Quintetto tutto femminile proveniente dal canada, queste The Organ sono in giro ormai da qualche annetto, ma solo ora il loro disco di debutto (che dovrebbe risalire al 2004) si è guadagnato una distribuzione adeguata e le ha quindi permesso di iniziare a far parlare un po’ di sé.
Musicalmente parlando è, senza peli sulla lingua, la fiera del derivativo: il filone è quello tracciato dagli Interpol prima e dagli Editors poi, e le Organ si inseriscono bene come ipotetico terzo punto unito dal filo rosso del tributo alla new-wave anni '80 in generale ed ai Joy Division in particolare. A differenza dei due gruppi di cui sopra, però, queste ragazze canadesi dimostrano di avere una decisa predilezione per i Cure del periodo “Three Imaginary Boys” e, soprattutto, per gli Smiths, arrivando a proporre uno strano ibrido che a tratti, all’interno della stessa canzone, ricorda pesantemente tutte le band citate sino a qui. Derivative quindi, e sulla carta niente di speciale, ma all’atto pratico sono davvero capaci di coinvolgere ed emozionare parecchio, soprattutto se siete amanti di queste sonorità britanniche che le nostre dimostrano di aver assimilato estremamente bene e che personalmente non mi stancano mai.
Una nota la merita la voce della cantante, anche qui all’apparenza nulla di particolare (una “buona” voce femminile come ce ne sono tante), ma che ascolto dopo ascolto scava a fondo nell’anima grazie ad una cadenza ed una tonalità che stanno a metà tra il Morrissey più malinconico e la Sonya Madan dei mai dimenticati Echobelly. L’album “Grab that gun” consta di 11 brani per una mezz’ora scarsa di musica, breve ed incisivo come un disco di questo genere deve essere, per toccare il cuore e poi scappare via veloce come è venuto. Io lo consiglio.
Per ascoltare qualche brano, tra cui la bella “Brother”, fate un salto qui:
http://www.myspace.com/theorgan