Quel 28 marzo del 2004 ormai ero in procinto di tornarmene a casetta a mani vuote, rassegnato al fatto che, forse, nonostante mi fossi vestito adeguatamente l’ambiente del prestigioso Teatro Paisiello era davvero troppo altolocato, c’era un contrasto generazionale fra i miei trent’anni portati schifosamente bene e i primi, attempati, elegantissimi avventori della Lecce “bene”. Mancava infatti poco meno di mezz’ora all’inizio dello spettacolo che vedeva protagonista Giuseppe Pambieri, mi tirai su il collo del cappotto e cercai le chiavi della macchina. All’improvviso uno dei factotum del teatro vestito come un pinguino mi chiamò: “Sei tu che vuoi fare l’intervista? Mena! Seguimi!”. Mi fece strada fino ai camerini presentandomi all’attore che, come evidente, aveva appena finito di truccarsi. Mi accolse molto gentilmente e mi invitò subito a sedermi accanto a lui.
LINDO: Gentilmente, posso darle del tu? Mi viene meglio…
G. PAMBIERI: “Sei così giovane! Ci mancherebbe!”
L.: Mi piacerebbe parlare di cinema, che ricordi hai del tuo primo film “La polizia è al servizio del cittadino”?
G. P.: “Eeeh… preistoria! Sono andato a fare questo film con Salerno, mi volle lui per questo film dove ero un personaggio ambiguo, ero giovanissimo, questa è la cosa che ricordo con più nostalgia. Mi sono anche divertito a farlo”.
L.: Passiamo a Gloria Guida “La liceale”…
G. P.: “Beh! La liceale è statooo… è il periodo in cui si facevano questi film… con Gloria Guida sì, era carina, simpatica, mi ricordo una scena d’amore infuocato e poi nasceva questa storia”.
L.: La ritrovi ne “L’affittacamere”.
G. P.: “L’affittacamere era divertente perché c’era Caprioli, Dettori, c’erano un sacco di attori molto simpatici, è stata una bella esperienza. L’affittacamere… Ah! Ah! Ah! Parlavo in bolognese. Cercavo di averli dimenticati, li avevo messi nel cassetto. Ah! Ah! Ah!.. L’affittacamere! Qui ci ho lavorato con Lino Banfi! Da allora non l’ho più frequentato, poi ci siamo visti, lui molto carino, ci conosciamo, ci rispettiamo. Io credo che chi arriva tutto sommato ha quasi sempre un fondo di umanità, un carattere buono. Poi certo devi saperti destreggiare in questo mondo che, allora era difficile, adesso per certi versi è più facile perché ci sono tante occasioni, basta fare un’apparizione in televisione e allora ci si illude, si costruisce sopra un castello che poi può crollare miseramente”.
L.: Michele Massimo Tarantini e Mariano Laurenti?
G. P.: “Due bravi professionisti. Non eccellevano… non erano dei geni, però bravi artigiani sicuramente più validi di altri registi”.
L.: Tarantini ti ha diretto anche ne “La poliziotta fa carriera” con Edwige Fenech.
G. P.: “Molto bella, sexy… simpatica e molto alla mano. Eh, qui c’era anche Mario Carotenuto, un grande attore, anche di teatro… straordinario, geniale, curioso, un po’ pazzo… questa figura imponente, accattivante, che nel cinema è stata usata moltissimo in quel periodo”.
L.: Ti sei trovato meglio con la Fenech o con la Guida?
G. P.: “Con la Fenech, decisamente”.
L.: Perché secondo te la critica ce l’aveva a morte con questi film?
G. P.: “Come possiamo dire che adesso ce l’hanno coi film dei Vanzina. Sono quei filoni che tutto sommato rappresentano un’esigenza nel pubblico in quel momento lì, quel tipo di pulsioni… vengono interpretate, sintetizzate da questi film e allora siccome risponde a un desiderio popolare il critico non può voler bene a questi film. L’esempio tipico di Totò è inutile citarlo, l’esempio di Franchi e Ingrassia, ne abbiamo davanti agli occhi. Totò era grande per sé e comunque lui era super anche durante. Certo i critici non l’hanno mai amato”.
L.: Ti ricordo anche nei panni di “Tapparella” in “Squadra antifurto” accanto a Tomas Milian.
G. P.: “Ci ho lavorato poco, ci ho parlato poco. Era un tipo introverso, un po’ strano, arrivava sul set con questo trucco, gli occhi truccatissimi”.
L.: E Bombolo?
G. P.: “Ah! Bombolo! Figura molto simpatica, una persona presa dal popolo, mi è dispiaciuto molto che se ne sia andato via giovane. Anche Corbucci molto simpatico, grandissimo artigiano del cinema italiano, aveva però del talento”.
L.: Ilona Staller e “Il mondo dei sensi di Emy Wong”?
G. P.: “E’ stato un insuccesso tremendo. Zeffirelli mi chiamò, “Ti ho visto a Londra, un manifesto enorme”… perché io… spaventato un po’ dalla sceneggiatura pesantemente erotica, non mi andava di fare questo film… ho dovuto cambiare un po’ la sceneggiatura, farlo più pulito, essendo più pulito pensando il pubblico di andare a vedere invece una cosa più spinta, non ha avuto successo. Dopo mi è capitato di rifiutare qualche sceneggiatura, in quel periodo lì”.
L.: Qualche litigio sul set? Qualcuno con cui hai fatto amicizia?
G. P.: “Mah! I miei riferimenti sono sempre stati Enrico Maria Salerno, con cui avevo un’amicizia proprio dopo il film… abbiamo fatto teatro assieme, ma Salerno è stato uno che mi ha anche insegnato molto, io lo amavo, avevamo un bellissimo rapporto, era un burbero ma in realtà era una pasta d’uomo”
L.: Per concludere, qual è il film a cui sei più affezionato?
G. P.: “Quello che devo ancora fare, perché purtroppo il cinema mi ha dato veramente poco”.