The Sea of Genkai (Juro Kara, 1976)

Unico exploit dietro la macchina da presa del drammaturgo Juro Kara (collaboratore fra gli altri di Wakamatsu, Terayama e Oshima)

Anni 50. Noboru Ando (che fu un vero yakuza, boss dell’Ando-gumi) ha una scassatissima barca da pesca che usa per trasportare ragazze coreane attraverso il mare di Genkai per Jo la farfalla sul mirino Shishido, qui conciato ancora peggio del solito con occhialoni e parrucca, un piccolo boss locale che poi le avvierà alla prostituzione.
In una delle loro disperate, ubriache traversate si ritrovano con due clandestini a bordo: una giovane donna che ha una sorprendente somiglianza con una delle loro vittime di stupro in quel di Busan (interpretata dalla moglie di Kara, Reisen Ri, attrice di origine coreane) e un poveraccio alquanto instabile che sembra essere il suo protettore. sono c amari e faranno poi i conti con le loro aberranti colpe di guerra.

prodotto dall’Art Theater Guild, casa di produzione che dai 60 agli 80 distribuiva prevalentemente film arthouse, è una rilettura fortemente nichilistica dello yakuza eiga in chiave Zainichi (sottogenere che ha per tema le difficoltà dei residenti coreani in Giappone dal secondo dopoguerra in avanti)
Il tono del film è fortemente erratico e per questo per me è un mezzo fiasco.
I primi 20 minuti sono quasi una commedia con tocchi di comicità surreale, poi il film si fa via via più drammatico e cupo, violento e senza un oncia di speranza. E’ inedita per il genere la caratterizzazione così sconfortante e negativa dei personaggi, ma (inevitabilmente, dato i nomi coinvolti) Kara flirta apertamente con l’exploitation e il tutto ne risente.

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