The Theatre Bizarre (AAVV, 2011)

Interessante film a episodi che recupera diversi registi che erano un po’ spariti negli ultimi anni.
Prodotto dalla Severin film (e non è un caso che l’ultimo episodio sia diretto proprio dal mio amico David Gregory, uno dei patron della label americana) è un film composto da 6 episodi + uno che fa da cornice.

La cornice è interessante (soprattutto visivamente perché non ci vuole nulla a capire dove andrà a parare e come finirà) e ha come protagonista e gran cerimoniere l’ottimo Udo Kier, decisamente inquietante. Tutto è ambientato in un fatiscente teatro dove viene messa in scena una coloratissima rappresentazione con burattini “umani”.

Il primo episodio si chiama THE MOTHER OF TOADS ed è diretto dal redivivo Richard Stanley (Hardware, Dust Devil).
Tecnicamente e visivamente è quasi tutto molto bello, è la storia che a me non ha convinto granché, l’ho trovata banale e persino noiosetta con i suoi echi lovecraftiani.
Protagonista della storia è Catriona MacColl (e ammetto che questi recuperi/omaggi mi hanno pesantemente rotto le palle).

Il secondo invece mi è piaciuto tantissimo, si chiama I LOVE YOU ed è diretto da Buddy Giovinazzo (Combat Shock) ed è la drammaticissima storia di una coppia ormai scoppiata con lei che sta per andarsene dopo ripetuti tradimenti ai danni del marito.
Molto intensa a livello di dialoghi e anche graficamente forte sul finale con un ottimo effetto gore.

Il terzo episodio mi è piaciuto molto meno, si chiama WET DREAMS ed è diretto da Tom Savini (che appare anche come attore). Molto gore e con alcune invenzioni molto malate, è però vittima di una sceneggiatura che non prende mai il volo. È divertente da vedere per gli effettacci ma per il resto non lascia nulla.

Il quarto episodio è un gioiello, diretto dall’ottimo Douglas Buck, che io reputo davvero bravissimo (il suo FAMILY PORTRAITS è un film meraviglioso e mostruosamente disturbante e anche il suo remake di SISTERS di De Palma ha personalità da vendere). Il suo episodio è il più breve di tutti e si chiama THE INCIDENT, molto introspettivo e malinconico, scritto benissimo e girato meglio. A tanti non piacerà per niente, io l’ho adorato, mi sa che è il mio preferito.

Il quinto episodio segna il ritorno di Karim Hussain (SUBCONSCIOUS CRUELTY) che ancora una volta dimostra un talento incredibile per quello che riguarda l’immagine (lui è anche un bravissimo direttore della fotografia) e anche se la storia non è all’altezza della potenza di certe sue immagini è un segmento che non lascia indifferenti e non solo per certi effetti splatter (iniezioni e prelievi direttamente sulle pupille). Peccato che non tutto giri per il verso giusto (l’inquadratura finale è di una banalità senza pari) perché ci sono degli ottimi momenti.

L’ultimo episodio si chiama SWEETS e lo dirige David Gregory, conosciuto per aver diretto un sacco di documentari (tra i quali il celebre THE SHOCKING TRUTH, su NON APRITE QUELLA PORTA) e per il suo lungometraggio PLAGUE TOWN di qualche anno fa.
Per me, e mi spiace dirlo, è l’episodio più debole, quello con meno personalità. Funziona a brevi tratti (il finale al sangue con il finalissimo blasfemo) ma non mi ha quasi mai convinto. Ci sono un po’ di sequenze disgustose ma il clima è troppo grottesco e non hanno raggiunto il bersaglio (almeno nel mio caso).

Comunque è un film davvero molto interessante, lo consiglio caldamente.

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Non ho molto da aggiungere rispetto a quanto detto da @Giorgio_Brass , che ha fatto una disamina esaustiva dei vari episodi (anche se forse a volte un po’ troppo severa - ma si sa che io sono di manica larga).

Devo dire che secondo me il punto di forza del film è l’eterogeneità. Ogni episodio è totalmente diverso dagli altri non tanto per i contenuti (si passa da episodi con echi lovecraftiani ad altri molto più radicati nell’humus sociale, ad altri molto più “psicologici”) quanto per la forma (ogni autore è stato libero di usare la grammatica e l’estetica cinematografica come meglio preferiva).
Udo Kier, con la sua maschera inquietante e penetrante (qui con un pesante make-up che mi ha ricordato il “fratellino” di Von Trier) è perfetto nella parte del padrone di casa che ci introduce le varie storie che andremo a guardare.
Mi piace un sacco (ma già lo sapevo!) il modo di recitare di Tom Savini, così gigioneggiante e autocompiaciuto, si vede proprio che si diverte ed appaga mettendoci anima e corpo nell’interpretare ruoli un po’ inconsueti ed inaspettati per il suo fisique du rôle (qui riveste i panni di uno psicanalista feudiano).

Film particolare che sicuramente merita una visione!