È la storia di una madre ed il figlio adolescente che alla morte del padre si ritrovano a rivalutare il loro rapporto ed a scontrarsi/incontrarsi su più fronti. Entrano in ballo altri elementi come problemi di droga, rapporti conflittuali, sentimenti ed incesto. Temi forti ma in questa occasione Bertolucci gira come Godard ed a mio avviso le carte in tavola diventano meno affilate e fin troppo autoriali, non ho nulla contro questa formula ma quando diventa eccessiva il tono diventa troppo distaccato rispetto alla narrazione.
Peccato, il soggetto è decisamente interessante e non mancano le scene forti. Brevi ed interessanti apparizioni anche per Roberto Benigni, Salvatori, Verdone e Franco Citti in un disturbante ruolo.
Come promesso ecco la mia featurette con Bertolucci che parla de “La Luna”.
La posto come omaggio alla memoria del regista ma anche per rimediare come posso al cialtronesco trattamento che questo materiale ha ricevuto nell’edizione americana.
Grazie Federico.
Considero questo film il mio preferito di sempre del figlio del grande poeta Attilio Bertolucci, insieme al meraviglioso e mai troppo citato: La strategia del ragno
Grazie per averla condivisa, bella ed interessante (mi piace il modo di parlare di bertolucci). Cosa hanno combinato, se si può dire, all’intervista nella edizione ammeregana?
Tremendo scivolone di Bertolucci. Questo drammone edipico lascia davvero perplessi, nonostante l’indubbio livello tecnico complessivo dell’operazione.
I 2 personaggi protagonisti sono di un’antipatia rara, e il loro torbido rapporto incestuoso interessa quanto una partita della serie C del campionato uzbeko.
Risibili le apparizioni di Roberto Benigni (solo trenta secondi, per fortuna) e Franco Citti, nel ruolo di un pederasta forse in omaggio al suo mentore Pasolini. Anche Verdone si vede pochissimo e senza alcun senso: ha un ruolo minimale che avrebbero potuto dare benissimo a Luciano Foti. Più corposo il personaggio di Tomas Milian.
Bertolucci poi butta dentro nel film la droga, la lesbica frustrata, il comunista… manca solo un accenno al terrorismo, poi c’era davvero tutto. Senza che niente diventasse interessante.
Poi vogliamo dire che l’opera, che Bertolucci tanto amava, è una rottura di coglioni immane, soprattutto da vedere (e sentire) in un film che peraltro dura 136 minuti? E diciamolo.