Mirko torna nella sua borgata dopo otto anni di carcere e prova a ricostruirsi un futuro per non perdere la sua famiglia. L’ambiente glielo permetterà?
Non so se s’era capito ma io ho una grande ammirazione per Mirko Frezza (come attore, politicamente anche no) e con questa sua prova dovrei aver recuperato tutto quello che ha girato. Il film è di fatto la sua biografia romanzata. Ex criminale di strada, dopo il carcere ha effettivamente costituito a Casale Caletto, un quartiere ai margini di Roma Est, un’associazione finalizzata a togliere dalla strada gente come lui.
Il film è sia la sua prima prova da protagonista che l’opera prima del regista.
Entrambi contribuiscono a mettere in scena un dramma di forte intensità che, oltre che sul tema della redenzione, poggia su quello della paternità come elemento sostanziale nella costruzione del destino di un uomo. Girato con molti attori non professionisti, dà sempre l’idea di qualcosa di estremamente genuino. Non c’è la romanità forzata di cose tipo Suburra nonostante la presenza di Borghi (lo scopritore di Frezza) che comunque si adegua al tono del film e non recita sopra le righe.
Le location scelte da Vannucci sono quelle della borgata originale del protagonista, al massimo ci sposta in zona Ponte di Nona (l’orto), e sono particolarmente efficaci nel restituire la sensazione di degrado periferico. Peccato per il solo audio in presa diretta all’italiana che ha fatto perdere diverse parole anche a me che sono “di madre lingua”.
Mi sento di consigliarlo nonostante la sufficienza risicata di IMDb, a mio avviso ad opera di gente che si aspettava roba alla Romanzo Criminale.