Ore 15:17 – Attacco al treno (The 15:17 to Paris - Clint Eastwood)

Molto prima del nuovo Tarantino, esattamente l’8 Febbraio, uscirà la nuova fatica dell’immenso Clint. Racconterà la storia di Spencer Stone, Anthony Sadler e Alek Skarlatos, tre ragazzi americani che riuscirono a sventare un attacco terroristico su un treno diretto a Parigi il 21 Agosto 2015. I tre giovani sono interpretati dai protagonisti della vicenda. Ecco il trailer

[video]https://youtu.be/-J6axLCa-Ao[/video]

Inutile dire che sono già a cazzo duro

A parte i dettagli sul tuo priapismo che interesseranno forse a :pollanet:, debbo dire che il trailer intriga non poco pure a me.

Erezioni improvvise a parte, poco da aggiungere: visione imperdibile. Del resto è Eastwood. Che nel 2018 farà i suoi bei 88 anni. E come per “Sully”, anche stavolta “la fine è nota”, ma non importa…

me la ricordo la storia dell’attacco al treno, roba da credere agli amichetti verdi di Columbro.
3 marines che fanno i turisti e che per caso si trovano su un treno con un terrorista imbranato e sventano il diabolico piano salvando l’occidente, con tanto di ripresa allegata.
materiale scarsissimo anche per la Cannon Films.

Ci voleva Joseph Zito!

A marzo 2015 ero su quel treno e qualcosa bolliva già in pentola perché poliziotti con cani lupo facevano continuamente su e giù per i vagoni. Quando infatti poi seppi la notizia mi fece un certo effetto.

Davvero? Cazzius abbiamo l’insider allora!!!

Bella recensione di Gervasini sul “Film tv " uscito oggi. E bella pagella: fra i più entusiasti, Mazzarella con un lussuoso 10. Mazzarella, che tre anni fa definì “American sniper” come " fascista”. Segno che Eastwood non è certo “fascio”. Al massimo, direi piuttosto che taluni critici sono schizofrenici. E un tantino stronzi…

Visto a Londra in un Empire in via di ristrutturazione.

Incredibile, non ho altre parole.

Clint Eastwood ce l’ha fatta ancora, ha preso 4 scappati di casa veri, le immagini di un viaggio in Europa e, ne sono fiero ed orgoglioso, in Italia , una storiellina semplice semplice ed ha creato un film assolutamente potente, fortissimo, intimo, che ti entra sotto la pelle e non ti lascia più, che ti commuove da farti male agli occhi e lasciarti le occhiaie per le successive 6 ore. Le letture di questo film sono incredibili, e molteplici e quella che più mi piace oltre all’immancabile motivo del viaggio, è che gente tutto sommato ordinaria, con piccoli e grandi difetti e problematiche , snobbata dai più, è in grado di compiere supremi atti di umanità, eroismo, fratellanza ed amore. Il messaggio positivo che lascia è qualcosa di incredibile e , posso dirlo, questo film è riuscito a cambiare in meglio la mia vita molto più di qualsiasi altra cosa e sono grato ancora al grande maestro Clint. Oltre alla scena madre del treno da non perdere una delle prime scene Il colloquio delle due madri sole dal preside. Musiche commoventi e dolcissime, Indescrivibile, da vedere, forse non in un momento di vulnerabilità psicologica.

Talmente naif da risultare commovente.
Così ovvio ed elementare, da apparire quasi complesso.
Ore 15:17 maneggia una materia metanarrativa dai mille interrogativi, ma riesce a rendere il tutto clamorosamente privo di spessore, da farti pensare che no, che ci debba essere sotto una grande riflessione. Così bene annidata che ci voglia un segugio per scovarla.
L’idea che tre semplici, o sempliciotti, ragazzi americani vengano riportati a vivere in un film l’unico vero grande evento della loro esistenza, l’accadimento per il quale tutta la loro vita era stata predisposta, trova riflesso in una posticipazione infinita dell’appunto momento eroico, con una narrazione che si concentra invece sulla loro traballante maturazione.
Le parti di loro tre bambini, in un’America divisa tra valori cristiani e culto infantile della guerra, hanno dialoghi da terza elementare, con preside, professori e madri che sembrano usciti dal libro ‘Come costruire il più insignificante, trito e fasullo dei bozzetti’.
Il viaggio in Europa, con battute e situazioni di una sconfortante banalità - non la banalità della vita vera, ma quella del cinema che scimmiotta la realtà - mi ha fatto sognare di rivedermi per l’ennesima volta i 4 minuti di viaggio di Victor in Europa ne Le regole dell’attrazione.
Il finale, con le riprese di loro tre con Hollande e la colonna sonora strappalacrime, è una roba da non credere.

Però, in tutto ciò, soprattutto nel personaggio di Spencer, c’è una specie di verità, che davvero forse è la verità dei semplici, dei modesti, di quelli che sognano di fare gli eroi pur non essendovi portati, che davvero mi ha commosso. Quando lui è in stazione, ferito, e ricorda le sue preghiere di bambino che chiedeva a Dio di potersi rendere utile per il bene degli altri, beh, vedendo quel ragazzo sgraziato finalmente felice, io avevo le lacrime agli occhi.

E in fondo il cinema è anche questo: emozione.
Per cui, anche in un film francamente modesto per moltissimi, troppi, aspetti, ci sono barlumi di quella sincerità che risplende nel cinema migliore di Eastwood.

P.s.: a chi dà 10 a questo film, farei una domanda molto semplice: non dico ad Arancia Meccanica, non dico a I sette samurai, dico solo restando nel cinema di Eastwood, che diavolo di voto daresti a Mystic River, a Million Dollar Baby, a Bird, a Gli spietati, a Lettere da Iwo Jima? 20?

Talmente naif da risultare commovente.
Così ovvio ed elementare da apparire quasi complesso.
Ore 15:17 maneggia una materia metanarrativa dai mille interrogativi, ma riesce a rendere il tutto clamorosamente privo di spessore, da farti pensare che no, che ci debba essere sotto una grande riflessione. Così bene annidata che ci voglia un segugio per scovarla.
L’idea che tre semplici, o sempliciotti, ragazzi americani vengano riportati a vivere in un film l’unico vero grande evento della loro esistenza, l’accadimento per il quale tutta la loro vita era stata predisposta, trova riflesso in una posticipazione infinita dell’appunto momento eroico, con una narrazione che si concentra invece sulla loro traballante maturazione.
Le parti di loro tre bambini, in un’America divisa tra valori cristiani e culto infantile della guerra, hanno dialoghi da terza elementare, con preside, professori e madri che sembrano usciti dal libro ‘Come costruire il più insignificante, trito e fasullo dei bozzetti’.
Il viaggio in Europa, con battute e situazioni di una sconfortante banalità - non la banalità della vita vera, ma quella del cinema che scimmiotta la realtà - mi ha fatto sognare di rivedermi per l’ennesima volta i 4 minuti di viaggio di Victor in Europa ne Le regole dell’attrazione.
Il finale, con le riprese di loro tre con Hollande e la colonna sonora strappalacrime, è una roba da non credere.

Però, in tutto ciò, soprattutto nel personaggio di Spencer, c’è una specie di verità, che davvero forse è la verità dei semplici, dei modesti, di quelli che sognano di fare gli eroi pur non essendovi portati, che davvero mi ha commosso. Quando lui è in stazione, ferito, e ricorda le sue preghiere di bambino che chiedeva a Dio di potersi rendere utile per il bene degli altri, beh, vedendo quel ragazzo sgraziato finalmente felice, io avevo le lacrime agli occhi.

E in fondo il cinema è anche questo: emozione.
Per cui, anche in un film francamente modesto per moltissimi e marcati aspetti, ci sono barlumi di quella sincerità che risplende nel cinema migliore di Eastwood.

P.s.: a chi dà 10 a questo film, farei una domanda molto semplice: non dico ad Arancia Meccanica, non dico a I sette samurai, dico solo restando nel cinema di Eastwood, che diavolo di voto daresti a Mystic River, a Million Dollar Baby, a Bird, a Gli spietati, a Lettere da Iwo Jima? 20?

Discorso generale, senza aver visto il film: anch’io fatico ad accettarlo, è un modo di fare critica irritante, ma è una partita persa. Gli interessati ti risponderebbero che quello dei voti è un gioco, o che bisogna prendere posizione nella vita, pro o contro. E poi, come sappiamo, c’è chi decide quei 10 già a priori, per politique des auteurs, leggendo il nome del regista.

Mazzarella, in uno degli ultimi "Film tv ", ha ribadito che i voti dei critici sono “un gioco”. Uno zero o un dieci, in pratica, sono "relativi ". Bella cazzata : quando andavo a scuola, un 0 e un 10 erano una cosa MOLTO differente. E non era affatto "un gioco ". La penso allo stesso modo quando si tratta di giudicare un film…

A me onestamente ha fatto calare la palpebra, salverei giusto la prima parte con l’infanzia dei protagonisti e la scena dell’assalto al treno. Delle pagelle critiche fottesega, della schizofrenia (spesso mercenaria) dei sopracitati autori delle pagelle idem.


Con la differenza che uno zero a scuola ti rovinava l’estate, onestamente non so quanto a un regista possa fregare se gli stronchi il film. A me come spettatore importa nada delle rece, alcune sono talmente assurde che mi domando se abbiamo visto lo stesso film io e il critico; per molti altri spettatori credo sia lo stesso, generalmente funziona più il passaparola.

Onestamente l’ho trovato indifendibile, con momenti realmente atroci.
Nemmeno mi va di spenderci altre parole, per me è probabilmente il nadir registico di Eastwood.

Addirittura? Allora devo vederlo per forza :smiley:

Stavo pensando che sarebbe stato più cult un titolo tipo Paris 1517, scimmiottando pelham 123, citazione che magari in pochi avrebbero capito.

3:10 to Yuma.
Ma temo che là chiamino così tutti i treni, cioè ora - destinazione.

Anche a me vien voglia di vederlo, perché un film di eastwood proprio brutto brutto faccio fatica a immaginarlo.