I Denovo di nuovo insieme?

Mario Venuti: io, i Denovo e una canzone alla Beatles di GINO CASTALDO Postato in Sanremo 2008 il 17 Febbraio, 2008

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ROMA - Invece di cercare affannosamente, chissà dove, un duetto plausibile per la serata sanremese del giovedì, dedicata alle rivisitazioni dei brani in gara con ospiti, Mario Venuti ha pensato bene di rovistare in casa sua, rispolverando la storica formazione da cui proviene, ovvero i Denovo. «Tra l’altro a Sanremo ci siamo stati proprio vent’anni fa, ma non fu un’uscita felicissima, allora si cantava ancora sulle basi», racconta Venuti ricordando le vicende del gruppo che ha lasciato un segno profondo nella storia del pop italiano. Radici, rimembranze e manco a farlo apposta quando squilla il suo cellulare, la suoneria è un marranzanu, ovvero uno scacciapensieri, tanto per non dimenticare mai le origini siciliane. Per i duetti degli altri cantanti non manca certo la fantasia. Little Tony ha chiamato la Gipsy Kings Family. Anna Tatangelo ha voluto Michael Bolton. La Bertè sta negoziando con Spagna, Max Gazzè si esibirà in trio con Paola Turci e Marina Rei, Tiromancino sta studiando una collaborazione col sassofonista Stefano Di Battista, e Frakie Hi Nrg con Roy Paci. Eugenio Bennato canterà la sua pizzica tarantata con la compagna Petra Montecorvino. Michele Zarrillo con Paola e Chiara. Mietta con i Neri per caso. Ma al momento l’idea più forte rimane quella di Venuti.
È difficile rimettere insieme un gruppo dopo tanti anni?
«Un gruppo vive sempre di equilibri delicati, c’era questa amicizia-rivalità con Luca Madonia, tipica di tutti i gruppi che hanno due autori e cantanti, ma è storia comune. La nostra avventura è stata breve, ma rimane un gruppo amato, che ha lasciato un buon ricordo, anche molti artisti mi dicono che erano nostri fan. Siamo nati nel 1980 al festival rock di Bologna, c’era un concorso per emergenti. Vinsero i Litfiba e noi arrivammo secondi, terzi gli Avion Travel».

Bel periodo. Uno andava a un concorso di emergenti e si trovava tre gruppi del genere?
«Sì, c’era molto entusiasmo intorno al rock italiano, oggi ci farebbe bene un poco di quel fuoco sacro. L’ultimo disco è stato nel 1989, lo produsse Battiato, che trovò quel titolo assurdo: Venuti dalle Madonie a cercare carbone».

Come è stato ritrovarvi?
«Bello, i rapporti sono ottimi, l’idea è stata mia, ma il pezzo, A ferro e fuoco, si presta, è beatlesiano. Gli altri l’hanno presa bene, Luca ha sempre continuato a scrivere e cantare, Toni il bassista ha ripreso per l’occasione, poi la mia voce e quella di Luca funzionano, cantiamo allo stesso microfono come ai vecchi tempi, è un piacere intrecciare le nostre voci. Il duetto potevo farlo con Carmen Consoli, ma era più scontato, abbiamo cantato insieme di recente anche in televisione».

Preluderà a qualcosa?
«Chissà. Per il momento ho i miei impegni, un conto è ritrovarsi insieme per divertirsi una sera, altro è rimettere insieme una vita di gruppo. Così è un gioco, ma passata la quarantina è dura: o sei i Pooh, oppure è veramente difficile».

Non pensa di rischiare troppe partecipazioni al festival?
«Sì, il rischio c’è, non vorrei mai apparire come uno di quelli che sono dipendenti dal festival. Per fortuna ho una vita musicale a parte, e quest’anno il pezzo l’ho mandato con leggerezza, senza troppe aspettative, e poi c’è un problema emotivo che vorrei smitizzare: su quel palco la prima sera canti sempre male, ti viene la felpata in gola, ma ora sono grande, basta con queste cose. E poi una cosa buona bisogna dirla su Sanremo: sarà pure una festa strapaesana, tutto quello che si vuole, ma rimane l’unico posto in cui uno può andare e dire ecco, questa è la mia nuova canzone. E poi accende discussioni da bar sulle canzoni, se ne parla, scatena passioni che intorno alla canzone non si sentono più».
(15 febbraio 2008)