Lucio per amico. Ricordando Battisti (Angelo Bozzolini , 2023)

Il 13 Settembre, a 25 anni dalla morte, RaiUno ha mandato in onda questo documentario, che trovate anche sul link di RaiPlay.

Ogni occasione per ricordare il più grande genio musicale che abbia graziato l’Italia nel 20esimo secolo è cosa buona e giusta, e il doc è ben fatto, analizza in maniera accurata gli esordi di Lucio, dai primi tempi coi Campioni di Matano (che band!) all’incontro con Christine Leroux e quindi con Mogol. Tante foto/filmati poco visti, oltre a quelle più classiche ovviamente, e interviste a quanti erano nel suo entourage o a critici recenti, da ovviamente Mogol a Pappalardo, Arbore, Assante, Mussida, Caselli, Matano, Zoppo, Dall’Aglio…insomma, un lavoro accurato e preciso.

Tutto bene quindi? No, proprio no. Perché a prescindere dal fatto che ogni doc su Lucio sia più che benvenuto, questo pare più una prima parte di una miniserie. Perché capisco che dal 72 abbia smesso di fare concerti, ma non si può fare un doc che al 98% si concentra fino al 72 per poi rapidamente fare una carrellata veloce sugli album successivi (per dire, solo su Anima Latina si potrebbe fare un doc apposito), e sbrigarsela velocemente sugli immensi album con Panella. E quindi è un coitus molto interruptus, siamo ancora ai preliminari e non si è arrivati al conquibus, agli album con Walsh, a Don Giovanni, a La sposa occidentale, CSAR e Hegel.

Ma vabbè, questo passa il convento, Lucio è morto con Mogol e amen. Mogol che qui ovviamente la fa da padrone, fin troppo, capisco tutto ma andrebbe sgasato il suo ego.

Ovviamente a Velezia, pseudonimo della moglie, il doc non è andato giù, e l’ha toccata piano:

La trascrivo per i posteri:

«Eccomi qui. Sono passati 25 anni da quando Lucio Battisti non è più fra noi. Noto, caro Giulio, che non perdi occasione pubblica per spargere il tuo miele su Lucio, dichiarando di averlo amato tanto: io credo che tu abbia ragioni per amarlo molto di più adesso, visto che ancora oggi, dopo un quarto di secolo dalla sua morte, non ti riesce di separare il suo nome dal tuo».
Lo scrive Grazia Letizia Veronese vedova di Lucio Battisti in una lettera aperta a Mogol «ragionier Giulio Rapetti, imprenditore, in arte Mogol, paroliere». «Noto anche che - aggiunge - , in queste occasioni non fai mai alcun cenno alle innumerevoli cause che hai intentato dopo la morte di Lucio: tre gradi di giudizio per una questione di confini, due gradi di giudizio per un risarcimento danni, per “perdita di chanche”: una causa che, visto l’esito, ha costretto in liquidazione le Edizioni Acqua Azzurra. Ed ecco ora, dopo sette anni dalla sentenza del 2016, una nuova identica causa, questa appena nata, ma ancora per "perdita di chanche. Ti ricordo (fra parentesi) che sono ancora in attesa di una risposta alla lettera che ti ho scritto il 10 giugno del 2020, quando eri Presidente effettivo della Siae. Sono passati tre anni e hai ritenuto di ignorare quella lettera ma, nel frattempo, hai continuato a produrre programmi che hanno al centro Lucio Battisti (che, consentimi il termine, è diventato il tuo passepartout). Infine, per quanto riguarda la salute di Lucio e le cause della sua morte, ti chiedo gentilmente di lasciar perdere le tue infondate supposizioni e ogni altra illazione. Ti chiedo soltanto di rispettare la sua dignità di uomo, dopo avere tanto lusingato la sua figura di artista. A tal proposito, ti invito a non raccontare più la commovente storia della “lettera consegnata di nascosto a Lucio”, ora da un’infermiera, ora da un medico, ora da un non meglio identificato “professore”… Voglio precisare, una volta per tutte, che mio marito in quei giorni lottava per la sua vita, che nessuno ha mai ricevuto una tua lettera, che Lucio in quegli stessi giorni non è stato mai lasciato solo e che non ha mai pianto, tantomeno ricordando la vostra “amicizia”. Ti rammento che il vostro “sodalizio artistico” si era interrotto nel lontano 1980. Sono passati ormai 43 anni, Giulio! Senza rancore. Grazia Letizia Veronese Battisti».

Mogol ha ovviamente risposto:

“Mi dispiace si possa anche soltanto immaginare che io mi sia inventato di aver fatto avere una lettera a Lucio nel periodo finale della sua malattia. Non so che motivo avrebbe potuto spingermi a raccontare una bugia. Tra l’altro, fu un medico a rendere testimonianza della cosa, parlandone con una giornalista”.

E il medico conferma Mogol:

Fine della trasmissione, faccio parlare la musica che è meglio:

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Nei vari documentari o speciali che mi è capitato di vedere, la parte post Mogol viene sempre snobbata o liquidata velocemente, tirando spesso in ballo altri gruppi “ispirati” all’ultimo periodo, tipo gli Audio 2, che più che altro mi pare abbia scopiazzato più che ispirarsi. Un’altra volta hanno tirato in ballo un gruppo che faceva un tributo online durante la pandemia, boh, mi ha lasciato incredulo. Mai un discorso sulle scelte stilistiche, musicali, delle liriche, niente. Tutto liquidato in un paio di minuti.
Ok, il Battisti più conosciuto è un altro, ma mi parrebbe giusto considerare anche la seconda parte della carriere.
Questo ultimo documentario non l’ho ancora visto, ma mi pare di capire che il tenore è lo stesso.

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Il tenore è sicuramente lo stesso, dimenticavo la tragedia finale delle canzoni di Lucio interpretate da ggggiovani: per me si salvano Noemi & Grignani, ma a mio avviso rimane una cosa inutile. Il doc merita per l’ approfondimento sulla prima parte. Ma non parlare del periodo con Panella risulta fuorviante, anche e soprattutto a causa della sua ultima intervista:

È chiaro che il flop di Images, l’album in Inglese concepito per cercare di conquistare “il mondo”, deve averlo ferito oltremodo, da perfezionista qual era. E quindi, ben sapendo che difficilmente avrebbe potuto superare il suo inglese “maccheronico”, l’ unica alternativa era un’ utilizzo nuovo della lingua di Dante, buona per le canzoni tradizionali “cuore amore” ma poco adatta alla realtà elettronica che stava arrivando. Lucio per me questo lo sapeva benissimo, e le liriche “sghembe” di Panella erano le uniche che potessero pennellarsi sui fraseggi elettronici battistiani senza risultare banali.

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