Il lungo inverno (Ivo Barnabò Micheli, 1985)

Film strano.
Innanzitutto per l’ambientazione, un invernale Sud Tirolo da cantiere, con la storia che inizia tra gli operai al lavoro per costruire un traforo autostradale.
Però a un certo punto tutto si ribalta e ci troviamo in un istituto speciale per ragazzi sordomuti, in cui i due protagonisti si conoscono e pian piano si innamorano.
E poi c’è politica, road movie, caccia all’uomo…
Il tutto raccontato in modo insolito, senza calcare l’acceleratore sull’uno o sull’altro elemento, in un mélange che alla fine non è ne carne né pesce ma tutto sommato non è neppure così male.

Da segnalare un’esibizione sguaiatissima di Marina Arcangeli nella festa aziendale degli operai del traforo (ma che genere è? Punk? Post punk? Elettro-freak?), una colonna sonora con diversi pezzi italodisco/elettronici che io trovo orripilanti ed infine la cosa che mi ha dato più soddisfazione: la morte di Luca Barbareschi terrorista rosso mentre trasporta dell’esplosivo trafugato.

Incredibile: senza farlo apposta è il secondo film in fila che vedo con la Daniela Morelli (fino a ieri non sapevo neppure chi fosse) in un ruolo di rilievo.

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Durata 1 ora e 50? Cos’è un “capolavoro” alla Gianni Manera?

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La vhs dura 1h46’35’’

Ma cmq non mi è risultato per nulla pesante, scorre via piacevole.
Non c’è alcun elemento trash, al tempo stesso non è una palla seriosa.

Un film discreto, probabilmente troppo poco incisivo, fa fatica a prendere una direzione precisa e resta un po’ in un limbo.

Però è fatto bene.

È chiaramente ispirata alla Oxa & Nada dell’ epoca.

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Una via di mezzo tra la Jo Squillo degli inizi e la Anna Oxa simil-punk. Non male.

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Il regista, comunque, si doveva togliere quel Barnabò che fa più taglialegna che cineasta.