La dialectique peut-elle casser des briques? (René Vienet, 1973)

L’intellettuale situazionista René Viénet realizza uno dei primi (forse il primo) détournement della storia del cinema, ovvero un sabotaggio, una diversione, una modifica della traiettoria prestabilita. Attraverso un doppiaggio scritto ad arte per modificare il senso dell’opera preesistente, prende un film di arti marziali in costume (per la cronaca si tratta di Mani di ferro) e lo trasforma in un esilarante pamphlet di critica al potere costituito nei regimi socialisti e comunisti. La vicenda viene così dirottata: in un villaggio i proletari sono vittima delle angherie e dei soprusi dei burocrati del partito, che attraverso l’instaurazione del regime comunista cercano in realtà di sfruttare la popolazione per mantenere il loro status di privilegiati. La dialettica (come dice il titolo) è al centro della narrazione, e per tutto lo svolgimento del film i personaggi si prodigano in esilaranti e interminabili confronti verbali su tutte le tematiche che all’epoca erano care agli attivisti politici di sinistra, utilizzando il linguaggio che era tipico dei movimenti.
Ecco così che una bambina ed un bambino litgano a causa delle posizioni di lei relative alla rivoluzione cubana, ed il protagonista intervinene a calmare le acque dicendo al pargolo di non arrabbiarsi con lei, in quanto sostiene allo strenuo queste posizioni castriste solo perché ancora non ha letto Reich. Oppure un gruppo di contadini mentre cucina davanti al fuoco si lamenta del fatto che la tale opera di matrice anarchica uscita per le edizioni Gallimard sia ormai fuori catalogo da anni.
Non mancano digressioni sull’attualità politica (specialmente francese) e riferimenti a elementi costitutivi della mitologia dei movimienti della sinistra post-sessantottina (prima della battaglia finale alcuni dei contadini si lanciano nel mucchio invocando la dialettica, la libertà e Bonnot). Emerge in tutta la sua concretezza la frammentazione che il fronte di gauche aveva all’epoca tra maoisti, trotzkisti, situazionisti, anarchisti, leninisti e chi più ne ha più ne metta.

Non nego che il film sia un po’ difficile da seguire (i dialoghi sono volutamente standardizzati su un livello dialettico estremamente astratto e farragginoso, come era tipico all’epoca nel dibattito politico), ma risulta al contempo estremamente divertente nella sua continua rilettura in chiave farsesca e grottesca dei riferimenti culturali della sinistra di quel tempo.

Chi leggendo questa rece si sente intrigato dovrebbe concedergli una possibilità e guardarselo! Linko di seguito la versione che è disponibile da vedere online su vimeo, ma se smanettate un po’ lo trovate in una versione infinitamente migliore, che preserva i colori e con dei sottotitoli inglesi fatti decisamente meglio.

Lo stesso autore ha realizzato le Filles de Kamare, détournement che segue lo stesso principio di critica e satira politica applicato però questa volta al pinku eiga.

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