La femme qui voulait mourir aka The woman who wanted to die (Koji Wakamatsu, 1971)

Questo lo definirei il film più formalista di Wakamatsu che io abbia mai visto.

È una pellicola di silenzi e primi piani, riflessioni fatte sottovoce con ritmi molto dilatati, supportati da inquadrature lunghe e statiche. Niente yakuza, niente pistole; carne nuda si, ma il sesso è una sorta di elemento di contorno strumentale alla vicenda, non è al centro del racconto. La tematica centrale infatti, come suggerisce il titolo, è il suicidio.

Il film nasce sulla scorta delle riflessioni fatte da Masao Adachi (autore della sceneggiatura) in seguito alla morte di Yukio Mishima, al quale sono presenti riferimenti espliciti per tutto l’arco temporale del film (immagini fotografiche, citazioni, articoli di giornale).

Due coppie si incrociano in una invernale località di montagna, ognuna delle quattro persone è intenzionata a compiere il suicidio, ma ciascuno spinto da motivazioni differenti. Un’analisi lucida e non banale delle dinamiche, talvolta semplici e trasparenti, talvolta artificiose, contorte e non del tutto autentiche, che possono portare a attuare un gesto tanto banale quanto risolutivo ed irreversibile.

Il film è uscito allegato alla prima edizione del libro Koji Wakamatsu, cinéaste de la révolte, non si trova nei tre cofanetti francesi dedicati al regista.
Non so se abbia avuto altre edizioni home video in giro per il mondo.