Posto una mia vecchia rece per chi volesse riscoprire questo orripilante musicarello utile, piuttosto, per farci riascoltare alcune piacevoli canzoni dell’epoca.
Desolante musicarello consistente in un’accozzaglia di protovideoclips di canzoni ascrivibili al 1967 (anno del girato), totalmente slegate fra loro, alcune delle quali presentate al coevo “Festival di Sanremo”, tristemente noto per la morte tragica e per certi versi misteriosa del giovane cantautore Luigi Tenco.
Al fine di introdurre le varie melodie, viene utilizzato quale ingenuo espediente un debolissimo filo conduttore costituito dalle deliranti scoperte del Prof. Mac Beat (sic!), come l’allegrofono (sic!); la bussola musicale; un cannocchiale magico che ci fa vedere Little Tony che canta “Cuore Matto” in riva al mare, nonchè un pannello in grado di trasformare un Gino Pagnani qualunque nientemeno che, udite! udite!, in Riccardo del Turco (!!!) per deliziarci con la sua nota canzuncella “Uno Tranquillo”.
Il tutto si lega a una tramina di rara insulsaggine secondo la quale il locale sindaco, non si capisce bene per quale motivo, decide di rivolgersi al nostro stralunato scienziato per convincere suo figlio Sergio (che ha le fattezze del cantante di seconda fascia Sergio Leonardi) a partire per il servizio militare e ad abbandonare la carriera musicale (idea decisamente non malvagia in quanto il Leonardi come cantante non vale un fico secco). Il Professore, sensibile alle istanze dei giovani piuttosto che dei “matusa”, deciderà contrariamente alle aspettative del sindaco, di prendere le parti di Sergio e della sua fidanzata Gisella, risolvendo la situazione a loro favore anche se non si capisce nè come nè cosa sia stato esattamente fatto per loro.
Completamente campata per aria e priva di senso un’ulteriore sottotrama consistente nel furto dei gioielli alla moglie del sindaco da parte di un’amica di Gisella, lasciata dagli autori (se così si possono chiamare) totalmente e inspiegabilmente in sospeso.
Dominato dalla più assoluta amatorialità (al confronto “Totò Ye Ye” è un capolavoro da Oscar), il film ha come protagonista il giornalista Carlo Martinelli (1918-1969) (autore anche del soggetto e della sceneggiatura in accoppiata con la tal Loretta Bernabei) nella parte del Prof. Mac Beat, agghindato con parrucchino alla “Beatles”. Un personaggio a dir poco strampalato che nonostante l’improbabile nome anglofono si esprime inopportunamente con accento napoletano, scimmiottando, con esiti men che penosi, storici caratteristi della tradizione partenopea come Peppino De Filippo, Nino Taranto e Carlo Croccolo.
Si uniscono al guazzabuglio Gino Pagnani, nelle vesti del segretario che si trasforma (per sua fortuna o sfortuna mettetela come vi pare) in Riccardo Del Turco e una bonazza truccata da africana (chissà perchè?) e che avrei riconosciuto in Marilù Tolo, nel ruolo dell’assistente del professore, personaggio che rimane scolpito per il suo idioma incomprensibile a metà fra una cattiva imitazione del “gramelot” e il linguaggio dei “Teletubbies”.
Completano l’imbarazzante cast alcune dimenticabili starlets come la slava Spela Rozin, che aggiunge un tassello alla sua filmografia non propriamente eccelsa comprendente “capolavori” del calibro di: “La valle dell’eco tonante” del mitico Tanio Boccia, “Donne, botte e bersaglieri” di Bruno Corbucci e “Sedia elettrica” dell’altrettanto mitico Demofilo Fidani.
Se sulla parte narrativa non si può che stendere un velo pietoso, il film si segnala piuttosto come occasione per riascoltare alcune canzoni dell’epoca e che vede soltanto una parte degli artisti indicati nei credits effettivamente ospitati nello sgangherato set. Tra questi, a parte i testè citati Riccardo Del Turco e Sergio Leonardi, si aggiunge anche il Quartetto Cetra, nonostante c’entrino con il beat come i cavoli a merenda.
In linea con il pauperismo assoluto della messa in scena, le altre esibizioni (quelle di maggior successo) provengono da bieche interpolazioni di altri girati, tutte ambientate in scenografie casuali e totalmente avulse rispetto al cantato (un must dei videoclips dell’epoca): tra gli altri cantanti non direttamente coinvolti enumeriamo, oltre a Little Tony, “Casco d’Oro” Caterina Caselli con “Il cammino di ogni speranza”; il gruppo malgascio dei “Les Surfs” che eseguono “Quando dico che ti amo” in un’anonima piscina assurdamente spacciata, chissà perchè, per Palma De Majorca (vedere per credere!!!); l’ingiustamente dimenticato Ricky Majocchi con “Prendi fra le mani la testa”, unico beatnick nel vero senso della parola (suonò anche con Jimi Hendricx) e il gruppo de “Gli Scooters”, portatori di un simpatico nonsense, con “Hai le pigne in testa”. Dopo lo scioglimento del gruppo il loro fondatore Dino Crocco, baffuto batterista dall’inconfondibile voce roca, oggi ahimè passato a miglior vita, divenne una vera e propria celebrità a livello locale come presentatore di indimenticabili trasmissioni ultrapaesane quali “Viva La Gente” e “Liscio non ti lascio” per la mitica emittente libera Teleradiocity di Castelletto d’Orba in provincia di Alessandria.
Quanto all’effettiva paternità registica, storicamente attribuita al direttore della fotografia Luigi De Maria, una recente intervista al figlio Felice (vedi sopra Paolo_Tarsis, Cannoniere a salve) ha rivelato che colui che si cela dietro l’improbabile pseudonimo di James K. Stuart sarebbe in realtà lo stesso Carlo Martinelli. Ciononostante, pare comunque che il De Maria abbia avuto un ruolo determinante nella direzione del film essendo il Martinelli totalmente a digiuno di qualsivoglia esperienza cinematografica ma su questo non è che il buon De Maria gli sia stato molto d’aiuto.