Il Mondo di Suzie Wong (Richard Quine, 1960)

Senza questo romantico dramma esotico-sentimentale con William Holden e Nancy Kwan probabilmente non avremmo avuto le Emanuelle di Massaccesi (perlomeno non i capitoli più orientali della saga) e di sicuro Bitto Albertini non avrebbe diretto Il Mondo Dei Sensi di Emy Wong, che cita sin dal titolo il precedente del 1960. Visto 60 anni dopo risulta chiaramente un po’ datato e già all’epoca venne attaccato in quanto eccessivamente tendente alla fiaba, alla soap opera, tuttavia la Paramount accettò di imbarcarsi in una produzione (derivante da un adattamento teatrale a sua volta tratta dall’omonimo romanzo del '57 di Richard Mason) nella quale si parlava di cultura cinese, prostituzione, ragazze madri, condizione femminile, non esattamente un biglietto da visita allettante per portare la gente al cinema, soprattutto la fetta più borghese e benpensante d’America. Basti pensare a quella famosa scena del film Dragon - La Storia di Bruce Lee in cui Bruce va a vedere al cinema Colazione Da TIffany e rimane indispettito dalla goffa ridicolizzazione del signor Yunioshi ad opera di Mickey Rooney, il quale si impegna in una offensiva caratterizzazione dello stereotipo orientale (in quel caso evidentemente giapponese) che certo non deve aver strappato applausi alla comunità asiatica.

Il Mondo Di Suzie Wong non fa eccezione in tal senso, o meglio, mescola apertura e diffidenza verso quella cultura, il tutto sempre con un’ottica un po’ paternalistica. Se dunque si guarda al film con un occhio sociologico, assai critico e distaccato, si finirà con l’avere un’opinione severa e negativa. Tuttavia fu un successo di notevoli proporzioni e, in qualche misura, sorprendente. La Kwan si affermò così tanto come novella eroina euroasiatica (il padre era cantonese ma la madre era scozzese) che i vestitini cinesi (cheongsams) che indossa nel film o il suo taglio di capelli divennero di gran moda per tutto il decennio. Suzie Wong a mio modesto parere è un gran bel film. I paesaggi esotici della Hong Kong anni '60 sono degni di un documentario, tant’è che costituiscono un vero e proprio “documento” storico di come era all’epoca e di ciò che oggi non è più possibile vedere.
La vicenda, a suo modo e con tutte le timidezze di un periodo storico che appartiene pur sempre ad oltre mezzo secolo fa, cerca di mostrare umanità verso la condizione di una donna, cinese, madre (senza marito) e prostituta. Rimangono di fondo un certo snobismo ed un certo senso di superiorità; vero, William Holden si staglia come un titano saggio e paterno tanto sul cuore di Suzie quanto sul mondo orientale, che appare dominato da facce occidentali nei ruoli che contano (la Polizia, il banchiere, l’aristocrazia che la sera va a cena nei migliori ristoranti, etc.), ma è pur vero che il personaggio di Suzie strappa il cuore, è di una dolcezza (e al contempo di una determinazione) infinita e, al dunque, non si può non parteggiare per lei e per la sua vicenda umana. La scena della cena a casa del banchiere è emblematica riguardo alle differenti sensibilità. Anche solo l’ossessivo riferimento all’essere picchiata da un uomo come dimostrazione di amore (geloso) oggi fa tremare le vene dei polsi, ma all’epoca era lo specchio dei tempi, indice di una mentalità maschilista prima ancora che razzista.