I membri della famiglia Merrye soffrono di una rarissima condizione che li porta già giovanissimi a regredire mentalmente; l’autista di famiglia fa del suo meglio per tenere sotto controllo le due ragazze e loro fratello ma le cose si complicano con l’improvviso arrivo di lontani parenti e un avvocato per questioni di eredità.
Non la definirei la più matta storia mai raccontata, credo non lo fosse neanche nel ’67 quando uscì il film, ma l’appagamento narrativo è più che soddisfatto; il film sa conquistare fin dalle prime inquadrature, per messa in scena, atmosfera, cura formale e sostanziale – è facile, voglio dire, lasciarsi conquistare.
Durante la visione tanti sono gli echi di prodotti passati ma soprattutto futuri - e mi sono chiesto quanti dei semi lanciati qua e là nella pellicola abbiano fatto maturare frutti in film arrivati dopo.
Non è prettamente un horror, anche se sa colpire duro quando vuole ed è chiaro che potrebbe fare più paura se solo volesse; e non è una commedia, anche se sa divertire e si capisce che potrebbe fare più ridere se scegliesse di farlo; e ci sono anche diversi momenti sensuali, e non solo quelli più dichiarati, ma anche tanti altri più sottili – e anche qui, potrebbe insinuare di più se volesse.
Ecco, il film si regge benissimo su questo equilibrio, e il meccanismo funziona: il montaggio è quello giusto, la fotografia è quella giusta, i dialoghi sono quelli giusti, perfino il finale è quello giusto.
Per me, un gioiellino.