Koto (Noboru Nakamura, 1963)

dal romanzo di Yasunari Kawabata Koto ovvero i giovani amanti dell’antica città imperiale

esistono altri due adattamenti, uno del 1980 diretto da Kon Ichikawa e uno più recente del 2016 ma questo è il più celebre essendo stato anche nominato all’Oscar come miglior film straniero (perse nel 64 contro 8 1/2 di Fellini)

ora il tempo forse rende più giustizia al film di Nakamura (ai film di Nakamura mi sentirei di dire, The Shape of Night dell’anno successivo ad esempio sembra quasi un manuale per Wong Kar-wai) quando infatti erano tutti in brodo di giuggiole per autori più di rottura, questo veniva bollato come film cartolina.

è la storia di due sorelle gemelle, separate alla nascita perchè abbandonate dai genitori. si ritrovano per caso a Kyoto, l’antica capitale e le loro vite (oramai di differente estrazione sociale) si intrecciano

a parte le immagini e la fotografia splendide, con scorci di templi mozzafiato come la balconata del Kiyomizu-dera, i carri del festival di Gion o la foresta di bambù, il film richiama la sensibilità del bellissimo saggio d’estetica Libro d’ombra di Tanizaki

la storia delle due sorelle (la bravissima Shima Iwashita in un doppio ruolo), lungi dall’essere semplicemente un melodrama assume quasi un tono spirituale (Naeko si convince di essere “maboroshi”, letteralmente illusione, una proiezione fantasmatica della sorella) e entra di diritto nella lista dei più suggestivi film sui doppelgänger

sospeso in un atmosfera a metà tra il torpore del sogno ed il documentario, si disvela in modo quasi arcano e la colonna sonora di Toru Takemitsu che mischia tradizione con minimalismo sperimentale contribusice a rendere la visione ancora più ipnotica

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