L’ho visto per la prima volta in vita mia qualche giorno fa, ma questo film rappresenta per me un caso da quasi trent’anni. Infatti da bambino mi piaceva moltissimo un vinile dei miei, contenete, come da titolo, “Le più grandi canzoni dei più grandi film western”. In versioni al dire il vero molto cheap e tendenti al più bieco easy listening da crociera anni ‘70, tipo “Love Boat”, ma che da bambino mi piacevano molto. Probabilmente la mia passione per il western nasce grazie, o per colpa, anche di quel disco. Ebbene, dopo le musiche di film notissimi come “Mezzogiorno di fuoco”, “Giù la testa”, “Quel treno per Yuma”, “Un dollaro d’onore”, il disco si concludeva un po’ misteriosamente con ben tre brani tratti appunto da questo “Tre colpi di winchester per Ringo”. Dopo tanti anni ho dunque colmato la lacuna.
Delusione? Sconcerto.
Si tratta infatti di una pellicola indescrivibile. Ma nel vero senso del termine. Come descrivere infatti a parole la delirante imbranataggine degli attori (tra l’altro manco uno con la faccia adeguata alla propria parte), la siderale inettitudine della regia, la farneticante idiozia dei dialoghi, l’imbarazzante balordaggine degli “effetti speciali”, i vertiginosi e insensati cambi di tono della sceneggiatura, le mille e più assurdità della sceneggiatura?
Tra cui un Ringo mammone, una donna torturata appesa per aria non si capisce né dove né come, un duello finale tipo “Per un pugno di dollari” che però non si comprende come dovrebbe funzionare, una festa zingara… o indiana?.. boh, non si capisce… coreografata e musicata come fossimo in un villaggio africano di un film di Tarzan, un cannone con decine di canne che funziona… tipo una mitragliatrice, ma che spara a caso… sì insomma, non si capisce molto bene pure quello… e via così delirando.
Ma fosse tutto qui, sarebbe uno spaghetti orrendo come tanti altri. Invece c’è da mettere in conto una fotografia bellissima, piena di luci e colori assurdi come in un film di Bava, che infatti da vita ad un incredibile West notturno con atmosfere da film horror. Totale follia anche le scenografie di cartapesta, probabilmente rubate a qualche film di Maciste, che creano uno scenario quasi fantasy, tanto improbabile quanto assurdamente affascinate. E bellissime sono (appunto) anche le musiche di Armando Sciascia.
Questo stridente contrasto tra totali incompetenze e abilità artigianali crea un’ atmosfera quanto meno curiosa, schizofrenica. Ne esce una pellicola straniante, catalogabile sia come cagatona epocale, sia come reperto cinematografico involontariamente folle e surreale.
Dopo trent’anni l’unico mistero legato a quel disco che rimarrà per sempre irrisolto è chi diavolo può aver pensato che un film del genere potesse essere catalogato tra i “più grandi film western”.