Libri respinti

Non è mai accaduto per me, non riuscire a terminare un libro una volta acquistato.
Forse dipende dal fatto che scelgo attentamente quello che leggo, cercando di cogliere, da quel poco che leggo in anteprima, sfogliandolo, il succo dell’interesse in me generato.
Poi di solito se vado a comperare un libro è solo perchè voglio approfondire un certo argomento, mai per passatempo.
Ecco perchè li finisco sempre, lo considero un impegno culturale non un passatempo.

Quasi tutti i best sellers di massa
Il codice da Vinci
Melissa P
Ste robe così pompatissime ecc…
Mi piace “trovarlo” il libro e scoprire autori sconosciuti.
Invece ho libri che ho letto più volte e consumato.
Ho per fortuna poca memoria e rigodo.

Anch’io sono selettivo, compro solo quel che m’interessa al momento e trovo abominevole comprare la prima cazzata che vedi al supermercato in vista di ore d’ozio sotto l’ombrellone. Ma anche così la delusione è cocente, specialmente quando punti sugli esordienti (mi piace rischiare, a volte l’azzardo è lautamente ricompensato); e allora penso alle vicissitudini incontrate da un Ariosto o un Tasso per vedersi pubblicare i propri scritti, e mi vien voglia di incenerire a suon di testate nucleari un sistema editoriale che dà voce a simili imbrattacarte.

ero anch’io della parrocchia di chi porta assolutamente a termine un libro una volta intrapreso.
sono passato alla sponda tuchulchana dopo aver sudato resina e aver provato dolore fisico nel portare a termine l’odore del sangue di parise e profonda incazzatura per l’acchiappasogni di king (e dire che le prime 160 pagine sono straordinarie). un libro ha da essere piacere, mai sforzo.
da allora se sento inconfondibile puzza di inutile sperpero di tempo ed energie, accantono, magari provando comunque a concedere a me e all’opera almeno una soglia di possibilità di 60-70 pagine. l’udienza si intensifica se mi fido a pelle o per esperienza dell’autore. non accade spesso, essendo anch’io maniacalmente selettivo.

non c’è stato verso di arrivare neanche alla soglia di cui sopra con l’ampollosità risibile di che tu sia per me il coltello di grossman

tra gli abbandoni più clamorosi, il lansdale di ned la foca: accannato fuoco nella polvere dopo una trentina di pagine. non sono proprio riuscito a sentirmi parte del gioco ed entrare in quella dimensione, col tutto che sto iperfrocio per lansdale e per una sua pagina butterei nel fuoco tutto king. mi sono ripromesso di recuperarlo come ultima spiaggia, quando avrò esaurito la sua omnia (meno 4 titoli, ahimè) e non avrò proprio nient’altro di meglio da leggere.

pronto alla sassaiola, confesso che non ce l’ho mai fatta con palahniuk ed ellroy, più volte ripresi e abbandonati, a mio gusto linguisticamente troppo zuccherosi - e troppo consapevoli e compiaciuti d’esserlo.

vi sono poi i libri che pur catapultandomi nell’iperuranio ho dovuto respingere con un rammarico divenuto poi rimpianto, perché troppo lunghi e complessi e le contingenze (mancanza di tempo, stanchezza, situazioni di rumore circostante che deconcentra) non me ne hanno permesso la totale immersione. il più recente di questi, abbandonato con dolore, è stato gli increati di moresco. mi piace pensare che sia solo rimandato, ma è un monstrum per il quale occorre prendersi due-tre mesi in cima a un monte per esserne assorbiti come dio comanda.
di libri riposti nello scaffale a tempo indeterminato ho una lista di “rimedierò-alla-prima-occasione” di una ventina di titoli.

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Freschissima è la mia esperienza con Manhattan transfer di John Dos Passos dopo 80 pagine. Linguaggio, ambientazione, personaggi (fa anche riferimento ad attori di teatro di allora che forse nel 1925 erano ancora noti) totalmente lontani dai miei interessi. In compenso ho scoperto da dove viene la frase ‘non è un paese per [i] vecchi’. Comunque da quel poco che ho letto, la descrizione di New York è quella di una città orribile estremamente inquinata e tetra. Visto che è un argomento caldo non si può non notare l’atteggiamento antisemita di alcuni dei personaggi del romanzo. Quello che non sono riuscito a capire è se lo scrittore si limitò a documentare quanto avveniva o aveva la stessa convinzione.

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