Titolo: Nodo alla Gola (Rope)
Regia: Alfred Hitchcock
Anno: 1948
Paese: Usa
Durata: 80 minuti
Cast: John Dall, Farley Granger, Joan Chandler, Cedric Hardwicke, James Stewart, Douglas Dick
Produzione: Warner Bros
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Nodo alla Gola (aka Cocktail per un Cavadere) è un interessante esperimento di Alfred Hitchcock. Tratto dalla pièce teatrale dell’inglese Patrick Hamilton, a sua volta ispirata ad un vero fatto di cronaca avvenuto a Chicago, il film venne riadattato per gli States. Hamilton infatti parlava esplicitamente di omosessuali e aveva diviso i suoi personaggi secondo una visione classista e un po’ snob tipicamente albionica. La Warner Bors al solo pensiero di mettere dei soldi in un film con degli “invertiti” tremò fino alle fondamenta, e costrinse Hitchcock a rieditare una sceneggiatura nella quale la parola “omosessualità” non venisse mai pronunciata, “quelli” non dovevano esserci nel film. Il vecchio Alfie si affidò al suo team di fiducia, trattamento e sceneggiatura vennero limati e controlimati, col risultato che il film suggeriva chiaramente un rapporto omosessuale pur senza esplicitarlo mai.
Tecnicamente Rope è una vera impresa; onde ricreare l’effetto “teatro”, Hitchcock voleva girare il film come fosse un flusso unico, una sola ripresa dall’inizio alla fine della storia, ovviamente nel rispetto di unità anche di spazio e luogo. I rulli delle pellicole però duravano solo 10 minuti; Hitchcock girò quindi molteplici piani sequenza che ogni 10 minuti, con un trucco, dovevano interrompersi (un ossimoro, poiché il piano sequenza è tale proprio perché non ha interruzioni). Oggi, l’espediente usato da Hitchcock può apparire plateale e grossolano, ma per il 1948 era molto fine; al termine del rullo Hitchcock zoomava sulla schiena dei personaggi, fissandosi sulla giacca per poi allargare nuovamente l’inquadratura e proseguire la scena; apparentemente ciò dava l’idea di un semplice movimento di macchina, in realtà tutto il set si fermava, e riprendeva poi esattamente da quel punto. A suo modo geniale.
Per consentire agilmente i movimenti della macchina da presa, arredi e scenografie venivano spostati in tempo reale, durante la recitazione (Stewart infatti si lamentava di rumori assordanti).
Molto originale anche lo sfondo della stanza, una finestra che dava su New York, un “cyclorama” (una perfetta riproduzione in miniatura di 35 miglia del profilo di New York illuminato da 8000 lampadine a incandescenza e da 200 insegne al neon per le quali erano stati utilizzati 150 trasformatori). Un particolare relegato in background, ma incredibilmente cervellotico (e realistico).
Alla sua uscita il film fu male accolto, alcune associazioni sociali ed educative americane ne condannarono il contenuto indicandolo come pericoloso, in Europa alcune sale si rifiutarono di proiettarlo, pretendendo dalla Warner la sostituzione con un’altra pellicola.
La versione italiana ed il relativo doppiaggio stravolgono il senso dell’omicidio: nella versione originale i due assassini commettono il delitto per il puro piacere estetico di compierlo, mentre nella versione italiana i dialoghi incespicano su una presunta non intenzionalità, una fatalità inspiegabile, visto che vediamo chiaramente Granger e Dall strangolare fino alla morte la vittima, con tanto di guanti infilati, giusto per dire che la “fatalità” era ampiamente premeditata.