Pet Shop Boys - live at O2 Arena, Londra

Ho qualche giorno di ferie, cerco un volo economico dal più vicino aeroporto, un alberghetto cheap e possibilmente in posizione funzionale e via che mi sparo 4 giorni nella capitale britannica, da me non amata affatto, ma comunque accessibile e piena di cose da fare e da vedere.
Mi sbatto da nord a sud, da est ad ovest con la Tube alla ricerca di location cinematografiche arrivando persino ad Oxford e venerdì sera, visto che ero in orario decido di andare a questa benedetta O2 arena a vedere se trovavo il biglietto per il duo britannico anni 80.

Non sono un fan ipergalattico dei Pet Shop ma sin da quando ero piccolo, negli anni 80, mi sono sempre piaciute le loro canzoni. Non una, non due ma parecchie canzoni, per cui non era solo uno sfizio che volevo togliermi ma un concerto che potenzialmente poteva piacermi parecchio.
L’ultimo album non l’avevo mai ascoltato ma ne avevo sentito parlare bene.
La O2 arena è qualcosa di fantascientifico: questo tendone enorme le cui proporzioni non sono concepibili finchè non ci si è dentro, da fuori sembra basso, in realtà è altissimo, e sembra basso perchè il diametro è enorme.
Il palazzetto occupa solo una piccola parte del tendone, il centro, e solo lui è decisamente più grande del forum di assago…
al momento dell’inizio del concerto il palazzetto è pieno, il palco piuttosto minimale ma nel corso dell’esibizione succederanno diverse cose che cambieranno l’aspetto dello stage tutto basato su dei cubi bianchi che venivano composti di volta in volta in base al tema della canzone e che fungevano anche da schermi su cui proiettare video o effetti.
Per forza di cose la parte visual doveva essere molto curata, non essendoci musicisti se non il solo Chris Lowe alle tastiere.
La voce di Neil Tennant, 55 anni, è rimasta tale e quale agli anni 80 e la scaletta è quanto di meglio ci si potrebbe aspettare. Assieme ai brani migliori del nuovo album, i grandi classici, da Heart in apertura a West End Girls in chiusura passando per It’s a Sin, Suburbia, Go West e altre chicche più rare. Ben riuscita anche la versione di Viva la Vida dei Coldplay (unica canzone che mi piace) con inserti di Domino Dancing.
La gente era tantissima ma piuttosto moderata, la serata piacevole e la sensazione è stata quella di aver assistito ad uno spettacolo piuttosto unico nel suo genere, non di una ex-band riformatasi per denaro ma di un duo in piena attività che sa come si scrivono le canzoni e sa come si producono.

Tornato in Italia mi sono procurato Yes, il fresco fresco nuovo album e confermo il giudizio positivo che avevo dato alle canzoni sentite dal vivo.
Apprezzo molto di più chi sa scrivere delle canzoni come loro di chi lavora esclusivamente sui suoni per mascherare con effetti speciali la mancanza di un’idea di fondo. Ovviamente disprezzo ancora di più chi si maschera dietro la tenda dell’Indie e spaccia un suono brutto come un suono “sperimentale” e rifiuta la melodia e va avanti a suon di dissonanze, modo piuttosto semplice per scappare dalla negazione di avere un vero talento musicale.
Onore quindi al pop orecchiabile e immortale dei Pet Shop Boys.