Il dio sotto la pelle (Folco Quilici e Carlo Alberto Pinelli, 1974)

UNA SEQUENZA DEL FILM:

A mio parare uno dei mondo movies migliori, tanto per la bellezza delle immagini quanto per l’approfondimento della tematica, per l’equilibrio della costruzione e la solidità della struttura, per l’assenza di sensazionalismo in favore di una onestà intellettuale e della correttezza dell’informazione divulgata. Il moralismo ogni tanto fa capolino ma senza diventare manierismo o pretesto per facili discriminazioni.

L’argomento di per sé è già estremamente interessante e significativo, in un periodo nel quale ancora si godeva degli effetti a breve termine del boom economico ed in poche erano le voci critiche a levarsi dal coro… Si parla infatti di ecologia, di tutela dell’ambiente, salvaguardia delle risorse naturali, rispetto per l’ecosistema, inquinamento.

Prendendo lo spunto iniziale da un grafico che mostra come lo sfruttamento intensivo delle risorse non rinnovabili del pianeta coincida con l’aumento della popolazione, la crescita della povertà e un impennata incontrollabile dell’inquinamento, il film racconta da un lato le catastrofi ambientali che già all’epoca stavano avvenendo sotto i nostri occhi, dall’altro l’esperienza di alcune persone che cercavano di alienarsi da questa parabola autodistruttiva della società industriale attraverso la fuga in paradisi naturali, rifugiandosi in eremitaggio in mezzo ai boschi oppure aggregandosi a tribù isolate che vivevano ancora allo stato primitivo.
Una terza tematica è quella della ricerca di una dimensione spirituale concepita come una strada verso la libertà, che sappia conciliare l’essere umano con la soddisfazione dei suoi veri bisogni più profondi ed autentici, lontano dai miraggi della società dei consumi.
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E così Quilici e Pinelli danno vita ad un documentario mai noioso, mai banale, mai superficiale, a tratti addirittura lirico, che apre uno squarcio su un futuro drammatico che allora nessuno voleva guardare e sulle scelte individuali di alcune delle persone che rifiutavano di condurre una vita che andava verso quella direzione distruttiva.

Le musiche di Piero Piccioni sono bellissime e sottolineano con potenza i picchi drammatici di diverse sequenze, dando vita ad una OST varia ed estremamente articolata, al punto da dover essere contenuta in un doppio LP.


Come spesso usava all’epoca, gli autori dalle ricerche per realizzare il documentario hanno anche tratto un libro, pubblicato a suo tempo da Minerva Italica.

Un film che meriterebbe senza dubbio un restauro ed un’edizione ufficiale in HD.

Da ItaliaTaglia qualche info sui tagli apportati in censura:

Qui nulla osta ministeriale:

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fu un discreto successo, la consueta mesata e spacca che si portavano a casa quasi tutti i mondo. godette anche di un corposo servizio di autera. gallina beccami ma non trovo più la recensione, che ero certo di aver fotografato.
i 16 metri di pudenda al vento espunte per ottenere un veto meno incisivo erano tanto sacrificabili quanto ininfluenti nell’economia dell’insieme. roba di pochi secondi ciascuna, danni grossi e scandali epocali non potevano farne

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Così sembra più sulla scia di Amore libero - Free love che sulla scia di Oceano. Infatti si beccò il vm14.

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