Un simbolo per tutti noi che abbiamo combattuto la violenza contro gli omosessuali. Coraggioso e innovatore. Massimo rispetto per chi ha pagato con la vita le proprie scelte.
Si e no. Coraggioso finché vuoi, ma filo pedofilo (ci fece anche la tesi di laurea). No, non mi piace come personaggio e te lo dice il padre di un omosessuale. Tra l’altro trovo il pansessualismo una cosa assurda. Però così andiamo fuori argomento.
Oggi sulla pedofilia - che tutti condanniamo, sia chiaro - non si può imbastire un dibattito serio perché solo a nominarla si suscitano reazioni isteriche. E invece discuterne, a livello scientifico, storico e filosofico, sarebbe utile a tutti. Ma oggi la ragione è stata messa in soffitta… Fine OT, ma non è colpa mia (sono stato provocato da Pizzafichi ).
Mario Mieli non era cattivo. Però qualche serio problema, a livello psichico, ce lo aveva eccome (controllare pure su Wiki). Alcune cose che ha detto e fatto, le approvo e condivido. Altre, decisamente no. I cori “coprofili”? È il caso di dirlo: certi froci, così facendo, se lo sono messi in cu*o da soli. Nella peggiore accezione del termine. Fattuale. E le conseguenze di tali atteggiamenti e di simili provocazioni (stupide, insensate, gratuite, dementi e demenziali), direttamente e indirettamente, in Italia le paghiamo ancora oggi. Omo, etero, bi. Purtroppo…
P.S. Forse Mieli, incontrandomi, con la mia stazza e la mia faccia, avrebbe implorato “Dai, picchiami, fammi male…”. E io, fetente sadico che sono, gli avrei risposto “No!”. Ognuno, ha le sue perversioni e manie. Come insegnava a suo tempo Norman Bates…
Ci tengo a specificare che l’ho scritto in modo ironico e non offensivo giacché per quello che lo conosco lo ritengo una persona interessante con una vivacissima mente ma certamente - per me - con tendenze un po’ troppo estreme.
Mi scuso, nel caso.
Ci tengo a precisare che i toni dei cori erano ironico-provocatori, allo scopo di sfottere e infastidire chi, per via della propria intolleranza, aveva sfasciato lo stand gestito dagli omosessuali. Come dire, si facevano vessillo degli appellativi discriminatori e denigranti che gli venivano appioppati da chi li attaccava.
Non so se fosse Mario Mieli a guidare il gruppo, non saprei riconoscerlo, inoltre era inquadrato da lontano.
Comunque come manifestazione fu un aborto bello e buono (Finardi dal palco sfotteva i manifestanti). Ormai la violenza aveva preso il sopravvento. Quella fu la fine di tutte le utopie.
Che pure all’interno della “sinistra” (devo metterla fra virgolette, altrimenti non ce la faccio…) ci fosse ignobile omofobia, non si discute. Giancarlo Pajetta a suo tempo disse cose davvero oscene, e indifendibili ad ogni livello, sugli omosessuali. Umano, e ideologico. In breve, vergognose. Scrive bene Rodar. Involontariamente (?), la manifestazione di Parco Lambro segno’ la fine di un certo modo di fare, anzi PENSARE, la politica. Dopo, ci fu solo il disastro e l’orrore. Come detto in precedenza…
Incredibile coincidenza. Nel mio post introduttivo citavo l’organizzatore del festival del Parco Lambro (“il mitico Valcarenghi”). Il caso vuole che, dopo molti anni, proprio in questi giorni si riparli pubblicamente di Andrea Valcarenghi, in quanto indigente e beneficiario del vitalizio previsto dalla “legge Bacchelli”, assegnatogli (udite udite) proprio dal governo Meloni! Qui c’è una bella intervista all’ormai anziano Valcarenghi, dove si dichiara “libertario e non violento” (per questo mi piaceva) e dove, con grande onestà intellettuale - non era facile, bisogna riconoscerglielo - concede a Giorgia Meloni, cioè alla destra che ha sempre combattuto, una sorta di onore delle armi («anche nelle persone peggiori può esserci qualcosa di buono»). Il re è nudo e vive di sussidi. Il profeta della controcultura Andrea Valcarenghi, la legge Bacchelli
Ho letto la notizia stamattina, e mi è venuta una clamorosa botta di tristezza. Valcarenghi voleva migliorare il mondo, e invece se non fosse per il governo attuale in Italia, morirebbe di fame. Che malinconico finale di esistenza (pure lui, ha 77 anni). Requiem for a dream. Citando Aronofsky…
Interessantissimo, è quasi meglio che non l’abbia montato allora e che ci sia arrivato il girato integrale. Purtroppo l’ho visto solo a pezzi, e a naso (non esistevo) mi sembra la testimonianza del tramonto di una generazione.
Sono rimasto colpito da come moltissimi degli intervistati fossero più o meno a loro agio nell’esprimersi: dal ragazzo a caso all’operaio che montava il palco passando per la signora 50enne che andava lì solo per la musica, ognuno coi suoi limiti, mi aspettavo più scene mute o idioti. Forse sono abituato male a causa dello stile documentaristico recente, o magari si era più abituati a parlare.
Segnalo che nell’upload RaiPlay la vera prima puntata è quella senza numero: all’inizio sembra esserci del montato di Grifi (qualità inferiore, suoi interventi di presentazione almeno 10-20 anni dopo, materiale a colori), dopo 45 minuti circa c’è del girato a colori del concerto degli area che prosegue nello spezzone Rushes 1.
E soprattutto, se si segue con attenzione, si era più abituati ad ascoltare. Quello che oggi mi colpisce è che anche nei diverbi più accesi - fateci caso - gli interlocutori non si aggrediscono verbalmente, non urlano dandosi sulla voce (come avviene oggi a tutti i livelli), non zittiscono l’“avversario”, ma invece si fermano quando parla l’altro e ascoltano cosa dice, anche nella foga della discussione. Esemplare, nel blocco 4 o 5, la diatriba sull’eroina. Che è molto istruttiva, a sentirla oggi, quale testimonianza storica sui giovani e le droghe, questi ultimi all’epoca tutti molto lontani dalla cultura paternalista in materia che si è imposta nel corso degli anni successivi.
Lontani dalla “cultura paternalista”? Sicuramente. Ma parecchi di loro, comunque ignorantoni da paura, o solamente ipocriti, su tale materia. Ancora una decina d’anni fa, lessi una testimonianza in merito del disegnatore Filippo Scozzari. Che, fra gli altri suoi impegni professionali, in quel periodo lavorava a “il Male” e “Cannibale”. Orbene, si fece gran litigate con amici e colleghi, a proposito dell’eroina. Circolava la balla che tale droga “non facesse male”. Il buon Scozzari invece, aveva il padre medico, e sapeva bene i danni che provocava a mente e fisico. Lui infatti, “nel tunnel” non ci finì mai. Altri che gli stavano attorno, invece sì. Un nome significativo, per capirci? Certo lo conoscete. Si tratta di Andrea Pazienza. Detto tutto…
Sto procedendo pian piano nella visione, a spezzoni, tra un episodio di Kenshiro e l’altro.
C’è un sacco di gente che mi piacerebbe identificare ma non sono in grado.
Inizio a postare qui qualche screenshot, per vedere se @A_N o qualcun altro può aiutarmi in questa impresa. Tutte le immagini che seguono sono tratte dal secondo blocco di filmati.
Nei due fermo immagine qua sopra il regista che è venuto a fare delle riprese per realizzare un lavoro per conto dei programmi sperimentali della RAI (mi ha fatto sorridere che al termine dell’intervista chiede a Grifi se può fermarsi con loro a fumarsi uno spinello. Non tanto la richiesta ma il modo in cui la fa mi ha colpito).
Qui invece un collaboratore di Grifi che trovo particolarmente fastidioso, sembra quasi che non gli interessasse veramente ascoltare il messaggio che avevano da comunicare gli intervistati, cercava di mettergli in bocca quello che voleva lui e se non ci riusciva li abbandonava sul posto senza troppi complimenti ed andava a cercare un altro a cui fare domande.
Altro collaboratore per le interviste. Lui invece mi è piaciuto molto, aveva un modo di fare piuttosto empatico e benevolente, suscita simpatia e mette la gente a suo agio, anche talvolta con un sapiente utilizzo dell’umorismo.