Gli assassini sono nostri ospiti (Vincenzo Rigo, 1974)

visionato oggi da un pessimo supporto, pero’ non e’ male, ci sono dei risvolti ambigui interessanti, magari si poteva andare piu’ a fondo e togliere qualche leggerezza di troppo qua e la’ , ma merita la visione a parer mio :wink:

Tutta la prima parte più poliziesca non è affatto male, poi il film in effetti prende la strada tipica del sottogenere criminali-che-tengono-qualcuno-in-ostaggio.
Peccato che la copia in lingua italiana da vhs sia semi-inguardabile…

Meno male che da poco circola il mux dal dvd tedesco,gran bella regia come le muscihe,il film non è affatto male,il PROLOGO che manca nelle vhs è FONDAMENTALE per capir bene il finale

Io ho il dvd tedesco e la copia italiana ma non il mux… :smiley:

Splendido questo pezzo della colonna sonora, firmata da un certo Roberto Rizzo (chi è?):

//youtu.be/0GUC6ceDlCs

visto l’altra sera…la parte centrale un pò noiosa ma nel complesso mi è piaciuto
bellissima Margaret Lee , la colonna sonora e Pistilli con le sue battute ma la mancanza del prologo iniziale lascia l’amaro in bocca

Veramente una bella colonna sonora che non ricordavo pur avendo visto il film, è la prima volta che vedo il 45 giri di cui non conoscevo l’esistenza
Noi e i francesi eravamo i migliori per le colonne sonore.

per chi avesse perso il prologo

immagino che fosse una cosa tipo questa

ho provato a guardarlo ma dopo 10’ mi sono arreso, speriamo che un giorno qualcuno decida di dargli una nuova vita

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manca poco

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Sul sito della Chat qui Fume lo danno in uscita prossimamente:

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Esiste da tempo un mux di ottima qualità video

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Definirlo brutto è riduttivo. Tranne la bellezza della Lee e dell’ottima fotografia di una nebbiosa Milano, nulla può trattenermi dal definirlo noioso ed orrendo. Forse ci sarà anche di peggio, ma qui, siamo da quelle parti. Dispiace vedere un Signor attore come Pistilli invischiato in robaccia del genere, e per di più con un basettone inguardabile

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Assolutamente degno di nota il dialogo sull’uscio socchiuso tra la Cerini e uno dei villains al quale viene impartito, per tenerlo tranquillo un handjob seguito da parte di quest’ultimo, a titolo di apprezzamento con un “…ci sai fare con i pistolini!”. Da antologia dello “sculto” la scena lesbo in cucina con la Cerini esasperata che sciorina nervosamente varie cibarie sul tavolo togliendole dal frigo urlando a una Lee coperta da calzamaglia un “Cosa vuoi da noi! Questa torta? O forse questo formaggio?”.

Rivisionato oggi e mi correggo: l’handjob è impartito dalla disponibilissima Cerini a un amico un po’ troppo invadente per evitare che entri in casa, mentre invece l’epònima battuta è del Castellano rimasto dietro la porta a prendere testate a ogni “movimento”

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a me è piaciuto, parte bene con la rapina e anche tutta la parte in casa non l’ho trovata così male, è comunque ben girata e il cast pur povero ha una sua presenza
inoltre l’ambientazione milanese è ottima e ho fatto bene ad aspettare il blu-ray per apprezzarla al meglio

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Anche secondo me è un buon film. Nella versione BD della “Chat” ho apprezzato anche l’intervista a Rigo che racconta diversi anedotti divertenti. I titoli di testa e la colonna sonora che li accompagnano li trovo molto plumbei e azzeccati per introdurre l’atmosfera che pervaderà tutto il film.

La frase poi di Pistilli “…sparano, sparano. Ma si sparassero delle seghe” è da antologia.

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E del “…ci sai fare con i pistolini!” che il truce Castellano rivolge alla Cerini che mi dici?

Anche quella in effetti ha il suo perchè.
Poi merita anche la scena lesbo tra la Lee e la Cerini in cucina.

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Certo che a leggere le recensioni dei quotidiani dell’epoca, il nostro glorioso cinema di genere sarebbe composto esclusivamente da films indegni. Si consolino del fatto che il problema a oggi non sussiste.
Il cinema di genere è morto anche grazie a chi lo ha denigrato e vituperato.
A tutti quelli come il sottoscritto che lo hanno amato e lo amano posto un mio piccolo contributo sul film in esame, apprezzabile soprattutto da chi va “a la rechèrce” del weird e dello strange.

Gradito recupero in versione uncut di questo “rape and revenge” a bassissimo costo, che riprende, almeno nella parte iniziale, alcuni degli archètipi canonizzati già in chiave filmica dai gialli di Giorgio Scerbanenco: rapina in gioielleria da parte di tre malviventi; reazione inconsulta degli aggrediti; inutile bagno di sangue con il ferimento accidentale di uno dei rapinatori; fuga in automobile con immancabile inseguimento da parte delle Forze dell’Ordine.

La vicenda prosegue nella villa di un medico (l’ex reuccio degli spaghetti western Anthony Steffen, al secolo Antonio De Teffè) trovato dalla “banditessa” Margaret Lee consultando le “Pagine Gialle”!!! per trovare rifugio e curare l’amico ferito, impersonato dall’indiscusso e oggi compianto principe di casato e soprattutto del trash Gianni Dei Carpanelli.

Un film che avrebbe potuto, con un budget adeguato, esaltare al meglio le non comuni doti tecniche dell’ex documentarista Vincenzo Rigo, che preferirà in futuro offrire il suo talento al mercato delle nascenti tv private.

Inquadrature sghembe, frame stops, montaggio serrato, atmosfere tipicamente settantiane d’una Milano autunnale e nebbiosa devono cedere, nel prosieguo della pellicola, a più economiche ambientazioni in interni. Qui il Rigo, costretto ad abbandonare stilemi dileiani per ovvia carenza di personale e mezzi adeguati, ripiega comunque a satollare con una certa originalità d’intenti e col valente ausilio d’un curioso copione vergato da Bruno Fontana e Renato Romano, i reali “desiderata” delle platee dei cinemini di periferia in cerca di forti emozioni, nonché di tutti quei raffinati cinefili “a la rechèrche” dello strange e del weird.

La villa del medico diverrà infatti teatro di una congerie di soluzioni di quel delizioso cattivo gusto che (volutamente o no) ci porteranno a travalicare i più reconditi confini della bizzarria. Se Anthony Steffen è protagonista sciapo, è la di lui consorte (una procacissima Livia Cerini) con la quale vive in aperta crisi coniugale, ad assurgere icasticamente ad autentica eroina in negativo della situazione. Se con coraggio e senza ritegno si rivolge a uno dei banditi (un rude Giuseppe Castellano) chiedendogli bellamente di “…poter andare al cesso!”, con altrettanto coraggio affronterà Margaret Lee sorpresa in cucina, sciorinando nervosamente dal frigorifero svariate cibarie, per poi lasciarsi coinvolgere in un inaspettato rapporto saffico. La delusione di coloro i quali s’attendevano di rimirar le gigantesche areole mammarie della Lee sarà ampiamente ripagata da un imperdibile handjob impartito dalla Cerini sull’uscio di casa a un amico troppo invadente per impedirgli di entrare e con il truce Castellano che, posizionato dietro la porta, sbatacchia il capoccione a ogni “…movimento”. Congedato il fortunato seccatore, il buon Castellano rivolgerà alla Cerini come prosaico apprezzamento un indimenticabile “Ci sai fare con i pistolini!”, prima di riservarle uno stupro con annesso tentativo di strangolamento.

Alle vicende dei tre criminali ai quali si unirà anche il cervello della banda Maurice (un ultratossico Franco Pizzochero), si alternano le strampalate indagini del commissario Luigi Pistilli con immancabili e accentuatissimi basettoni “very seventies style”. Abbandonato l’aplomb del poliziotto disincantato e idealista della “Milano Calibro 9” il nostro qui cede a un irriverente quand’anche delirante sarcasmo evidenziato nell’ormai celeberrima battuta, riferita ai banditi d’oggi giorno, come uomini che “sparano sparano ma che si sparassero delle seghe!”. Ciò senza dimenticare il suo vice interpretato da quel Giovanni Brusatori futuro regista del caposaldo del trash “Le evase, storia di sesso e di violenze” (1978), il quale si ricorda, più che per capacità attoriali, per il suo improponibile papillon, secondo soltanto a quello gigantesco e ultraridicolo di Enzo Tarascio nell’indimenticabile “Prato macchiato di rosso”.

A conclusione del colorito cast, il testè citato Gianni Dei, noto per essere stato uno degli interpreti più incapaci che mente cinematografica ricordi (peggio di lui mi pare ci sia soltanto Antonio Zequila), si lascerà guidare in questa sede in una delle più felici scelte registiche della pellicola. Sia pur alle prime armi, il buon Rigo, intuendo di non avere esattamente a che fare con un attore uscito dalla “Comèdie Francaise” o dall’“Actor’s Studio”, deciderà intelligentemente di farlo apparire per non oltre quattro o cinque minuti per tutta la durata del film, affidandogli altresì il minor numero di battute possibile.

Lungi dallo spoilerare ritengo poi assolutamente degno di nota e perfettamente in linea con lo spirito weirdo della pellicola il finale a sorpresa, che sarà risolto da quell’equivoca biondazza in stivaloni e minigonna, alla quale la Lee nella scena iniziale aveva rubato l’automobile per compiere la rapina in gioielleria e che rivelerà essere, non già una donna ma un appariscente transone.

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