Mio caro assassino (Tonino Valerii, 1972)

basta non perdersi nemmeno mezzo dialogo :cool:

La sequenza iniziale per me è di grandissimo livello, mette davvero i brividi. Il film a me è piaciuto, atmosfera decisamente inquietante per tutta la durata del film.

Bel Thriller questo di Tonino Valerii con un buon George Hilton , una bella Marilù Tolo, un grande Salvo Randone in un ruolo di spalla del protagonista e Corrado Gaipa in poco più che una comparsata.
Misterioso e teso specie nella prima parte, si affievoloisce un pò troppo nel mezzo e si riprende nel finale anche se non all’altezza della prima parte. Bella l’analisi e la parte del “disegno”
Più che discreto comunque.
Musiche del Maestro Morricone Onnipresenti.

Bentrovati…
Io mi sono avvicinato a questo film qualche giorno fa e con grande curiosità considerando quanto è sponsorizzato su queste pagine, ma anche all’interno di vari libri dedicati al thrilling italiano.
Bene, dopo averlo visto sono rimasto un po’ sorpreso.
A mio modestissimo giudizio il film può intrigare l’appassionato di cinema di genere per via di alcuni “effetti” studiati a regola d’arte, ma dal punto di vista della costruzione logica la costruzione presenta evidenti difetti.
Valeri è stato bravo a buttarla spesso in caciara giocando ad ingarbugliare a più non posso ogni sequenza con false piste, ed è per questo che per valutare bene la robustezza del giallo serve più di una visione. Con una sola passata è facile che si rimanga intrigati e “sedotti” dalla storia e da alcune caratterizzazioni dei personaggi, ma poi se si ragiona a mente più lucida credo sia impossibile non notare che il tutto ha basi davvero fragili.
Sotto vi riporto alcune mie considerazioni su quello che viene mostrato ma non per questo voglio sminuire questo film che resta senz’altro molto divertente.

[SPOILER]Inizio la mia analisi riepiloghiamo un po’i fatti e stabilendo dei punti fermi…

Ottavio Moroni rapisce Stefania, figlia del fratello Alessandro. Il sequestro gli permetterà di intascare 100 milioni, ma soprattutto farà soffrire Alessandro che agli occhi di Ottavio è un ingrato e forse vuole addirittura allontanarlo.

Seguendo il suo piano, Ottavio chiede un riscatto alla famiglia di Stefania, e proprio il rapitore viene scelto da Alessandro per consegnare il denaro richiesto.
(Possiamo quindi dedurre che Ottavio è il membro della famiglia più vicina ad Alessandro. La sua investitura come mediatore ci dimostra che esisteva un rapporto di fiducia tra i due fratelli quindi le motivazioni del rapitore potrebbero sembrare un po’ forzate. Comunque Ottavio è una persona disturbata quindi è possibile che nella sua testa vivesse il rapporto con il fratello in modo conflittuale.)

Passiamo alla notte della consegna del riscatto. Secondo la deposizione successiva di Ottavio, al Km 21 un gruppo di uomini si è impossessato del bottino e poi ha sequestrato Alessandro stesso spuntato dal nulla all’improvviso.
(In realtà non sappiamo come sono andati veramente i fatti ma solo fare delle ipotesi. Forse la più realistica è che Ottavio sapeva di essere seguito da Alessandro e quindi al km 21, dopo aver atteso un po’ di tempo, ha richiamato l’attenzione del fratello appostato e poi a sorpresa gli ha inflitto il colpo mortale.)

Dopo essersi impossessato del denaro, Ottavio ha preso il corpo del fratello e lo ha portato nel bunker dove era tenuta Stefania. Luogo in cui Ottavio non tornerà più fino al ritrovamento dei due corpi.
(Dalle testimonianze risulta che i rapitori hanno rubato la macchina di Ottavio dopo aver pestato lui e Alessandro ma dato che sappiamo che le cose sono andate diversamente, dove ha lasciato la sua macchina Ottavio? Se l’ha nascosta da qualche parte come ha fatto a tornare sul luogo dell’agguato?
Secondo la ricostruzione fornita alla polizia avrebbe dovuto prendere la macchina di Alessandro e tornare subito a casa ma il trasporto del corpo di Alessandro, l’abbandono della sua macchina e il ritorno al KM 21 avrebbe richiesto un bel po’ di tempo. Possibile che nessuno della polizia abbia notato queste stranezze sui tempi? Comunque gli investigatori non dicono mai di aver ritrovato la macchina di Ottavio).

Due mesi dopo il sequestro la polizia trova i corpi di Alessandro e Stefania.
(ma durante il colloquio tra l’ispettore Peretti e il boss dell’agenzia d’assicurazione, quest’ultimo dice che li hanno ritrovati un mese dopo).

Appena scoperti i cadaveri il Paradisi viene incaricato dall’agenzia di accertare l’identità dei corpi ma in tempi brevi il detective si licenzia.
(La moglie, anzi la compagna del Paradisi dice a Peretti che si è licenziato da un anno).
A questo punto possiamo presumere che durante l’interrogatorio alla maestra, Paradisi abbia scoperto il disegno realizzato da Stefania una settimana prima del suo sequestro.
Se si è licenziato dall’agenzia possiamo dedurre che Paradisi sa bene come sfruttare a suo vantaggio il disegno e presumibilmente inizia a ricattare i vari membri della famiglia pur sapendo benissimo che uno di loro deve essere l’assassino.
La moglie di Alessandro Moroni e suo fratello decidono di pagare perché temono salti fuori la storia dei 100 milioni chiesti per lasciare Stefania al padre.
Beniamino Moroni, non avendo nulla da nascondere, inizia a pagare Ottavio per cercare l’assassino dell’adorata nipote.
Ottavio e sua moglie danno dei soldi a Paradisi per le indagini, presumibilmente per non destare sospetti.
A questo punto possiamo porci le prime domande: perché Paradisi non sapeva del famoso pantano se quando ha iniziato le sue indagini non c’era già stata l’inondazione (avvenuta tre mesi prima della sua morte) e sappiamo per certo che era stato sul luogo del delitto? Perché ci ha messo un anno per capire che Stefania aveva lanciato un SOS dalla fessura del bunker? Perché Ottavio non uccide subito Paradisi?
Forse inizialmente Ottavio non lo uccide perché non sa quale possa essere la prova che lo incrimina (prova che sappiamo essere custodita nella casella postale), ma nelle settimane e nei mesi successivi perché il fratello di Alessandro Moroni non fa nulla e poi si decide solo quando Paradisi inizia a scandagliare (inutilmente) il lago quasi un anno dopo?
Ipotizzando che Paradisi ci abbia messo tanti mesi a capire che Stefania aveva lanciato lo specchio fuori dal bunker, come ha fatto a tenere buono lo psicopatico Ottavio e perché tre mesi prima del suo omicidio ha smesso di chiedere soldi al fratello della moglie di Alessandro?

Anche se Paradisi si fosse accorto della mancanza dello specchio (ma quella sul muro poteva anche essere l’ombra di un quadretto), e fosse anche arrivato a credere che Stefania avesse fatto un disegno sul retro, come faceva a sapere che il disegno sarebbe stato così rivelatore dell’identità del killer?
Non dimentichiamo che la bambina non sapeva scrivere.
Considerando che non c’era il pantano, perché Paradisi non ha interrogato subito Mattia?

Non dimentichiamo che Ottavio è stato sul luogo del delitto quando i corpi sono stati ritrovati, e si sarà subito accorto della mancanza dello specchio. Possibile che non abbia cercato di capire che fine avesse fatto? Possibile che non avesse pensato ad una possibile complicità tra Paradisi e Mattia, cioè che quest’ultimo poteva fornire al detective qualche prova che potesse incolparlo? (questa mi rendo conto è un’ipotesi piuttosto complessa, ma comunque un’idea che poteva venire al killer).

Veniamo poi alla questione dello specchio. E’ plausibile che in un bunker abbandonato ci sia ancora uno specchio (anche se rotto per un buon 20%)? Possibile che Mattia, un uomo alla perenne ricerca di oggetti buttati non fosse a conoscenza del bunker e che non ci abbia fatto un salto all’interno?
A giudicare dalla foga con cui si è appropriato dello specchio, se lo avesse visto in precedenza certamente non lo avrebbe lasciato al suo posto.
Comunque se Mattia ha visto lo specchio rotolare, possibile che non si sia incuriosito e non abbia guardato nel bunker? Anche solo per accertarsi che non ci siano altri oggetti di “valore” avrebbe dovuto dare un’occhiata.

Consideriamo anche che di certo che il bunker non era il luogo più adatto per nascondere due persone data la prossimità della casa di Mattia.

Esaminiamo ora altre incongruenze, curiosità o potenziali errori nel film…

  • L’assassino è un uomo sposato (vedi fede). Ha ENTRAMBE le mani abili.
    Paradisi vede bene in faccia l’uomo sulla gru ma non si accorge della sostituzione (va be’ questa può passare).

  • Sul giornale (edizione serale?) a titoli cubitali “Decapitato sulla Laurentina”. L’ispettore chiede al titolare della società delle scavatrici se l’uomo decapitato era la stessa persona che aveva noleggiato il mezzo. Curioso che le generalità del morto non sono state ancora confermate dalla moglie prima della pubblicazione della notizia.
    Successivamente durante il colloquio tra la moglie di Paradisi e Peretti c’è uno scambio di battute abbastanza grottesco: “E’ sicura? E’ proprio Umberto. Si chiamava così suo marito? Sì ma non eravamo sposati.”
    Da notare che dal punto in cui viene ritrovato il cadavere fino alla sequenza del dialogo con la moglie di Paradisi, Peretti è vestito sempre nello stesso modo, quindi dovrebbe trattarsi della stessa giornata. Per questo si suppone che la notizia del ritrovamento sia apparsa in un’edizione serale, altrimenti ci sarebbe una piccola incongruenza.

  • Trovano l’operaio Ansuini che è guarda caso è vestito esattamente come l’assassino che abbiamo visto all’opera. Persino le stesse scarpe rosse. A questo punto è lecito pensare che Ottavio avesse messo fuori gioco Ansuini e poi indossato i suoi vestiti (che dovevano stargli larghi vista la differente corporatura).
    Evidentemente Ottavio non ha usato armi da fuoco o da taglio, quindi deve averlo stordito o narcotizzato. In ogni caso con una normalissima autopsia si sarebbe scoperto subito che c’era qualcosa di strano e difficilmente l’ipotesi del suicidio avrebbe retto.

  • L’ispettore va a trovare Mattia nella casa sopra il pantano.
    Adele, compagna di Mattia, chiede all’ispettore se è venuto per il caso Moroni e lui dice di no sbrigativamente e se ne va. Ma come cercava un cadavere nel pantano e non ha capito subito che poteva esserci un collegamento tra di due delitti?

  • L’ispettore nella casa della sua (splendida) donna. Arriva il maniaco e li spia. Come abbia fatto ad entrare è un mistero. Perché se ne va indisturbato senza uccidere non si capisce.
    Considerando che il killer ancora non è stato interrogato dall’investigatore l’attenzione per quest’ultimo è un po’ prematura e forzata. Comunque il killer da questo momento sa che l’ispettore vuole cercare tracce a casa di Paradisi.

  • L’ispettore cerca indizi negli abiti e trova un mazzo di chiavi. Da come cerca sembra proprio che si aspetti di trovare un mazzo di chiavi e non altri tipi di indizi.
    (tipo appunti o foglietti di carta). La moglie di Paradisi dice che la giacca è una di quelle che utilizzava di meno ma se la chiave della casella postale era così importante, possibile che Paradisi l’avesse “dimenticata” in un vecchio vestito e non messa al sicuro da qualche parte? Di certo se uno vuole cercare una chiave una delle prime cose che gli vengono in mente è proprio quella di cercare nelle tasche dei vestiti, come appunto fa Peretti.

  • A colloquio con il boss dell’agenzia delle assicurazioni Peretti scopre che Paradisi era un investigatore. Ma che razza di indagine aveva condotto fino a quel momento? Prima di andare a frugare nelle tasche dei vestiti non era più “professionale” e “sensato” avere un identikit più preciso del morto? Il boss gli rivela che Paradisi era andavo via dopo il caso Moroni (circa un anno prima).

  • La signora Paradisi riceve una chiamata dall’istituto postale perché scade l’affitto di una casella postale intestata al marito. Un poliziotto le dice di andare a vedere.
    Ma le chiavi non ce le ha l’ispettore? Quando il sottoposto avverte il commissario, quest’ultimo è vestito esattamente come nel colloquio con il boss dell’agenzia.
    Marò (Randone) dice che l’ufficio postale non può chiamare perché la casella postale è segreta, quindi deve essere stato l’assassino a chiamare. A questo punto la domanda più ovvia è: come faceva l’assassino a sapere delle chiavi e della casella postale?
    Nel caso che lo stesso Paradisi gli avesse detto in precedenza che la prova si trovava in una casella postale, possibile che Ottavio non fosse stato già nella casa del detective per cercare la chiave o comunque per far confessare Paradisi o la moglie?
    Andiamo avanti. Se la signora è stata chiamata da un impiegato delle poste, si suppone che la prima cosa da fare era appunto chiedere delucidazioni a qualcuno degli sportelli e invece la donna punta dritta verso la casella postale come se sapesse già tutto.
    Negli attimi successivi l’assassino colpisce la donna in un punto di massimo passaggio. La donna si lamenta un po’ ma il killer continua indisturbato. Ci sono dei testimoni ma ognuno fornisce un identikit diverso (passaggio un po’ ridicolo). Poi il killer porta via la busta ma non il contenuto (sic). Ovviamente poteva colpirla in seguito in tutta calma ma evidentemente l’assassino ama il rischio (o sapeva anche che la polizia stava arrivando?).

  • La maestra diceva che aveva i quaderni sulla cattedra perché qualcuno della famiglia li voleva come ricordo ma poi nessuno è più andato a ritirarli. Ecco altre domande che ci spingono a riflettere: Se Ottavio ha saputo del disegno da Paradisi, per quale motivo chiedere i quaderni? Soprattutto considerando che questo suo interesse era una chiara prova a suo sfavore nel caso fosse scoppiato lo scandalo. Anche se avesse voluto controllare che non ci fossero altri disegni compromettenti, perché ha aspettato tanto?
    Al contrario se era a conoscenza del disegno prima di Paradisi, perché non si è affrettato ad entrare in possesso dei quaderni?
    Altro elemento. La maestra dice che qualcuno della famiglia voleva i quaderni. Un ispettore furbo non si sarebbe subito insospettito e seguito questa pista?

  • Esaminando il disegno, ad un certo punto l’ispettore ha un sussulto perché scopre che l’assassino ha strappato un pezzo di questo disegno. Quindi? Se ne
    accorge solo ora? Per quale motivo pensava che nel pezzettino mancante ci fosse un particolare importante che solo la maestra poteva ricordare?

  • La maestra esce dalla scuola alle sette di sera ma a giudicare dalla strada deserta sembra piena notte. Sorvoliamo sulla scena ridicola del portone con il vicino.

  • La maestra fa entrare lo zio omicida (vestito da maniaco) senza sospetti? Il maniaco poi va anche a farsi un giretto in casa. Consideriamo che è sera e che c’è una volante della polizia sotto casa.
    La scena nella casa della maestra è particolarmente delirante. Con il killer che si mette a girare mentre la maestra è immobile, poi quest’ultima scappa in un bagno e senza neppure chiudere la porta si fa massacrare. Infine il killer porta finalmente via i quaderni, ormai del tutto inutili.
    Viene scoperto che il killer è entrato con una statuetta in mano e per la ragazza non c’era nulla di strano?
    A che è servito l’omicidio della maestra? Il disegno lo aveva l’ispettore (preso dalla casella postale) e poi l’investigatore aveva già interrogato la ragazza ed esaminato i quaderni. Poi perché la maestra aveva portato i quaderni a casa? E perché non li aveva già presi l’ispettore per dimostrare che il disegno ritrovato era appunto di Stefania?
    Sarebbe stato più logico e sensato se l’assassino avesse cercato di uccidere la maestra prima, ma molto tempo prima.

  • Dall’interrogatorio dell’ispettore con i parenti della bambina scopriamo che Ottavio ha perso la mano in guerra, ma come abbiamo già visto abbondantemente in precedenza, il fratello di Alessandro Moroni usava normalmente entrambe le mani. Possibile che il killer abbia finto per tutti questi anni per sviare i sospetti e che nessuno se ne sia accorto?
    Durante l’interrogatorio Ottavio dice di non sapere nulla sulla sorte dell’uomo, ma considerando il caso piuttosto eclatante (era in prima
    pagina su tutti i giornali) difficile che non sapesse della sua morte, anche considerando il luogo dell’omicidio.

  • Lo zio scultore butta in un fiume la borsa con le sue creazioni ma non si capisce chi le ripesca. Probabilmente un estraneo ai fatti perché se fosse
    l’assassino sarebbe troppo ridicolo (come avrebbe potuto sapere dove si dirigeva Beniamino e ad anticiparlo?).
    Comunque le statue di cui Beniamino si sbarazza non c’entrano nulla con quella prelevata da Ottavio e utilizzata nell’omicidio della maestra e poi di Mattia. Sono simili nello stile ma nulla di più.
    Altro spunto: va bene che l’assassino è uno psicopatico ma credo che nessun commissario serio avrebbe pensato che il killer utilizzasse per i propri crimini qualcosa di così strettamente personale.

  • Il commissario “ha la certezza” che Stefania prima di morire riuscì a lanciare un SOS… lanciò un messaggio. Da dove viene questa certezza non si capisce. Solo perché una pietra rotola? Oppure è solo un bluff?
    Che uno specchio lanciato orizzontalmente si mette a ruotare per metri e metri come una ruota è tutto da dimostrare.

  • Peretti pensa che Mattia abbia raccolto lo specchio e va da lui, ma è preceduto da Ottavio (messo finalmente sulla giusta pista dal discorso fatto alla famiglia fuori dal bunker?).
    Eliminato Mattia, Ottavio va anche da Adele, ma che ne sapeva lui che era la fidanzata di Mattia e che quest’ultimo passava alla donna gli oggetti “femminili”?
    Adele poi la scampa ma possiamo dire che l’assassino la grazia e ovviamente non prende neppure lo specchio!

  • La scena finale è molto ad effetto ma considerando che abbiamo a che fare con un killer psicopatico non era più sensato e logico farlo arrestare subito? (il disegno bastava e avanzava per incastrare Ottavio, killer pelato, incravattato e con una mano sola). [/SPOILER]

Se ce l’avete fatta a seguirmi fino a questo punto e avete ancora voglia di parlarne o chiarire alcuni punti, ovviamente può solo che farmi piacere :wink:

Caro John non ho letto il tuo mastodontico intervento ma a suo tempo anche io avevo rilevato ed elencato una borsata di incongruenze. Ero stato cassato senza pietà con la motivazione che “ma sì, sono film di genere e qui e là”. Mah, di tutti i gialli che ho visto (e modestamente ne ho visti tanti) questo a incongruenze li batte davvero tutti. Ingranaggio infinitamente complicato per poter tappare tutti i buchi. Solo con Il grande sonno mi ero incasinato a questo livello. Insomma lo so che è paradossale ma direi che questo film te lo godi al massimo senza porti troppe domande.

Si, ho letto tutto il post dopo aver visto il film e dato che anche per me molte cose non tornavano mi sono divertito a smontarlo. In ogni caso sono assolutamente d’accordo con te. Il film funziona se non ti poni troppe domande e in ogni caso per mettere in luce tutti gli errori credo che l’unica strada sia guardarlo praticamente fotogramma per fotogramma e annotarsi via via tutte le cose più importanti… Comunque ho ribadito anch’io che è un prodotto assolutamente godibile nonostante le continue forzature. :wink:

A questa ti rispondo io:

l’omidio del Paradisi con la scavatrice viene commesso dall’operatore stesso, Anzuini, evidentemente pagato dal killer.
si vedono chiaramente tutte e 2 le mani (compresa la fede) e si nota che sia vestito di jeans. non è facile manovrare una scavatrice e staccare la testa ad un uomo, ci vuole qualcuno abile a farlo!!
è chiaro che poi, nel momento in cui l’Anzuini è andato a riscuotere il suo compenso, il killer lo ha ucciso per eliminare uno scomodissimo testimone e poi ne ha simulato il suicidio impiccandolo dopo averlo strangolato.
si nota chiaramente che il cadavere impiccato dell’Anzuini è vestito di jeans…
altrimenti dovremmo pensare che il killer ha ucciso l’Anzuini, si è sostituito a lui per manovrare la scavatrice (cosa che sanno fare tutti, no?) e si sia vestito esattamente come lui per confondere il Paradisi… :smiley:

[SPOILER]Si, avevo preso in considerazione l’idea che Ansuini poteva essere un complice, ma poi ho messa da parte questa ipotesi per diversi elementi:

  1. L’uomo era incensurato e per staccare la testa ad un uomo con la scavatrice probabilmente un po’ fijo de bona donna devi essere.
  2. Moroni ha rischiato di coinvolgere una terza persona senza avere la certezza che l’operaio avrebbe collaborato? E se l’operaio andava subito dalla polizia? E come ha fatto Moroni a sapere il nome dell’operaio ingaggiato da Paradisi?
  3. Poi come ha fatto a mettere fuori gioco l’Ansuini che era decisamente più forte di lui? Potrebbe averlo narcotizzato o colpito alle spalle ma in un autopsia questo si sarebbe subito scoperto.
  4. Anche Peretti non ha neppure lontanamente sospettato che poteva essere un complice del killer!!!

Insomma mi sembrava più credibile (!!) che Ottavio si fosse in qualche modo sostituito all’operaio provvedendo lui stesso al duplice omicidio.
Comunque che Ottavio abbia entrambe le mani perfettamente funzionanti si deduce anche nelle scene successive. :wink: [/SPOILER]

quello che è certo è che nel film chi manovra la scavatrice è proprio colui che viene trovato impiccato: ha gli stessi vestiti…
poi sul fatto che le mani funzionanti del killer siano 2 e non una è vero e si nota in alcune scene, però sono sempre guantate… l’assassino al posto della mano porta un moncherino nero, quindi potrebbe ipoteticamente “confondersi” con l’altra mano guantata… infatti lo spettatore non ci fa caso (se non ad una revisione successiva del film) e il colpo di scena finale del disegno con la mano mancante è una grande trovata.
invece nel delitto con la scavatrice si vedono perfettamente 2 mani nude.

comunque resta sempre uno dei migliori gialli italiani anni '70 nonostante adesso gli stiamo inutilmente facendo le pulci.

Ognuno utilizza i criteri che vuole per valutare i film e su questo nulla da dire, ma per me un buon giallo deve filare in ogni sua parte e non essere completamente campato in aria. Poi se basta riempirsi gli occhi tralasciando la coerenza di quello che ci viene mostrato ok… se mi sono messo a fargli le pulci non era certo per demolirlo, ma solo per eliminare un po’ di confusione nella mia testa… poi mi è sembrato utile condividere le mie “indagini” con gli amici del forum… :wink:

Mah, sì, insomma, dunque, vediamo.

Un film è un “flusso”. Un flusso visivo/narrativo. Una storia raccontata. Quando si interviene con forza sulla sua struttura “naturale” cercando di cavarne “momenti” dotati di propria “necessità & virtù”, si commette un “crimine”.

Un film difatti “non è” un uomo con i jeans al 178esimo fotogramma che deve essere lo stesso uomo con gli stessi jeans pure al 344esimo fotogramma. Manco un po’. Semmai un film è l’“idea” di un uomo che sia “riconoscibile”.

Se vi rivedete con attenzione “Diabolik”, scoprirete che ad un certo momento è in mezzo alla strada con la sua tuta nera, e che dopo un attimo è vestito diversamente.

Embeh?

Il film forse non funziona?

Qualcuno, notando che la tuta non era più quella, ha forse pensato che l’“uomo” non fosse più quello?

Nessuno… perchè seduti sulle vostre belle poltroncine della vostra sala preferita, chi mai si sognerà di bloccare le immagini per confrontare i fotogrammi? Tutti verrete assorbiti dalle sequenze successive, necessarie per costruire le logiche (o “illogiche”) a venire.

“Smontare” un film riducendolo ad una somma di avvenimenti “scontornati” è fare della pornografia. Nel suo significato più precipuo: cioè quello di riferirsi in continuazione a particolari e piazzarli sotto una lente d’ingrandimento. Poi si perde la giusta cognizione del “tutto”. Poi si intende un film come una “somma” di “jeans”, di “mani”, di “posture” e “tempistiche”. E poi va a finire che un film lo si tratta come si tratta una donna in un film pornografico, appunto. E cioè la donna diviene una somma di due (o più) capezzoli “sommati” ad una numero imprecisato di buchi sommati a loro volta ad un certo quantitativo di chiappe e bla bla bla. Ma una donna non è precisamente una “somma” di “componenti” che sennò ce ne andremmo tutti a letto con Jig, il robot d’acciaio.

Ed il discorso non si riduce esclusivamente alla ben nota questione del “tutto” e del suo valore differente da quello della somma delle parti.

Fra quello che uno sceneggiatore scrive e quello che si vede al cinema, c’è uno “spazio”. E’ quello spazio in cui la “scrittura” si incontra con le difficoltà della produzione, con i capricci del regista. Una sceneggiatura può pure filare liscia come la buccia d’un bimbo ma se sul set si è indietro con le riprese, manca un vestito, una comparsa o ben di peggio, beh allora può succedere che parte della coerenza dello sceneggiatore vada a sbattere contro le esigenze della “sopravvivenza”.

Pure nelle produzioni americane più “ricche” (quelle in cui lavorano centinaia di persone), capita di perdere “coerenza”.

E qui di che produzioni parliamo?

Qui parliamo praticamente sempre di co-produzioni italo-qualchecosa, con il budget ridotto all’osso di Fido e con la pellicola che costa un botto e che non si può sprecare.

Ma qui, poi, di che “genere” di cinema trattiamo?

Di quello con i colori del buio, o no? Di cinema “giallo”, o no?

E cioè di quel tipo di finzione su pellicola che da sempre ha costruito i suoi più bei pezzi sulle forzature e sui paradossi.

Ma quale “Suspiria”, ma quale “Uccello dalle piume di cristallo”, ma quale “Casa dalle finestre che ridono” potrebbe mai verificarsi se il mondo non fosse popolato da encefalitici psicolabili a palle moscie dominati dalle più bizzarre forze sovrannaturali?

Chi è quel fesso che se ne sta, tutto cagato, dietro uno stipite con una vocina di donnetta che gli sussurra minacce mentre un carillon suona la marcetta? Chi è quel pirla che se ne va pei boschi alle tre del mattino dopo che c’è stata una carneficina? E che cazzo di paese è quello in cui una baronia di preti demoniaci sevizia malcapitati nella più completa omertà?

Gente del genere, quaggiù nel mondo reale, non ce la farebbe nemmeno a farsi in auto la circonvalla milanese.

Oggidì, una normale bagascia di piazzale Lotto nella borsetta ci tiene: sfollagente, lama da 15, gas paralizzante, cellulare con tasto “schiacci-uno-ne-chiami-quindici”, fucile d’assalto componibile. Provateci voi ad andar lì con la mascherina di Freddy a farle paura. Quella, come minimo, vi paralizza l’uccello per l’eternità.

Se però vorrete divertirvi a cacciar “incongruenze”, errori etc. etc. etc., sappiate che il mondo è pieno di gimbo (“gimbo”, al plurale, rimane invariato. In alcuni stati del sud quali l’Arizona ed il Nuovo Messico si usa spesso la forma “gimbos”) che passano le giornate a scannare telefilm, film, documentari a caccia di “inesattezze”.

Può essere un passatempo, sicuro. Ma non può essere “il” metodo per giudicare “una storia”.

Quando stasera, rincasando, vi troverete un lupo nel letto con la cuffietta su per le orecchie, non siate così grulli da chiedergli perchè ha la orecchie così grandi. Semmai, chiedetegli perchè “parla”.

Visto di recente su Rai Movie in una bella edizione, probabilmente integrale perchè comprensiva di tutte le scene “forti”.

In quanto ai tanti (troppi) buchi di sceneggiatura penso che Marcello abbia ragione nel dire che il film va visto nel suo fluire. Gli esempi autorevoli non mancano: penso infatti a IL GRANDE SONNO, capolavoro pieno zeppo d’incongruenze che lo stesso Chandler, consultato in proposito, non seppe spiegare!!!

Nota:
nei titoli di testa è citata anche la Wendel Dovrebbe essere, anzi è senz’altro, la bambina del sequestro che si vede verso la fine del film. In un primo tempo però l’ho scambiata per la bambina che, a metà film, entra in scena tutta nuda per fare da modella al pittore!

Doppiaggio:
George Hilton: Pino Locchi
Salvo Randone: Arturo Dominici
Marilù Tolo: Rita Savagnone
William Berger: Giuseppe Rinaldi
Manolo Zarzo: Michele Gammino
Patty Shepard: Vittoria Febbi
Piero Lulli: Carlo Alighiero
Tullio Valli: Gianfranco Bellini
Alfredo Mayo: Bruno Persa
Corrado Gaipa e Dante Maggio si doppiano da soli
Francesco Di Federico: Luciano De Ambrosis
Enzo Fiermonte: Glauco Onorato

volevo intervenire rivolgendomi a chi smonta il film per le incongruenze e forzature. segnalo che in tutti (ma proprio tutti) i film gialli di Argento ci sono incongruenze e forzature anche maggiori. non per questo i suoi gialli (i primi tre piu tenebre) non sono dei bellissimi film.

addirittura in uno (il gatto a nove code) l’assassino fa fuori uno che si era dato alla fuga perchè principale sospettato degli omicidi in quanto coinvolto in una storia di spionaggio industriale (il dott. Brown), tutti sono convinti che l’assassino è questo brown e il killer cosa fa ? lo ammazza per eliminare questa falsa pista! un genio, non c’è che dire :smiley:

una cazzata narrativa che da sola vale tutte le forzature del film di Valerii

Visto ieri per la prima volta… solito giallazzo all’italiana di sesquipedale inverosimiglianza, con una mezza dozzina di false piste disseminate durante la visione. E però in qualche modo si arriva ad un ottimo finale, di grande impatto.
Mi sono letto volentieri il lungo e dettagliato post di John Koenig, e senza arrivare al suo delirio (:D) nel mio piccolo anch’io mi ero reso conto di un bel po’ di cappellate accumulate dalla sceneggiatura, ma siamo pur sempre in un tipo di film dove l’effetto conta cento, e la logica - se va bene - quattro o cinque al massimo. Anche se io preferisco nettamente i film dove la storia fila senza sbavature, e difatti i gialli lenziani/valeriiani del periodo non mi hanno mai esaltato più di tanto.

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anche secondo me il film seppur con caverne di sceneggiatura abbissali funziona ottimamente! direi che il terribile delitto iniziale e’ uno dei piu’ efferati mai visti su un film non horror

Avevo rimosso questo topic e avevo rimosso l’incredibile post dove vengono fatte le pulci alla sceneggiatura!
Prometto che domani inoltro tutto a Roberto Leoni e vi faccio sapere che dice.

Roberto è una delle migliori persone che io abbia incontrato facendo questo lavoro e col tempo è diventato anche un caro amico. Sono certo che si divertirà da matti a leggere il topic.

Io a questo film non chiedevo rigore cartesiano (così come non lo chiedo ai film di Argento) e l’ho sempre trovato affascinante sia per la messa in scena che per la storia.
Le incongruenze (che certamente ci sono) non mi hanno mai dato particolare fastidio e il fatto che il film funzioni alla grande nonostante tutto è un grande pregio. Almeno secondo me, eh!

A me piace abbastanza, tra gli epigoni argentiani resta una delle riuscite più efficaci. Più che a livello di sceneggiatura, direi che qualche incongruenza la notavi nella messa in scena (in alcune sequenze si vede benissimo che il killer usa benissimo entrambe le mani) ma a distanza di anni un bel “chissene” mi esce spontaneo; come avete ribadito già voi il thrilling all’italiana se ne fregava della verosimiglianza a tutti i costi e lo amavamo anche per quello.

Quando devi realizzare un film in poche settimane, con pochi soldi e con quelle trame intricate o surreali che dir si voglia che componevano i gialli “argentiani”, vedi se tu, regista, stai a preoccuparti se hai girato tutto liscio come l’olio.

Qualcuno sa dirmi se l’edizione tedesca X-Rated usa lo stesso master della Cecchi Gori o se ci sono differenze?