Titolo: La Magnifica Preda (River Of No Return)
Regia: Otto Preminger
Anno: 1954
Paese: USA
Genere: Western
Cast: Marilyn Monroe, Robert Mitchum, Rory Calhouni
Produzione: 20th Century Fox
Secondo Marilyn il suo peggior film. Secondo Preminger lavorare con Marilyn era come lavorare con Lassie. Entrambi però concordavano sul fatto che la sceneggiatura fosse brutta, ed entrambi lavorarono loro malgrado al film. Personalmente invece amo molto questo film; tanto per cominciare ha degli scenari naturali mozzafiato, di una bellezza più unica che rara, da National Geographic. Si tratta del Banff e Jasper National Parks in Alberta, Canada. Mitchum e Marilyn sono due giganti, il primo pare bevesse troppi bicchierini sul set, la seconda qui è insolitamente parruccata. Molto coinvolgenti pure tutte le canzoni che Marilyn canta nel film, compresa quella che dà il titolo, “River Of No Return” (titolo cucito perfettamente sul film assai più dell’italiano La Magnifica Preda).
Mereghetti maltratta parecchio il film, che liquida come una roba di “buoni sentimenti”. Siamo in un contesto molto preciso e codificato, la terra di frontiera del secondo Ottocento, qui conta la sopravvivenza (quindi l’autodifesa), l’oro, la terra (intesa come fonte di sostentamento), il predominio dell’uomo sulla donna. Un mondo di altri tempi, basico, sanguigno, rude, per certi versi semplice e manicheo. Ma il West era proprio questo, andare a cercare sottigliezze psicanalitiche è molto borghese e contemporaneo ma poco lungimirante. La bellezza di River of No Return sta propria nella definizione scolpita e stentorea dei personaggi, a loro modo icastici, netti, perfettamente definiti e decriptabili. C’è un senso di tragedia e nostalgia in questo “mondo perduto” ritratto da Preminger, ma anche di speranza, di costruzione di un mondo migliore, di infinite possibilità, e soprattutto di libertà, gigante quanto gli spazi aperti popolati dagli attori della vicenda.
Emotivamente forte il finale quando il figlio undicenne di Mitchum comprende e scioglie finalmente l’assillo che lo aveva attanagliato per tutto il film, ovvero come aveva potuto il padre uccidere un uomo, addirittura colpendolo alle spalle.