Il mito dell'uomo aka La violenza e L'amore (Adimaro Sala, 1965)

Pellicola d’esordio di Adimaro Sala, che alterna topoi da “borghese annoiato”, echi felliniani (personaggi e situazioni da vitelloni e dolce vita, con qualche elemento surreal/onirico) e un tipo di ricerca visiva e formale più sperimentale, con inquadrature insolite e movimenti di macchina non privi di qualche virtuosismo. Dietro la camera, nel ruolo di operatore, troviamo un Aristide Massaccesi in gran forma.

Non si può dire che il film sia brutto: ben confezionato dal punto di vista tecnico ed intrigante dal punto di vista dei contenuti.

L’opera si compone di due episodi, La violenza (che col pretesto di una violenza sessuale consumata da una banda di teppisti racconta l’incomunicabilità e l’assenza di contatto empatico su cui si basa la relazione di una coppia borghese) e L’amore (che, col pretesto di un esaurimento nervoso a cui segue un tradimento consumato alla luce del sole, va ad indagare alcune delle molteplici sfaccettature psicologiche nelle quali si declina l’animo umano).

Diversi i momenti suggestivi e/o surreali che restano impressi dopo la visione, come la allucinata sfilata di maschere grottesche durante una notte brava per le strade deserte di Roma, la coppia di cavalli bianchi che emerge dal mare o l’orchestrina che sulle ali dell’euforia esegue la sua musica immergendosi gioiosamente in acqua.

Non è che il film comunichi messaggi particolari, ma trasmette con efficacia sensazioni e stati d’animo.

Priceless la sequenza del banchetto in riva al mare in cui Vittorio Caprioli declama i versi di Prevert.

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Orsini, Caprioli, Trovajoli. Queste produzioni come facevano a trovare i soldi per pagare questi artisti!

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