Strage di Erba

per quanto questi ordinari massacri sparati sui media a reti unificate mi hanno veramente rotto il cazzo e cerco di evitarli, è impossibile starne fuori

sono sincero a parte l’assurdità del presunto movente sono stato perplesso assai nei giorni scorsi dall’atteggiamento molto distaccato e misurato che hanno avuto i ‘sopravvissuti’ di questa strage, in primis il tunisino e il padre/nonno di quelle poverette sgozzate come i capretti, e mi era venuto più di un dubbio sul fatto che loro non c’entrassero assolutamente niente

poi sarà un discorso ipocrita e facilone, però facendo parte di uno stato e una società sedicente civile è ovvio che aldilà di augurarsi che questi due dementi marciscano in galera tocca anche augurarsi che nessuno al gabbio gli faccia del male e che si risponda con la civiltà alla loro pazzia

però a livello prettamente personale il tunisino lo capisco e anzi adesso anche la cosa mi pare essere rientrata nei canoni della logica umana

perchè se a me il tipo del piano di sotto mi fa una cosa del genere per un motivo del genere è difficile che possa vivere ancora per un motivo diverso dall’aspettare il momento in cui riesco a mettere le mani addosso a loro per staccargli la testa e giocarci a pallone o per strappargli il cuore con le mani

La confessione:

http://www.repubblica.it/2007/01/sezioni/cronaca/erba-2/racconto-bazzi/racconto-bazzi.html

Premettendo che non ho alcuna intenzione di difendere o giustificare la barbarie compiuta dai due, che al limite potevano vendere il loro appartamento e stabilirsi da qualche altra parte, voglio fare una considerazione personale: quella dell’uomo “animale sociale” è una favola. L’uomo è sociale quando più gli pare e piace, o gli conviene, e il diritto alla propria, assoluta, intimità è sacro. E’ doveroso tollerare l’altro nei momenti di socializzazione, voluta o forzata (sul lavoro, sui mezzi pubblici, nei luoghi di aggregazione in generale), anche perche’ la tolleranza dell’altro non è una concessione esclusiva, ma reciproca, visto che allo stesso tempo si è tollerati dagli altri. Però nei momenti in cui uno ha bisogno di restare solo, nella propria intimità, senza l’intrusione di suoni, rumori e odori altrui, deve avere la possibilità di farlo. Per questo la propria abitazione privata è un simulacro della sacra intimità, che dovrebbe garantire l’isolamento, perlomeno acustico, dagli altri. Sono per la proprietà privata dell’abitazione, che deve garantire l’isolamento acustico (non come i moderni palazzoni, con le pareti divisorie in carton-gesso…) e sono favorevole ad ogni disposizione volta a proteggere l’intimità della casa, anche a quelle “violente” come quella sul diritto di sparare ad un ladro d’appartamenti (m’importa una sega del motivo che lo spinge a violare la mia intimità). Uno dei miei più grandi incubi è quello di essere costretto a convivere 24h/24 con estranei, senza avere la possibilità di isolarmi nemmeno per un attimo, e sono felice di vivere in campagna, con tutti gli svantaggi che ciò comporta, ad esempio a livello lavorativo.

Un bel commento sulla vicenda:

http://www.repubblica.it/2007/01/sezioni/cronaca/erba-2/romagnoli-erba/romagnoli-erba.html

L’accolita dei rancorosi…

potrei essere in parte d’accordo con te ma neanche tanto però

nel senso che posso comprendere il disagio e l’incazzo di chi per proteggere la propria intimità e privacy si ritira a vivere a monculo e un bel giorno casomai si ritrova una superstrada davanti alla finestra o la tav sotto il cesso, lì lo stato avrebbe il dovere di indennizzare degnamente il sopruso che compie nei confronti del singolo

però di vivere in città in un appartamento o comunque a contatto con altri è una scelta che si compie liberamente e il fatto di tollerare gli altri implicitamente ammettendo che ne deriva anche una limitazione della propria intimità non è più una scelta ma un obbligo

se assolutamente non ti va di prendere calci nessuno ti obbliga a giocare a pallone e ci sono sempre per i renitenti il ping pong, le freccette e il tressette, se giochi a pallone sai che puoi tornartene a casa con una caviglia abbottata e amen

in quasi quaranta anni che vivo in appartamento tanto ho cacato il cazzo altrui e tanto lo hanno cacato a me, ciononostante non ho mai preso neanche in considerazione di ritirarmi a vita privata perchè sono nato cittadino, adesso tra le varie piacevolezze del mio palazzo al piano di sotto ho un magnaccio e un numero imprecisato di schiamazzanti zoccole che però talvolta di notte butto giù dal letto quando mia figlia accende la sirena così siamo pari e patta

le due teste marce di erba vivevano a contatto con altre persone per scelta, difatti ne hanno seccate pure una e mezza che non erano neanche loro il seme del loro odio, se non gli stava bene prima di architettare una cosa del genere se ne potevano serenamente andare affanculo da un’altra parte…

Indubbiamente, infatti sono felice di vivere nella campagna di monculo, ho dei vicini e li tollero (e loro tollerano me), ma tra le due case c’è un certo spazio e non ci separa una parete di cartongesso. Le poche volte che ho scelto di vivere temporaneamente in un condominio in città, ho fatto fatica, perche’ magari quando volevo leggere o dormire in silenzio quelli del pub, al piano di sotto, alzavano il volume dell’impianto audio per chiudere la serata, alle 3 del mattino.

E’ quel che ho premesso!

Ad ogni modo, ancor più che l’azione dei due criminali, mi fa paura il fatto che nel giro di un mese dal fattaccio i famigliari stretti siano stati ospiti più di una volta a “Porta a porta”. Credo che se una cosa del genere capitasse a me, manderei a fare in culo scortesemente eventuali emissari di reti televisive che mi chiedessero di partecipare ad una trasmissione.

Concordo. Poco fa, il marito della vittima parlava al telefono con il cognato per le scuse di rito. Tutto ripreso dalle telecamere. E le scuse dei politici e quest’altro ancora.

Il dolore mediatico. Giornalisti sciacalli ok ma l’ultima parola spetta sempre al diretto interessato

Diciamo che, al di là di tutto, i giornalisti son quelli che da questa storia ne son usciti peggio (dopo le povere vittime dell’orrenda strage, ovviamente).

Tra poco inizierà il rituale delle perizie psichiatriche…

copio è incollo da un altro mio topic in altro forum.

http://nocturnot.altervista.org/phpBB2/viewtopic.php?t=4749

La figura di Carlo Castagna.

Ho visto porta a porta ieri sera.
Il massacro di Erba ha gia sostituito la mamma di cogne nei cuori neri degli spettatori.
Non amo Vespa e odio tutti gli sciacalli che “sfruttano” una brutta notizia soltanto per lo share, ma sono incuriosito dalla figura di Carlo Castagna.
Opposta alla reazione , a mio avviso, umana di Azouz Marzouk che cerca in cuor suo vendetta abbiamo la reazione metafisica e santifica di quest’uomo.
Santifica non inteso in senso positivo…par assurda l’ inemozione, il fatalismo ed il perdono.
Capisco che non vi è alternativa, non puoi nulla in situazioni del genere, capisco il punto di vista religioso , ma sembra tutto così finto.
Tutto così distante.
Un uomo che perdona chi gli uccide la figlia, la moglie , il nipote (forse i nipoti) è normale?
E’ troppo buono o non amava la propria famiglia?
Io non riesco a darmi risposta perchè reagirei come Azouz, come reagirebbero quelli sfregiati dalla porca vita e costretti ad essere uomini.
Siamo in un caso di vera “cristianità” o sono gli occhi di una persona impaurita, confusa e sconvolta quelli di Carlo Castagna?

Mi piacerebbe discuterne in tono serio.

Per voi Castagna è pazzo, impazzito, impazzirà o è soltanto e realmente un buono “vero”.

Sto con Azouz,il cosiddetto “perdono” è da ipocriti,o smidollati,o baciapile.Nulla più,nulla meno…

Gente che perdona anche fatti così gravissimi esiste davvero. Dura da accettare, assurdo quanto si vuole ma il perdono di matrice cattolica arriva anche a questi livelli. Io personalmente non perdonerei mai un simile gesto ma non per questo lo definirei un’azione da ‘smidollati’, ritengo che c’è bisogno di un coraggio spirituale davvero alto per esprimere tali sentimenti.

Il “coraggio spirituale” mi pare una scorciatoia per non affrontare la propria sacrosanta rabbia che scaturisce dopo che qualcuno t’ha massacrato la famiglia.Indi non lo definirei affatto “coraggio”…Se qualcuno “perdona” fatti simili,prima o poi gli scoppia il fegato,anche se forse non l’ammetterà mai,nè con sè stesso,nè con gli altri.

O è il mandante?

“a pensar male si fa peccato…ma quasi sempre ci si azzecca…”

Appunto, basta utilizzare il vecchio sistema del “cui prodest?”…

E’ un uomo pratico. L’odio è un sentimento che consuma e non sana i torti che hai subìto; oltretutto non mi pare che abbia parlato di perdono, quanto piuttosto di riflessione sullo squallore esistenziale di due persone che arrivano a concepire qualcosa di tanto aberrante. Persone a suo dire più da compatire che da odiare. Come dargli torto? Sicuramente un uomo dalla levatura morale superiore rispetto a quella delle belve che gli hanno strappato gli affetti più cari.

Alcuni documenti inediti della scena del crimine:

:frowning:

p.s.: Killer Klown ti prego, non me lo cancellare subito…

Sai che ci avevo pensato anch’io?
Un altra variante potrebbe essere quella del “disamoramento”?
Nel senso che il Castagna avrebbe perso affetto per una figlia “ribelle”, che non aveva scelto il “cattolicesimo”, e per la moglie, che come si sa, sono sempre per le scelte dei figli?
Secondo me abbiamo visto troppi film e letto troppi libri.
Spero in cuor mio che nessuno di noi abbia ragione.

speriamo di non azzecarci Scerba…

Questa tesi è la più attendibile forse, premettendo pure che se sei credente credi anche nell’inferno e quindi tendi a non commettere peccati per far sopravvivere l’anima.
Però ci vuole un eccesso di lucidità morale e mentale per ragionare in determinate situazioni.

http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2007/01_Gennaio/15/imarisio.shtml