La prima scena di “The Canyons” è quanto di più vicino a Ellis si sia mai visto sullo schermo. Un dialogo a quattro, in un formale e anonimo locale, dove nessuno guarda chi dovrebbe o dice quello che pensa. La regia di Schrader punta la macchina sugli interpreti, calamita i loro sguardi, li porta a tramutarsi in istantanee con tanto di richiesta di aiuto, di ricerca di un’impossibile via di fuga dai loro ruoli stabiliti. ‘Nessuno ormai conosce più nessuno’, dice il personaggio di Christian, e la penna di Ellis piomba in scena prepotentemente.
Peccato che dopo questo inizio, che segue gli splendidi e necrofili titoli di testa sui cinema chiusi e fatiscenti, il film imploda immediatamente, tra personaggi di cui non interessa nulla allo spettatore e un intreccio da neo noir che incespica tra mille spunti mai sviluppati. Il nuovo cinema sarebbe quello della vita privata ripresa e spiata dai cellulari, un nuovo modo di fare film imbastito dal fasullo produttore Christian, emblema dei tanti figli di papà, cocainomani e maniaci, che Ellis conosce tanto bene. Ma la traccia viene subito persa di vista e Ellis sembra attingere non dal suo universo letterario, ma da quello di “50 sfumature di grigio”.
Ellis ha rivelato che il nome del protagonista, Christian, è legato al libro della James, che lo scrittore stava leggendo durante la stesura dello script di “The Canyons”.
E sarebbe stato sicuramente più spassoso se avesse deciso di girare la sua versione di “50 Sfumature”, soprattutto perchè sarebbe stato qualcosa di attuale, una trasposizione dietro lo specchio del bestseller erotico per casalinghe moderne.
La sfasatura del progetto “The Canyons” emerge fin dalla sua genesi. Schrader voleva da Ellis una rimasticatura dei più famosi personaggi letterari dell’autore di “Meno di zero”, Ellis voleva un altro film by Schrader in L.A., e alla fine i due si incontrano in un ibrido che non soddisfa nessuno.
Anche le tanto sbandierate scelte di campo, secondo le quali questo film è un manifesto della morte del cinema in sala e l’apripista dell’Ipad Movie, non trovano riscontro in alcuna cifra stilistica. “The Canyons”, al massimo, sembra un vecchio straight to video. A meno che la scelta di quella patina sbiadita che contraddistingue le immagini, sia la messa in scena dell’agonia del cinema old style. Ma davvero è impossibile scorgere dove si trovino i semi di un nuovo cinema.
Un altro punto critico del film è rappresentato dagli interpreti. Concettualmente, sembrano la perfetta rappresentazione dei tipici attori che popolano i film in produzioni immaginate da Ellis nei suoi libri: un pornostar che esordisce nel cinema tradizionale, una ex teen idol ormai devastata, un belloccio perfetto per vestire i panni del raccomandato senza arte né parte. Ma nessuno degli interpreti riesce poi a risultare credibile sullo schermo, a partire dalla Lohan, completamente fuori parte, totalmente sprecata per quella che sarebbe potuta essere la sua prova emblema, come cadavere vivente di una Hollywood cannibale e sdentata.
E’ comunque difficile non provare simpatia per un film partorito da due autori che hanno saputo infiammare il cinema e la letteratura, anche se da questo incontro escono rafforzati solo i difetti di entrambi.
Schrader rimane un immenso sceneggiatore, ma un regista spesso poco incisivo, e Ellis, dopo “Glamorama”, sembra essere sprofondato in un mondo sterile e autoreferenziale, ormai incapace di leggere la realtà contemporanea. Terribile nemesi per due precursori come Schrader e Ellis.