La Monaca del Peccato (Joe D'Amato, 1986)

A 7 anni da Immagini di un Convento, e con nel mezzo una vagonata di pornazzi, Joe D’Amato torna alla nunsploitation, con il nomignolo di Dario Donati. Se sul versante erotico il film si rivela piuttosto casto, morboso e crudo ma parco a livello di nudità ed ampless (nonostante la presenza di Eva Grimaldi), va anche detto che che come drammone con denuncia “politica” incorporata ha delle freccie al proprio arco.

La Religeuse di Diderot è la fonte letteraria di riferimento. Il clima è asfittico, i soprusi e le torture che si consumano tra le mura conventuali lasciano il segno, sono parentesi dure, perfide, che creano un certo disagio nello spettatore. Il convento è un carcere, una prigionia che opprime con le sue mura, le sue luci soffuse e il continuo incessante commento sonoro d’organo chiesastico. Massaccesi furbescamente lo infila in ogni dove e, se sulle prime questo pare quasi un tratto descrittivo ingenuo e semplificatorio, strada facendo si rivela una scelta ponderata ed azzeccata perché inizia a rendere nervoso lo spettatore.

La Grimaldi non si segnala come un mostro di recitazione, vuoi per quella boccona carnosa, vuoi per la fissità degli sguardi; Massaccesi poi ci mette del proprio, facendo calzare alle suore delle improbabili scarpe col tacco e facendo indossare alla Grimaldi della biancheria intima che francamente appare inspiegabile (se non ad un party erotico di qualche discoteca ad ambientazione medievaleggiante). Come detto, di erotismo non si muore in questo film, ma le atmosfere rimangono ugualmente torbide e grumose. Da non sottovalutare comunque la scena in cui la Grimaldi e Padre Morel (Martin Philips) amoreggiano, separati da una grata di ferro, la forza visiva è notevole e quel momento, cristallizzato in una fotografia, finisce col diventare potente ed iconico…che poi è la locandina del film :wink:

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