Il fulcro di questo complesso lavoro del messicano Reygadas è la famiglia composta da Juan, la moglie Natalia (la vera moglie del regista) ed i due figli piccoli. Decidono di trasferirsi in un contesto più tranquillo, lontano dalla civiltà ed a stretto contatto con la natura. Come tutte le coppie ci sono gioie ed anche molte incomprensioni, il marito per esempio è ossessionato dal sesso ed ha questo squilibrio mentale che lo porta a picchiare selvaggiamente il cane. Poi ci sono gli squilibri che una famiglia borghese e dall’immagine ricca ed esteticamente vincente provoca all’interno di una comunità più ‘arretrata’.
Insomma, è un soggetto semplice e lineare sulla carta, la sua discontinuità si mostra attraverso un racconto senza una cronologia, scene e situazioni avvengono attraverso archi temporali differenti, ci si accorge di questo dettaglio attraverso l’aspetto dei due bambini.
E’ una pellicola estremamente surreale e filosofica, almeno ha queste pretese perchè personalmente l’ho trovato un tantino stucchevole e non particolarmente riuscito. Va bene lanciare messaggi criptici, ermetici e capaci di scatenare innumerevoli interpretazioni ma questo PTL mi ha lasciato con un grande punto interrogativo. Senz’altro possiede delle cose interessanti, l’ho visto la scorsa settimana e conservo tutto sommato dei ricordi vivi. Girato in 4:3 con uno strana vignettatura per quasi tutta la durata del film. come se l’obiettivo fosse un fondo di bottiglia.
Allego anche il trailer per farvi un’idea più ampia dello stile di Reygadas che a tratti ricorda l’austriaco Seidl.