Tony Manero (Pablo Larrain, 2008)


Tony Manero
Un film di Pablo Larrain. Con Alfredo Castro, Paola Lattus, Héctor Morales, Amparo Noguera, Elsa Poblete. Drammatico, durata 98 min. - Cile, Brasile 2008. - Ripley’s Film data uscita 16/01/2009.

            A Santiago del Cile, nel pieno del regime di Pinochet, c'è un uomo che sogna solo di ballare come Tony Manero...

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Tony Manero è un film niente male che però a mio parere ha qualche difettuccio a livello di chiusura. Ne manca un pezzo, una fine del genere è si abbastanza aperta, ma non riesce a dirmi molto. Soprattutto dopo aver costruito un personaggio del genere, così originale e malato allo stesso tempo. Dopo essersi soffermati per un ora e trenta sul protagonista e aver quindi sacrificato la narrazione mi sarei aspettato uno sviluppo maggiore. Del resto molto molto bello a livello registico l uso del fuori fuoco che qualcuno definirebbe baviano e che in questo caso rende bene l impalpabilità e l impossibilità di decifrare un personaggio come quello del protagonista. Fatto con due lire e con tante idee, ma volevo qualcosa di piu.

Visto ieri sera in sala. Io l’ho trovato un film splendido: il protagonista interpretato da Alfredo Castro (qui in veste anche di sceneggiatore e con un volto che ricorda parecchio un Al Pacino in disfacimento) è già una figura ‘mitica’, anche se non nell’accezione più scontata. Parafrasando il titolo di uno dei migliori film di John Huston e un libro di David Handler potremmo definirlo ‘L’uomo che volle farsi/voleva essere Tony Manero’, ovvero un personaggio che esiste solo nella finzione cinematografica (e questo già la dice lunga), che in un paese annichilito dalla dittatura come il Cile del 1978 diventa una sorta di idolo per la abbrutita popolazione della periferia di Santiago, anche per il solo fatto di aspirare a voler diventare un ‘sosia’ del personaggio interpretato da John Travolta. Per un uomo ‘impotente’ (in tutti i sensi) il (ri)copiare pedissequamente i passi di danza di Manero (oltre che il ripetere a pappagallo le battute del film in inglese senza conoscere quella lingua) diventa l’unica ragione di vita e sopravvivenza. E, pur macchiandosi delle nefandezze più atroci per raggiungere il suo (ormai) unico scopo della vita, questa caparbietà lo porta ad essere cmq venerato da una cerchia ristretta di ‘miserabili’ (in senso, se mi passate il neologismo, ‘victorhughiano’) che popola la bettola di periferia dove lui stesso alloggia. Una cerchia, in cui convivono sia persone avverse che favorevoli alla dittatura, al tempo stesso amata e odiata dal protagonista… ormai totalmente estraniato e anestetizzato dal contesto tragico che opprime il resto del paese e focalizzato solamente sul suo obiettivo. Non voglio aggiungere altro… forse il finale aperto è un po’ spiazzante… ma alla fine ognuno può immaginarsi il proprio finale come meglio crede, anche se l’andazzo avuto dal protagonista del film non lascia presagire nulla di positivo per le prossime vittime della sua frustrazione.In un sol colpo Larrain riesce a ‘condannare’, benché in maniera tangenziale, sia il regime di Pinochet che ha costretto il suo popolo a vivere miseramente per alcuni decenni, sia il fanatismo di alcune persone senza arte né parte, non troppo dissimili da quelle che ai giorni nostri cercano notorietà attraverso programmi come Il Grande Fratello o come quelli condotti da Maria De Filippi. Molto bella la fotografia, che passa da una chiara nitidezza ad una estrema granulosità, e molto azzeccata la scelta del fuori fuoco: per una volta queste scelte registiche più ‘sperimentali’ non sembrano essere messe lì per caso ma contribuiscono in maniera decisiva a creare quell’atmosfera sordida e sudicia (al contempo ‘surreale’ e reale) in cui è immerso il protagonista e gli altri personaggi della pellicola. Un film probabilmente non per tutti i palati (all’uscita del cinema molta gente imprecava… forse si aspettavano un film ‘patinato’?) ma sicuramente da vedere.

Il film è notevole, e cresce nella memoria. Grande protagonista, grande rigore e tensione. Bravo mister steed!

Beh… ti ringrazio: quando ci sono film di questo spessore le belle recensioni vengono fuori di getto e praticamente si scrivono da sole! :slight_smile:

Approfitto di questo post per riportare l’azzeccatissima definizione data da Maurizio Porro nella sua mini-critica presente nelle pagine di cronaca milanese del Corsera, ovvero… “un film sgradevolmente bellissimo”. Imho questa frase racchiude davvero bene l’essenza della pellicola.

Anche a costo di sembrare insensibile a me qusto film ha fatto incazzare parecchio e mi ha veramente disgustato.
Un film pieno di sè e completamente vuoto, narcisista e compiacente della volgarità e della violenza messa in scena solo per giustificare o annichilire lo spettatore impotente.
Nessun luogo come Santiago dipinto in questo film potrebbe essere diverso dall’inferno e uguale a mille altri luoghi, tutto ovvio, persino una fellatio, inserita in un contesto assolutamente in disfacimento lascia l’amaro in bocca, e scusate la similitudine o il cattivo gusto, e due.
Il protagonista così come gli alri pupazzi, mossi come marionette in un orribile teatrino barocco, dilatano inutilmente il tempo fissandolo in un assoluto nulla.
Nulla per tutto il film, nulla di brutto, nulla di bello.
Nulla.

Personalmente mi ha parecchio rotto i coglioni. Probabilmente non viaggio sulle lunghezze d’onda della poesia del regista. Capita.

E ovvio che un prodotto come questo non può piacere a tutti… è uno di quei film che o si ama o si odia… tuttavia secondo me la chiave è che nel film non c’è proprio poesia… anzi… è volutamente sgradevole proprio per evitare di finire nel tranello della ‘poesia’… è solo prosa nuda e cruda… per questo, se mi passate il paragone, potrebbe essere definito anche un film bukowskiano in quanto fa vedere come un uomo (o una nazione o un luogo) può essere davvero “la fogna dell’universo”

Riabilitiamo questo film, che in questi giorni è uscito pure in dvd…
Mi dispiace che a molti non piaccia…eppure è un film diretto,senza fronzoli,che senza retorica è riuscito a ricostruire la vita di regime di quel periodo…

L’ho trovato davvero ben fatto. Cinico e amaro, ben interpretato e diretto con una fotografia livida totalmente adatta al contesto generale. Le esplosioni di violenza e le scene più malate non le ho trovate fuori luogo, mi sembrano dei picchi di malattia di un film già di per se contornato da persone ‘malate’.

Premio meritatissimo

Mi è sembrato compiaciuto, scontato, tedioso.
Se penso ad un film come 4 mesi, 3 settimane e 2 giorni, che denunciava sempre l’orrore di una realtà soffocata da un regime, non vi trovo paragoni possibili, quello rumeno è un film di rara potenza evocatrice.
Tony Manero mi è parso cinema già visto, già provato, già masticato. Nessuna sorpresa.

Traendo spunto dall’aggiornamento sulla discussione su [b][i]P.M.[/i][/b] di Larrain… ma poi Giorgio Tony Manero sei riuscito a recuperarlo?

preso il dvd per 2 lire ad una bancarella ho trovato il film stupendo vitale pieno di poesia e sentimento da riabilitare sicuramente!!!