In difesa del cinema trash italiano (M.Giusti)

Marco Giusti, autore televisivo e «papà» di Blob, risponde al critico cinematografico Lietta Tornabuoni che ieri su ‘La Stampa’ aveva stroncato i B-movie italiani degli Anni Settanta e Ottanta.

‘Ma la Fenech non ha inventato
il berlusconismo’

E mo’ basta. Passi per le solite accuse della critica contro l’ormai defunta commedia scorreggiona e i suoi campioni di sempre, Bombolo e Alvaro Vitali. Passi per il linciaggio continuo di Viva la foca di Nando Cicero, film che nessun Kezich-Fofi-Tornabuoni ha mai visto, ma che deve pagare pegno a causa del titolo. Ma non riesco a digerire l’accusa più perfida. Cioè che proprio lo sdoganamento critico del cinema peggiore (ma qual era quello migliore?) e l’aver cavalcato la bandiera delle professoresse, soldatesse e tarantinate varie ci abbia portato al berlusconismo dilagante di oggi. Insomma gli scandali di Palazzo Grazioli, le Patrizie D’Addario e le Mare Carfagne sono colpa di Bombolo e soci e dei loro cultori.

Certo, quel che stiamo vivendo in Italia va ben oltre le fantasie di film come Viva la foca o L’onorevole con l’amante sotto il letto. E possiamo pure accettare che proprio la pratica (bassa) della commediaccia banfiana ci inviti a una lettura cinematografica (alta) delle seratine di Papi a Palazzo Grazioli (in questo, anzi, troviamo una qualche grandezza tragica nella caduta del nostro). Ma una cosa è essere spettatori critici, mandanti culturali o «utilizzatori finali», come dice l’onorevole Ghedini (altro personaggio di altissima statura di commediaccia, quasi un Enzo Robutti). Come se il berlusconismo dilagante, e l’antiberlusconismo di rimando e quella cosa indefinita che è il pidiessismo, non fossero cresciuti rigogliosi nella povertà culturale della nostra piccola borghesia, che ha prodotto un cinemino povero povero, che viene giustamente sbeffeggiato ai festival, e nella inutilità di quella che avrebbe dovuto essere la nostra critica blasonata. Una critica che non ha mai capito l’importanza del cinema come industria e non come cinema sovvenzionato dallo stato (o da Mediaset) o come semplice produzione di immaginario. Un tempo, un pubblico internazionale, magari culturalmente limitato, magari terzomondista, sognava la rivoluzione vedendo Django o Se sei vivo spara, oggi nessuno può sognare nulla di fronte a un film italiano medio. E noi, ragazzi cattivi, stiamo lì a controllare se compare il nome della Sabina Began di turno nel film «alto» della Medusa (c’è, c’è).

Ognuno si diverte come può, oggi. Eppure la nostra critica ha protetto a oltranza questo cinema di papà inutile, diviso in un solo apparente bipartitismo Rai-Mediaset, mentre non esiste più un sano cinema popolare, nato all’interno delle stesse produzioni e quindi orgoglio delle maestranze. Sono nati così Leone, Corbucci, Margheriti, Bava. Ma quel cinema produceva un sogno di tutti e non solo dei piccoli autori. Pensiamo solo a Sergio Leone, a quel che ha prodotto fino a oggi come immaginario, a quanti lo hanno ripreso e a come venne accolto dalla critica allora. In tanti anni neppure registi ammirati in tutto il mondo come Mario Bava e Riccardo Freda hanno mai avuto in Italia dei veri omaggi. Ma registi come Tim Burton sono partiti da Bava per il loro cinema. Dino Risi si ricordava perfettamente di quello che scrisse Lino Micciché del Sorpasso e quando lo invitò al Festival di Pesaro glielo disse.

Magari, ma non lo credo, questo era il nostro cinema «peggiore», visto che avevamo Fellini e Antonioni. Oggi non abbiamo né Fellini né Antonioni, ma neppure Bava e Freda. Due buoni film da festival, l’anno scorso, ci hanno fatto sperare in un rinascimento che non c’è stato. Quest’anno a Berlino e a Cannes lo abbiamo capito. E intanto le poche emozioni viste lì ci riportavano proprio al nostro cinema «peggiore». Quello che non ci stanchiamo di amare e di studiare, perché, brutti o belli che siano, ha prodotto film pieni di passione e di vitalità. Girati da artigiani di valore che vanno rispettati, come sanno e fanno molti dei nuovi maestri del cinema internazionale.

In Inglourious Basterds, ragionamento di Tarantino sul nostro «macaroni war movie», Eli Roth e Brad Pitt, quando cercano di fare i registi italiani, guarda un po’, imitano proprio il vecchio Bombolo che Roth aveva visto in Viva la foca, l’unica commedia che era presente alla mia rassegna veneziana di sei anni fa. Ma magari stavano imitando Berlusconi.

fonte http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/spettacoli/200907articoli/45134girata.asp

E’ lo stesso discorso dei film horror… allora non facciamo più film horror perché se no abbiamo milioni di maniaci armati di machete per strada…
Non possiamo trasformare l’Italia in un asilo infantile dove ogni persona deve essere presa per la mano e accompagnata…

Come direbbe l’Avv. Ghedini… Mavalà mavalà…