Posto un bell’articolo a riguardo di Stefano Marucci
Donne che amano uomini che uccidono
La sindrome della Groupie del Serial Killer fa vittime su vittime: il Night Stalker Richard Ramirez riceve ogni giorno interi pacchi di posta. E c’è anche chi ci perde la vita.
Pochi giorni fa è morta Susan Atkins , una delle donne della famiglia Manson. Susan, assieme alle sue “sorelle” Lesile Van Houten, Patricia Krenwinkel, Lynette Fromme adoravano il loro leader – Charles Manson – erano pronte a tutto. Per lui avrebbero fatto, e hanno fatto, qualsiasi cosa. C’è chi, invece, decide di seguire, di concentrare le sue attenzioni, su un serial killer dopo la sua cattura. Il “Night Stalker” (uno tra i tanti che sta scontando i suoi ergastoli) riceve oggi settimanalmente interi sacchi di posta, quasi tutti da donne. Richard Ramirez, questo il suo vero nome, non sa forse di non essere che l’ultimo di una serie di killer seriali che riceve attenzioni del genere, almeno da un secolo a questa parte.
NEL LONTANO WEST – Il primo caso registrato di quello che gli americani chiamano la sindrome della “Groupie del Serial Killer” è datato 1895. William Henry Theodore Durrant, detto il “demone del Belfry” (ogni serial killer che si rispetti non sono ha le sue groupie ma anche un nomignolo accattivante), scoprì che al suo processo diverse giovani donne seguivano attentamente il suo caso, cercando di catturarne l’attenzione. Una di esse, “la ragazza del pisello odoroso” (una varietà floreale della famiglia dei legumi) riuscì perfino a donare uno dei suoi fiori a Durrant durante il processo: l’imbarazzo dell’intera comunità crebbe quando un cronista locale scoprì che la ragazza, Rosalinda Bowers, era sposata. Secondo il giornalista che seguì la cosa, il marito non la prese affatto bene.
FINO ALLA MORTE – Della “ragazza del pisello odoroso” si sono perse le tracce ma quel tipo di morboso attaccamento che mostrò la fece capostipite di quel gruppo di persone chiamate “serial killer” o “prison” groupie, il cui acronimo è Skg. Non c’è un vero e proprio studio a riguardo di questa sorta di patologia ma è certo che affligge quasi sempre delle donne di diverse estrazioni sociali. Queste signore talvolta si legano a più personaggi contemporaneamente, alcune di loro si sono perfino sposate con il proprio ergastolano o condannato a morte preferito.
DIPENDENTI E SFIDUCIATE… – Secondo lo psicologo Park Dietz queste donne – in una sorta di transfert risucchiano una parte dell’ego forte del serial killer dando loro l’illusione di essere coloro che controllano la situazione. Più in generale gli archetipi principali di attrazione sono:
• Il Salvatore: la Skg vuole credere di avere l’abilità di saper cambiare qualcuno che ha mostrato una tale crudeltà ed efferatezza.
• La bambinaia: molte donne intravedono nel serial killer un piccolo bambino dall’infanzia triste e traumatica e avvertono un desiderio incontrollato di proteggere quel bambino dal male del mondo.
• Il Fidanzato Perfetto: sa dove è tutto il giorno, e anche se non può essere certa che altre possano rubarle le sue attenzioni, non deve sostenere la quotidianità della relazione, continuando a fare fantasie su di lui senza eccessivi rischi.
• Bagno nel drammatico: durante i giorni del processo, le donne trovano che le vite dei serial killer sono attraenti e piene di sorprese, e vivendo con loro l’atmosfera del processo, si imbevono delle sue emozioni.
• Ibristofilia: eccitazione sessuale nei confronti di chi commette violenza. E’ una follia indotta alla base anche della “sindrome di Stoccolma”.
• Esclusività: le Skg sviluppano un vero e proprio senso di appartenenza nei confronti dell’assassino e della sua storia
• Ritrovare l’uomo perduto: talvolta alcune di loro sono state abusate o comunque sono state vittima di violenza in giovane età, da parte di genitori o parenti stretti, e il serial killer è un modo per “ritrovare” quella figura amata/odiata del loro passato.
• Fantasie surrogate: ci sono persone che sanno di non poter esprimere le loro voglie represse di violenza, e incanalano i loro desideri verso coloro che ne sono stati capaci.
• Bassa auto-considerazione: alcune donne credono di non poter trovare l’uomo per la loro vita, e l’assassino condannato in prigione – nella sua solitudine disperata – sembra poter essere la loro ultima spiaggia.
• Ricerca di attenzione: quando un serial killer è arrestato su di sé si accendono i riflettori dei media. Essere lì per lui, accanto a lui, è per talune l’appagamento del desiderio di notorietà.
• Essere qualcuno: in una vita grigia, essere la groupie di un serial killer trasforma un “nessuno” in “qualcuno”.
• Difesa a oltranza: schierarsi contro il resto del mondo nei confronti della causa del serial killer, difendere la sua innocenza anche contro tutte le prove del caso, dona a queste donne la possibilità di sentirsi finalmente vive.
• La sindrome “la bella e la bestia”: si innamorano dell’idea che vivere così vicino a un pericoloso criminale non è pericoloso, anche se potrebbe comunque farle del male.
…O DONNE IN CARRIERA? – La casistica ci mostra come molte Skg sono istruite e attraenti. Molte di loro sono anche ben abbienti e non è raro che siano già sposate con figli. In questi casi, queste donne entrano in contatto con l’assassino seriale per via del loro lavoro (psicologhe, assistenti sociali, poliziotte o avvocatesse). Nonostante la solidità della loro vita, le groupie sono pronte a sacrificare tutto, dagli affetti ai loro risparmi, per poter essere il più vicino possibile all’oggetto delle loro attenzioni. Ore di attesa ogni settimana per i brevi incontri non li spaventano, anche se ciò comporta loro la perdita del lavoro, e l’isolamento dal resto della loro famiglia.
FUGA DALLA FEDE – Ci sono molte donne che entrano a far parte di questa tipologia di fan mettendo in atto una vera e propria fuga dai lacci e laccioli fin lì vissuti nei confronti della propria fede religiosa. La giornalista Sheila Isemberg nota nei suoi reportage come molte di loro siano state educate seguendo strettamente la morale Cattolica e la loro vita è rimasta intrisa di quegli insegnamenti. Sessismo, sottomissione della donna, repressione della sessualità diventano una sorta di elementi comuni scatenanti del loro folle innamoramento nei confronti di questi pericolosi criminali.
COME I NOSTRI ANTENATI – Richard Wrangham e Dale Peterson sono gli autori di “Maschi demoniaci”, una sorta di trattato antropologico sui criminali più violenti. La premessa al loro libro è che il maschio umano è un istigatore di violenza, abuso e guerra. Secondo la loro teoria le Skg si comportano esattamente come le femmine di orangutango: questi primati femmina sono attratte infatti dai maschi più grandi e aggressivi, tratti che li fanno emergere rispetto al resto del gruppo come i più “mascolini” e quindi più “adatti alla riproduzione”. Le femmine di orangutango iniziano a chiamare il maschio immediatamente dopo un confronto fisico, anche mortale, tra membri della stessa specie, come se venissero eccitate dalla violenza. L’incontro sessuale, anche se a sua volta molto violento, lascia la femmina in uno stato di appagamento e rilassatezza. Riportando il comportamento agli uomini, quello che si può riscontrare nelle donne – secondo i due studiosi – è una sorta di risposta biologica inconscia di assicurarsi il miglior maschio capace di sopravvivere, nutrire la prole e riprodursi. Ovviamente, si fa notare, non è che le donne – in generale – preferiscano gli uomini violenti, o che abbiano una qualche predisposizione alla criminalità: quella studiata è una sorta di occasionale reazione indotta dai nostri geni primitivi.
GRAZIE, INTERNET! – Mettersi oggi in contatto con assassini e criminali di ogni sorta non è mai stato così semplice. Sono nati decine di siti con l’unico scopo di mettere in contatto i carcerati con il mondo esterno, talvolta con motivazioni piuttosto esplicite: writeaprisoner.com nella sua testata invita tutti coloro che abbiano incontrato tramite il loro sito il loro amante o fidanzato di testimoniare la loro storia di fronte ai media. Perfino il sito per incontri “generalista” come Match.com offre una sezione per chi è in carcere.
LA REGINA – La più famosa tra le groupie dei serial killer, almeno negli Stati Uniti è Victoria Redstall , attrice di serie B che ebbe una relazione romantica con il serial killer Wayne Adam Ford. Pluriomicida (Ford ha ucciso quattro donne, per farle poi a pezzi e metterle nel suo congelatore), si difese in tribunale con la storia del suo matrimonio fallito e abuso di alcool. La Redstall – già invaghita dell’uomo – riuscì a corrompere le guardie del penitenziario dei Rancho Cucamoga per restare da sola con lui in cella. A quella prima visita ne seguirono altre e, per il suo uomo, l’attrice si sottopose a diversi interventi di chirurgia estetica per aumentare la taglia del suo seno.
NON SOLO DONNE – Se è vero che i serial killer hanno un effetto quasi ipnotico sul sesso opposto, è altrettanto vero che ci sono anche dei sostenitori delle loro gesta tra gli uomini. Jason Moss era ancora appena diciottenne quando iniziò a scrivere a tre assassini seriali: Jeffrey Dahmer, Charles Manson, e Richard Ramirez. Iniziò poi una lunga relazione epistolare con un quarto killer, John Wayne Gacy, per il quale iniziò a ispirarsi alla letteratura omosessuale per poterlo interessare. Il 6 giugno del 2006, Jason Moss si suicidò, lasciando la moglie e i suoi colleghi alla procura senza un messaggio di addio. La stampa speculò al tempo sul fatto che la data decisa coincideva con il numero del diavolo (06/06/06 =666).
fonte http://www.giornalettismo.com/archives/38173/donne-che-amano-uomini-che-uccidono/