Il Professor Matusa E I Suoi Hippies (Carlo Martinelli, 1968)

IL PROFESSOR MATUSA E I SUOI HIPPIES Anno 1968 Durata 80 Origine ITALIA Genere MUSICALE Produzione EZIO VITALE PER SIC CINEMATOGRAFICA Distribuzione REGIONALE
Regia James K. Stuart (De Maria Luigi) Attori Caterina Caselli Gigliola Cinquetti Riccardo Del Turco Sonia Gajl Yuma Gonzalez Gli Scoteers I Surf Sergio Leonardi Mario Marchi Ricky Majocchi Orietta Manfredi Gino Pagnani Mariella Palmich Vittorio Piconi Igeo Ricci Quartetto Cetra Sheyla Rosin Marc Tyrell Gros Gris Little Tony Soggetto Loretta Bernabei Carlo Martinelli Sceneggiatura Loretta Bernabei Carlo Martinelli Fotografia Luigi De Maria Musiche Giuliano Facioni Aldo Tamborrelli Montaggio Mac Morray

Cavolo ho appena da qualche giorno preso da wilipedia la lista dei musicarelli e questo mi pare propio non ci stasse…
sermbra’ molto interessante come musicarello…

http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=19297

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Mai fidarsi di wikipedia e di tutto ciò che si trova in rete…

Mai fidarsi di wikipedia e di tutto ciò che si trova in rete…

Il titolo è una bomba, il filmetto è una sciocchezzuola che in realtà tradisce le aspettative che crea nello spettatore (di hippies nemmeno l’ombra). Però si lascia guardare nella sua ingenua genuinità un po’ naif.

La trama, strampalata quanto esile, è il pretesto per mostrare una carrellata di cantanti beat in azione (ai quali si aggiunge un Quartetto Cetra decisamente fuori luogo). La pellicola è poverissima dal punto di vista produttivo, superficiale dal punto di vista dei contenuti, sciocca e un po’ infantile nella sua ricerca di una originalità stramba e di una comicità nonsense un po’ forzata… Tutti elementi in comune con la massa critica della canzonetta beat che in quegli anni ha inondato l’Italia. Centinaia di canzoni tutte simili, tutte frivole, allegre e spensierate, che parlavano d’amore, di giovani, e di vecchi matusa incapaci di capire i ragazzi moderni. Tutti elementi che risuonano in questo musicarello strampalato, che per questo motivo alla fine risulta simpatico e piacevole, nonostante sia obiettivamente poca roba dal punto di vista cinematografico.

Particolarità del film è che in questo caso specifico il Matusa è un Mat-Beat, un adulto che in realtà sa capire i giovani e cerca di fare da mediatore tra loro ed il resto del mondo adulto, che non li comprende ed impone divieti ed obblighi ciechi ed ottusi.

Nella pellicola si esibiscono Riccardo Del Turco, Caterina Caselli, gli Scooters, Gigliola Cinquetti, Little Tony, i Surfs, Richi Majocchi, il Quartetto Cetra e qualche altro che non sono stato in grado si identificare.

Circola registrazione da Odeon Tv di qualitĂ  poco buona, sarebbe bello che saltasse fuori prima o poi una copia migliore.

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Ma l’assistente del prof. Matusa che parla un linguaggio totalmente nonsense quasi una sorta di malriuscito gramelot e che ci delizia con minigonna ultracorta “a fazzoletto” è percaso Marilù Tolo?

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Non ci ho fatto caso, appena possibile provo a ridarci un occhio!

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Al telefono il compianto Felice De Maria, figlio di Luigi, mi disse che il film era di Martinelli. Ciò non toglie che Luigi De Maria comunque abbia avuto un apporto decisivo nella direzione visto che Carlo Martinelli era un giornalista, non proprio avvezzo al cinema.

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Posto una mia vecchia rece per chi volesse riscoprire questo orripilante musicarello utile, piuttosto, per farci riascoltare alcune piacevoli canzoni dell’epoca.

Desolante musicarello consistente in un’accozzaglia di protovideoclips di canzoni ascrivibili al 1967 (anno del girato), totalmente slegate fra loro, alcune delle quali presentate al coevo “Festival di Sanremo”, tristemente noto per la morte tragica e per certi versi misteriosa del giovane cantautore Luigi Tenco.

Al fine di introdurre le varie melodie, viene utilizzato quale ingenuo espediente un debolissimo filo conduttore costituito dalle deliranti scoperte del Prof. Mac Beat (sic!), come l’allegrofono (sic!); la bussola musicale; un cannocchiale magico che ci fa vedere Little Tony che canta “Cuore Matto” in riva al mare, nonchè un pannello in grado di trasformare un Gino Pagnani qualunque nientemeno che, udite! udite!, in Riccardo del Turco (!!!) per deliziarci con la sua nota canzuncella “Uno Tranquillo”.

Il tutto si lega a una tramina di rara insulsaggine secondo la quale il locale sindaco, non si capisce bene per quale motivo, decide di rivolgersi al nostro stralunato scienziato per convincere suo figlio Sergio (che ha le fattezze del cantante di seconda fascia Sergio Leonardi) a partire per il servizio militare e ad abbandonare la carriera musicale (idea decisamente non malvagia in quanto il Leonardi come cantante non vale un fico secco). Il Professore, sensibile alle istanze dei giovani piuttosto che dei “matusa”, deciderà contrariamente alle aspettative del sindaco, di prendere le parti di Sergio e della sua fidanzata Gisella, risolvendo la situazione a loro favore anche se non si capisce nè come nè cosa sia stato esattamente fatto per loro.

Completamente campata per aria e priva di senso un’ulteriore sottotrama consistente nel furto dei gioielli alla moglie del sindaco da parte di un’amica di Gisella, lasciata dagli autori (se così si possono chiamare) totalmente e inspiegabilmente in sospeso.

Dominato dalla più assoluta amatorialità (al confronto “Totò Ye Ye” è un capolavoro da Oscar), il film ha come protagonista il giornalista Carlo Martinelli (1918-1969) (autore anche del soggetto e della sceneggiatura in accoppiata con la tal Loretta Bernabei) nella parte del Prof. Mac Beat, agghindato con parrucchino alla “Beatles”. Un personaggio a dir poco strampalato che nonostante l’improbabile nome anglofono si esprime inopportunamente con accento napoletano, scimmiottando, con esiti men che penosi, storici caratteristi della tradizione partenopea come Peppino De Filippo, Nino Taranto e Carlo Croccolo.

Si uniscono al guazzabuglio Gino Pagnani, nelle vesti del segretario che si trasforma (per sua fortuna o sfortuna mettetela come vi pare) in Riccardo Del Turco e una bonazza truccata da africana (chissà perchè?) e che avrei riconosciuto in Marilù Tolo, nel ruolo dell’assistente del professore, personaggio che rimane scolpito per il suo idioma incomprensibile a metà fra una cattiva imitazione del “gramelot” e il linguaggio dei “Teletubbies”.

Completano l’imbarazzante cast alcune dimenticabili starlets come la slava Spela Rozin, che aggiunge un tassello alla sua filmografia non propriamente eccelsa comprendente “capolavori” del calibro di: “La valle dell’eco tonante” del mitico Tanio Boccia, “Donne, botte e bersaglieri” di Bruno Corbucci e “Sedia elettrica” dell’altrettanto mitico Demofilo Fidani.

Se sulla parte narrativa non si può che stendere un velo pietoso, il film si segnala piuttosto come occasione per riascoltare alcune canzoni dell’epoca e che vede soltanto una parte degli artisti indicati nei credits effettivamente ospitati nello sgangherato set. Tra questi, a parte i testè citati Riccardo Del Turco e Sergio Leonardi, si aggiunge anche il Quartetto Cetra, nonostante c’entrino con il beat come i cavoli a merenda.

In linea con il pauperismo assoluto della messa in scena, le altre esibizioni (quelle di maggior successo) provengono da bieche interpolazioni di altri girati, tutte ambientate in scenografie casuali e totalmente avulse rispetto al cantato (un must dei videoclips dell’epoca): tra gli altri cantanti non direttamente coinvolti enumeriamo, oltre a Little Tony, “Casco d’Oro” Caterina Caselli con “Il cammino di ogni speranza”; il gruppo malgascio dei “Les Surfs” che eseguono “Quando dico che ti amo” in un’anonima piscina assurdamente spacciata, chissà perchè, per Palma De Majorca (vedere per credere!!!); l’ingiustamente dimenticato Ricky Majocchi con “Prendi fra le mani la testa”, unico beatnick nel vero senso della parola (suonò anche con Jimi Hendricx) e il gruppo de “Gli Scooters”, portatori di un simpatico nonsense, con “Hai le pigne in testa”. Dopo lo scioglimento del gruppo il loro fondatore Dino Crocco, baffuto batterista dall’inconfondibile voce roca, oggi ahimè passato a miglior vita, divenne una vera e propria celebrità a livello locale come presentatore di indimenticabili trasmissioni ultrapaesane quali “Viva La Gente” e “Liscio non ti lascio” per la mitica emittente libera Teleradiocity di Castelletto d’Orba in provincia di Alessandria.

Quanto all’effettiva paternità registica, storicamente attribuita al direttore della fotografia Luigi De Maria, una recente intervista al figlio Felice (vedi sopra Paolo_Tarsis, Cannoniere a salve) ha rivelato che colui che si cela dietro l’improbabile pseudonimo di James K. Stuart sarebbe in realtà lo stesso Carlo Martinelli. Ciononostante, pare comunque che il De Maria abbia avuto un ruolo determinante nella direzione del film essendo il Martinelli totalmente a digiuno di qualsivoglia esperienza cinematografica ma su questo non è che il buon De Maria gli sia stato molto d’aiuto.

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Quanto all’effettiva paternità registica, storicamente attribuita al direttore della fotografia Luigi De Maria, una recente intervista al figlio Felice (vedi sopra Paolo_Tarsis, Cannoniere a salve) ha rivelato che colui che si cela dietro l’improbabile pseudonimo di James K. Stuart sarebbe in realtà lo stesso Carlo Martinelli.

Ma lo si sapeva già. Infatti sia la Siae che il Ministero hanno all’epoca attribuito lo pseudonimo James K.Stuart a Carlo Martinelli.

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Sbaglio o c’era un articolo sulla mai dimenticata Cine70 a tal proposito?

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Sinceramente non me lo ricordo, anzi non mi pare. Comunque ripesco la rivistella e verifico!

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Cine70 nr. 3 pagine 46-47: “Il mistero di Carlo Martinelli” ad opera di Franco Grattarola. La memoria non mi tradiva. C’è anche la foto del regista.
Ah, che rivista che era, Cine70 !

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C’era anche un’intervista, rimasta celeberrima, all’indimenticata Femi Benussi, l’unica dopo il suo ritiro dalle scene, ancorchè decise di non farsi fotografare.

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