Shame - Steve McQueen, 2011


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Grandissimo film dell’ottimo Steve McQueen (non è QUEL Steve McQueen, ovviamente, è un omonimo) che conferma quanto di buono si era visto nel precedente (e notevole) “Hunger”.
È un bellissimo film sul vuoto esistenziale, sulle dipendenze (non certo solo dalla dipendenza dal sesso, come potrebbe sembrare ad una visione superficiale, il film ha un significato universale), sull’incomunicabilità e sulla solitudine.
È la storia di Brandon, newyorkese che cerca di colmare i vuoti della sua vita con il sesso in tutte le sue forme, da rapporti con prostitute a quelli con ragazze trovate nei bar, passando per ogni tipo di pornografia (cartacea, online…) e per una masturbazione compulsiva. Mi spiace per quelli che trovano che questo film sia solo la storia di un segaiolo erotomane. In realtà è un film dal respiro molto più ampio, dolorosissimo e senza speranza (stupendo il finale), costruito e scritto con intelligenza e tecnicamente davvero ben fatto. Non è affatto un film sulla sessodipendenza, non solo almeno.
Bello anche come i momenti migliori siano quelli di attesa (o, meglio, di vuoto) tra una scopata (o una sega) e l’altra. Certo, anche i momenti di sesso sono momenti di vuoto ma è un vuoto diverso (o forse no?). Comunque, a questo proposito, mi è piaciuta molto la scena della corsa notturna.
L’unica perplessità me l’ha data la scena che dovrebbe rappresentare lo zenith del degrado: il pompino omosex.
Mi è sembrata forzata e di cattivo gusto, nonché pure un po’ omofoba.

In ogni caso bravissimo (e coraggioso) Fassbender e brava anche la Mulligan, che fa molta tenerezza.

È davvero un bel film, recuperatelo perché merita davvero.

non mi è piaciuto per nulla e sono veramente sorpreso degli apprezzamenti pressochè unanimi ricevuti da questo noiosissimo film

non sono tra quelli che ci vedono la storia di un depravato, anzi se così fosse il film sarebbe una merda assoluta, mentre invece si sforza di raccontare un disagio (o meglio due) ma purtroppo non mi ha coinvolto minimamente

alla fine il contenuto è veramente ridotto all’osso e i virtuosismi del regista non è che mi abbiano impressionato

Il film avrebbero potuto benissimo intitolarlo anche The Addiction, come il film di Abel Ferrara, nello speciale all’interno della rivista di cinema Rifrazioni, Sabrina Foschini ha intitolato il suo articolo “La vergogna di vivere”, molto bello anche questo, invece nell’altro articolo a firma Margherita Palazzo si fanno interessanti accostamenti a Fuoco fatuo di Louis Malle, per lo stesso tema della dipendenza, ma anche per affinità più sottili, tipo la musica, se in Fuoco fatuo era Satie ricorrente nel film, invece in Shame è Bach a ripetersi. Mi sono ritrovato molto nei dolori del protagonista, la dipendenza dalla pornografia e del sesso nelle sue varie forme, e soprattutto il medesimo senso dl vuoto della vita, anche perché per dirlo con le parole del poeta Ivano Ferrari “Niente seghe siamo spettri”.

Uno dei film più belli che ho visto negli ultimi anni. Ci sono tutti gli aggettivi adatti al caso, elementi negativi che danno un valore alterato alla pellicola. Crudo, spietato, tremendo, amaro e freddissimo. Le tonalità sono sempre molto fredde e metalliche.
Il personaggio di Brandon in superfice sembra realizzato, un ottimo lavoro, una bella casa, una presenza invidiabile ma nell’intimo fortememente negativo. Incapace di amare se stesso e di provare sentimenti costruttivi. Infatti il rapporto con la sorella è drogato da qualcosa e l’unico rapporto dettato da sentimenti più puri con la collega di colore vira nell’impotenza di una incapacità di andare oltre. Tra l’altro dopo averla cacciata fuori si sfoga con ‘successo’ con una prostituta dopo qualche minuto.

Sono d’accordo con Brass che definirlo superficialmente un film sulla dipendenda da sesso è scrorretto, c’è un rapporto conflittuale con una serie di elementi più vasti e di più ampio respiro.
Grandissimo film ma non mi sento di consigliarlo a tutti, personalmente mi ha lasciato un amaro molto spesso e solido.

io sono rimasto abbastanza perplesso: dopo la bellissima sequenza iniziale muta sulla metro il film lentamente inizia a cadere nel facile effettismo e nel vojeurismo per signore raggiungendo la punta più bassa e irritante con la scena omosex girata come diceva anche Brass in maniera discutibile. E il dramma che colpisce il protagonista appare un po’ troppo annunciato e non particolarmente coinvolgente. Comunque merita di essere visto, sopratutto perchè appunto stimola al dobattito e alla riflessione, e di questi tempi per un film non è così usuale.

Visto ieri sera, sono più dalla parti di johnnyb: il film è sicuramente girato e interpretato benissimo, con molti momenti ad effetto, ma non mi ha coinvolto del tutto, a parte un disagio costante per i personaggi. Però volendo parlare di film sulla dipendenza, allora gli preferisco nettamente quel capolavoro di Requiem for a dream. Bravissimi tutti, ovviamente mostruoso Fassbender che si dona completamente, ma anche Carey Mulligan, bravissima quando canta, e infatti la reazione dei due attori è assolutamente vera:

The scene where Brandon hears his sister sing in the restaurant was shot in real time. James Badge Dale and Michael Fassbender had never heard Carey Mulligan sing before so their reactions were real. The scene was shot at 3 a.m with cameras focused on all 3 performers at the same time.

Però varie cose, oltre a quella citata da Brass, mi hanno fatto storcere il naso, alla fine sarà che non apprezzo particolarmente l’abusatissima contrapposizione eros-thanatos, un trucco inculcatoci in testa dalla religione cattolica per meglio controllarci, e sono più per la filosofia brassiana (quello vero) sul sesso. E infatti ho detestato il telefonatissimo prefinale con lei che prova a suicidarsi.

Comunque un film coi controcazzi, che non ti lascia indifferente e ti fa riflettere.

Ah, pare che qualcuno abbia voluto imitare la scena dell’hotel, ma il vetro non abbia retto:

The sex scene with Michael Fassbender and Amy Hargreaves pressed against the glass of a room window in Manhattan’s The Standard hotel was actually filmed above a busy street during the day. Spectators watched while the two actors, in the nude, smiled and waved at them from the hotel room above between takes. Since the Standard Hotel opened in New York in 2009, it has become notorious for its guests engaging in public sexual activity in front of their rooms’ windows, sometimes for the entertainment of audiences on the street or in the High Line park below the building. This phenomenon has been documented in articles in New York Magazine, The New York Post, and The Observer, among other publications. In 2013, a Chinese couple fell to their deaths while reenacting this scene, when the window they were leaning against gave way.