Titolo: Quinto Potere (Network)
Regia: Sidney Lumet
Anno: 1976
Paese: Usa
Durata: 121’
Cast: William Holden, Peter Finch, Faye Dunawat, Ned Beatty, Robert Duvall
Produzione: MGM
“Sono incazzato nero e tutto questo non lo accetterò più” … Quinto Potere è un film che se fosse uscito al cinema stamattina anziché 36 anni fa sarebbe stato mostruosamente attuale e lucido. Una tirata d’orecchi satirica e grottesca al mondo dei Media, della tv in particolare, ma anche dei teleutenti, the people, la gente, le persone, in ultima analisi, la nostra marcia società.
Molteplici le sfumature e o piani di lettura; è indubbiamente un film drammatico, ma nella sua rappresentazione grottesca e paradossale della società mette in luce anche elementi amaramente ironici. Ha un taglio epico nella narrazione, e scivola progressivamente su di un piano quasi fantastico, metaforico, satirico. La voce fuori campo che chiude per mezzo di una lapidaria battuta sarcastica ne è la riprova.
Il cast è pura leggenda, Peter Finch è insuperabile come “pazzo profeta dell’etere”, un messia spiritato, esaltato, infoiato, apocalittico, che tuttavia esprime concetti assolutamente lucidi e condivisibili, per quanto generici e un po’ qualunquisti. La recitazione di Faye Dunaway inizialmente mi pareva troppo teatrale, “mucciniana”, ma approfondendo le paranoia del suo personaggio l’ho trovata invece assai appropriata. Grandi anche Robert Duvall e Ned Beatty; William Holden (doppiato da Massimo Foschi/Dart Fener) è forse il personaggio meno riuscito, la sua funzione è chiaramente quella del grillo parlante, la coscienza che ha ancora qualcosa di umano, ma ambiguamente infligge dolore proprio al suo prossimo più vicino, provando attrazione per qualcosa di demoniaco che incarna il suo esatto opposto umano; tuttavia ne è irrimediabilmente attratto, come dalla forza gravitazionale di un distruttivo buco nero. Il suo personaggio dunque pare un po’ schizofrenico, impotente e/o indolente, e al contempo romantico ed appassionato.
Molti momenti gelano il sangue, ad esempio: quando la Dunaway persino durante le effusioni amorose ed i rapporti sessuali non fa altro che parlare di lavoro, sembra proprio eccitarsi citando indici di ascolto e successi di marketing. O quando, con assoluta serenità e freddezza viene proposto e subito accettato l’omicidio di Beale, come fosse una qualsiasi strategia commerciale di rilancio dell’azienda
Il film è parzialmente ispirato al suicidio di di Christine Chubbick, news reporter ammazzatasi in diretta il 15 luglio del 1974, due anni prima di Quinto Potere. Così come il personaggio della Dunaway sembra avere a che fare con Lin Bolen, responsabile dei programmi della NBC dal '72 al '78. La critica espresse giudizi opposti, chi ne fu entusiasta, chi accusò il film di peccare degli stessi peccati che intendeva stigmatizzare, sensazionalismo, qualunquismo, retorica, spettacolarizzazione.
Sbalorditivo come la visione di Lumet e dello sceneggiatore Chayefsky fosse lungimirante. Una cosa è certa, senza Quinto Potere il Celentano televisivo non sarebbe mai esistito.