Presentato a Venezia, giudizi alquanto severi dispensati un po’ ovunque per il nuovo di Fincher, ancora per Netflix. certo non mi è sembrato memorabile. asettico, desaturato, movimenti di camera meccanici e gelidi come l’acciaio, azione quasi completamente assente.
bandita per principio qualunque empatia con la storia -
a Parigi un Le Samourai molto metodico ci spiega (voce fuori campo) la sua rigida disciplina come un impassibile androide (Fassbender ancora nei panni del David 8 di Prometheus / Alien Covenant) mentre deve far secco un tizio dalla finestra di fronte di un appartamento vuoto. Poi si mette ad ascoltare Morrissey e sbaglia il colpo come un deficiente qualunque.
Per due ore va avanti a ponzare codici di condotta con in cuffia gli Smiths.
Non si può dire che sia brutto, è molto feticistico nel suo distacco hi-tech ma magari va bene per una (sola) visione in mancanza d’altro.
Il film l’ho trovato molto avvincente, ma ideologicamente osceno: il killer inizia una spirale di vendetta contro i suoi committenti, non risparmiando nessuno di quelli che si mettono in mezzo (colleghi, persone innocenti) ma quando arriva al grande capo, lo risparmia assolvendolo con una semplice minaccia…
Anche a me è piaciuto, per quanto paradossalmente surreale molto divertente, quasi una bella copia del vecchio The Jackal.
Riguardo a quanto afferma @akuma l’ho letta diversamente, il grande capo che aveva tutto non viene risparmiato, ma viene condannato a vivere nell’incubo di essere ucciso malamente.
Piaciuto con delle riserve.
Molte riserve.
Così tante che a elencarle viene da pensare che in fondo in fondo non è che poi mi sia piaciuto questo film.
Ma andiamo con ordine: raramente mi capita di voler interrompere la visione di un film, ma qui stavo per farlo dopo pochissimo.
Perché?
Be’, i primi 10/15 minuti li ho trovati INSOPPORTABILI a causa della voice over che blaterava banalità con quella che mi sento di definire petulante prosopopea.
Non esagero, ho provato un fastidio fisico, alle orecchie e al cuore.
Quando smette di parlare (pensare) e si entra nel vivo della storia, è un film godibile ma che a volte - come il suo protagonista nel suo monologo iniziale - esprime banalità con petulante prosopopea.
Qualche parola in meno avrebbe giovato. Veramente.
Infatti i momenti migliori sono fatti di silenzi, di sottrazioni e di assenze (anche assenze di spiegazioni); e in questi momenti migliori sembra quasi di vedere i contorni di un altro film - un bel film - il film che avrebbe potuto essere, o dovuto essere, o non è riuscito a essere, o magari io avrei voluto fosse.
P.S. da amante degli Smiths, ho trovato l’utilizzo delle loro canzoni quasi macchiettistico.
Ma questo è lo stesso Fincher che ha girato “Seven”, “The game”, “Fight club” e “Zodiac”, o solamente un suo SPOMPATO omonimo? No, tanto per sapere, eh…