Avati si confronta con la contemporaneità, spinto soprattutto dalla critica, la quale - almeno fino a quel momento - gli aveva riproverato di essersi occupato solo del passato.
Il film, garbato, essenziale e caratterizzato da toni mesti, segue le vicende di un giovane impiegato (di olmiana memoria) appena assunto, il quale inizia a lavorare per la stessa banca per cui aveva lavorato il proprio padre. Qui farà la conoscenza di personaggi ambigui, i quali si srotolano nell’arrivismo più bieco per riscuotere quel consenso sociale da poter spendere nei circoletti, nelle serate e nelle feste organizzate dal solito gruppo che tiene in pugno l’ufficio: tutte occasioni in cui non faranno fatica ad emergere le pene e le miserie di alcuni personaggi, la cui voglia di arrivare si trasforma in uno sgomitare con la propria umanità e con quella di chi li circonda.
Il film non possiede molti snodi, ma sono le intermittenze tra i personaggi a risultare fondamentali: rapporti messi a fuoco in modo ottimo attraverso l’ausilio di immagini molto semplici, ma che in modo puntuale sintetizzano tutto un campionario fatto di contraddizioni, desideri e reticenze. Il protagonista, inizialmente recalcitrante, passa da una pratica losca da sbrigare a un flirt con la fidanzata di un collega, passa dall’essere invitato a cena da una (bella) impiegata notoriamente “stronza” a sapere che il ragazzo con cui divideva la casa si è dato la morte - e quest’ultimo, benché figuri poco nel racconto, sta lì a personificare il sogno e l’utopia nascosti in qualsiasi essere umano (come ammesso dallo stesso Avati), ma che sono destinati a parcellizzarsi, a causa soprattutto della via squallida che si è scelto di percorrere.
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Son da tanto che non lo vedo. Lo vidi a fine anni 90, quando ancora ero studente delle superiori.
Pensavo che questo film era uno spaccato della monotonia e della malinconia di un luogo di lavoro negli anni 80.
Ora che ho passato la fase studente e che sono nella fase lavorativa da oltre 10 anni, posso dire che il mondo dell’ufficio è ancora molto simile. Cambiano alcune cose, ma le uscite tra colleghi, il pettegolezzo, la pausa caffè è ancora simile a quella rappresentata in questo film.
Certo ora c’è lo Smart working…
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Gran film, ineccepibile e malinconico alquanto…
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