Infine si è inevitabilmente parlato di un celebre fatto, avvenuto nel 1920, l’esorcismo di una donna avvenuto proprio nel 1920, che rese necessarie ben tredici sedute, molto pesanti, e violente, passato drammaticamente alla storia (costando la vita anche a due persone, tra cui l’allora vescovo di Piacenza). Un esorcismo di cui si conservano, a Bologna (nella sede della Provincia dei Frati Minori Francescani), tutti gli atti attentamente realizzati, allora, da padre Giustino, in qualità di stenografo, che trascrisse parola per parola tutto quello che il demonio, durante le sedute, condotte da padre Pier Paolo Veronesi in qualità di esorcista, ebbe a pronunciare. Un esorcismo passato alla storia, finito nel libro “Intervista col diavolo”, di Alberto Vecchi, edito dalle Paoline nel 1954 e, di nuovo, pochi anni fa (nel 2013) , ripreso dal famoso esorcista padre Gabriele Amorth nel libro “L’ultimo esorcista – La mia battaglia contro Satana” scritto con Paolo Rodari e pubblicato da Pickwick. “A volte il diavolo ritorna, per uccidere”: questo il titolo, più che eloquente, del lungo capitolo (oltre trenta pagine) in cui viene attentamente raccontato quello che, meno di un secolo fa, accadde nel convento piacentino. L’esorcista fu, come anticipato, padre Pier Paolo Veronesi, all’epoca cappellano del manicomio di Piacenza e nei fatti furono coinvolti anche padre Apollinare Focaccia, padre Giustino (come stenografo) ed una serie di persone di fiducia tra cui l’allora direttore del manicomio locale, il dottor Lupi. Il primo esorcismo avvenne alle 14 del 21 maggio 1920 e fin dalla prima seduta il demonio si qualificò col nome di Isabò manifestando tutta la sua aggressività e violenza e, all’esorcista che più volte gli chiese cosa volesse dire Isabò rispose “Significa essere fatturato così bene da non potersene più distaccare” mentre alla domanda circa la sua provenienza disse “dai deserti lontani” affermando di avere sette compagni e di essere entrato nel corpo della donna il 23 aprile di sette anni prima alle 17 (impiegandovi sette giorni), in seguito al maleficio di uno stregone attraverso un bicchiere di vino, un po’ di carne e qualche goccia di sangue, interessando anche altri membri della famiglia. In uno dei numerosi momenti di ribellione riuscì anche a strappare la stola del sacerdote dicendo “hanno impiegato sette giorni per farmi entrare, e tu vuoi farmi uscire da questo corpo con un solo esorcismo?”. Gli esorcismi, molto duri e violenti, andarono avanti per diversi giorni ed oltre ad Isabò si manifestarono altre due potenze del male, Maristafa ed Erzelaide e numerose altre (con denominazioni quali Balin, Erzelite, Cagliero, Eslender e Stanislao). L’ultimo esorcismo avvenne il 23 giugno 1920 quando la posseduta rigettò in un catino una palla di salame delle dimensioni di una piccola noce, con sette cornetti. Ma il demonio continuò a seminare morte e distruzione. Innanzitutto la morte del signor Cassani, uno degli assistenti che rimase costantemente accanto alla donna indemoniata, di cui fu annunciata la morte che avvenne improvvisamente nonostante l’uomo fosse sano e robusto.
Padre Veronesi continuò a vivere, ma sempre segnato dall’incubo e dal terrore dei suoi ricordi. Un giorno ricevette anche una bastonata in testa, ma pur guardandosi attorno non vide nessuno e da quel momento non riuscì più a sollevare la testa proseguendo la sua vita col mento puntellato sul petto definendola come “vendetta del demonio”. Durante gli esorcismi, Iabò annunciò anche la morte del vescovo monsignor Giovanni Maria Pellizzari. Il presule morì improvvisamente, di notte.