Innocence (Lucile Hadzihalilovic, 2004)

In un’imprecisata località francese c’è una strana e bellissima villa circondata da un muro invalicabile e da una natura folgorante e sognante composta da boschi, laghi e sentieri illuminati solo da lampade sospese. E’ una specie di scuola di ballo, regolata da strani rituali ed abitudini e le bambine che la frequentano sono contraddistinte da nastri colorati che ne specificano l’età fino al passaggio all’età adulta. Come il titolo lascia presagire è la perdita dell’innocenza vista da un punto di vista molto simbolico e ricco di allegorie. Va vista in quest’ottica la pellicola della Hadzihalilovic (moglie di Gaspar Noè), la trama è giusto un pretesto per raccontare l’ingresso nella vita adulta attraverso dettagli ed elementi molto ricercati e curati.
L’ho apprezzato molto seppur ne riconosco una certa pesantezza narrativa che lo fa fluttuare in un limbo molto rarefatto, d’altronde è una specie di fiaba e come tutte le fiabe c’è sempre un sotto-testo crudele e cattivo. A tratti molto morboso, la regista francese non disdegna le nudità delle ragazzine protagoniste durante le loro attività scolastiche.

DVD UK con audio francese e usuali sottotitoli inglesi.

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Sono tendenzialmente d’accordo con l’analisi di @Killer_Klown, eccezion fatta per l’accezione “morbosa”, che io non ho per niente ravvisato.
Di fatto l’unica volta in cui si assiste ad una nudità è quando Bianca si guarda allo specchio e si accorge che nel suo corpo è in atto una trasformazione, ma si tratta davvero di una frazione di secondo, l’inquadratura è studiata per non mettere in risalto i dettagli del fisico ed il tutto è estremamente funzionale al prosieguo della trama, in cui le allieve dell’ultimo anno vengono sottoposte al rito di passaggio e lasciano la scuola per essere introdotte nel mondo reale che sta al di fuori.

Nello sguardo disincantato ma al contempo poetico che osserva le bambine nel corso delle loro attività e della loro vita quotidiana all’interno della scuola non ci ho visto niente di morboso, anzi, la regista è bene attenta a non mostrare dettagli “scabrosi” (eccezion fatta per la scena citata, che però non era gratuita ma bensì giustificata dalla trama), pur mettendo in evidenza i corpi e le loro trasformazioni. La morbosità eventualmente può trovarsi negli occhi - e nei pregiudizi - di chi guarda.

Il tema dello sviluppo, della crescita, della maturazione sia fisica, sia affettiva, sia cognitiva, sta al centro del film, che ci mostra il percorso che queste bambine fanno per attraversare le varie fasi che caratterizzano l’infanzia fino ad arrivare alle soglie dell’adolescenza.

Un film molto intimo, estremamente personale, estremamente femminile, che non poteva che essere concepito e realizzato da una donna.

A livello di contenuto sono diversi i passaggi che non mi risultano del tutto chiari, non si spiega quasi niente, gli avvenimenti accadono sotto i nostri occhi e siamo noi a dover ipotizzare dei significati in base ai nostri criteri di riferimento interni, come d’altronde accade spesso quando si tratta di metafore ed allegorie poetiche.

A livello di fotografia e di composizione dell’immagine la pellicola è molto studiata, ricercata e anche posata, tutto l’opposto rispetto alla frenesia che caratterizza i film del marito della regista, al quale tuttavia questa opera è dedicata.

Il film si trova su filmperevolvere coi sottotitoli in italiano.