lulù detta Giarrettiera Colt,una sexy avventuriera nipote della Signora delle Camelie,capace di andare a cavallo,sparare e giocare a poker(dove per vincere usa un insolito trucchetto) come e meglio di uomo.La affiancano un gigionesco cattivo come Claudio Camaso in buona forma,un giovane ed efficiente Yorgo Voyagis(doppiato da Pino Colizzi) e lo yankee Walter Barnes che diverte come capobanda messicano con la passione per la droga(da cui il nickname suo e del cavallo).Tra gli altri si fa notare,più che altro per il suo fascino,Marisa Solinas nei panni di una ragazza che si diverte ad abbellire con fiorellini e ghirigori i bandi di taglia dello zio sceriffo.Non più che orecchiabili le musiche,composte a quattro mani dal vecchio Giovanni Fusco(al suo unico western)e Gianfranco Plenizio(di solito soltanto direttore d’orchestra).
Un piccolo cult che ha a suo sfavore la regia debole di Gian(Gianandrea)Rocco,autore di pochissimi film.