Solo recentissimamente sono riuscito a leggere l’autobiografia del grande Gigi. Ovviamente come ci si poteva aspettare da lui è un libro molto divertente anche quando parla di cose drammatiche (da bambino fu uno sfollato e la sua famiglia certo non navigava nell’oro). Parla molto della sua famiglia ed è interessante perché i più giovani soprattutto non si rendono conto di quello che quella generazione ha dovuto sopportare considerato che Proietti nacque nel 1940 e a soli cinque anni si ritrovava in mezzo a un paese distrutto. Parla dei suoi inizi ma soprattutto parla tantissimo del teatro. Parla, invece, pochissimo di cinema. Anche quando cita FEBBRE DA CAVALLO (la pubblicità del Vat 69 è riportata per intero ad esempio) aggancia subito il fatto che nello stesso periodo, anche se secondo me pasticcia un po’ con le date, era impegnato con le repliche di A ME GLI OCCHI PLEASE (due anni di repliche al Teatro Tenda di Piazza Mancini). Stranamente non parla di STANNO SUONANDO LA NOSTRA CANZONE, ma neanche del doppiaggio fatto per Fellini. Parla molto invece della sua grande amicizia con Vittorio Gassman che reputava il suo maestro (esilarante l’aneddoto di quando racconta che sul set di UN MATRIMONIO per una scena l’unica cosa che trovarono sul copione fu un’indicazione di massima - in questo caso ‘parlano in italiano’ - come per certi film con Franco e Ciccio. Cosicché i due cominciarono ad improvvisare dando vita a un dialogo volgarissimo che si può sentire tuttora nel montato finale. Altman non capì una parola ma ne fu comunque soddisfatto). Lui, comunque, si reputava soprattutto un attore di teatro. Il contatto col pubblico era tutto. Insomma per quanto la lettura sia consigliata a tutti, rimane un non so che di irrisolto.
Come ben sai Rodar, io ho avuto la fortuna di conoscerlo.
Ho aspettato che i vari giornalisti dei tre quotidiani della mia città e delle due tv locali lo intervistassero, per avvicinarmi in modo molto discreto.
Du minuti soltanto, poi devo provà
Ed invece siamo stati 40 minuti uno di fronte all’altro con i 45 e 33 giri che ha inciso
Che mm’hai portato?
Veramente sono i dischi miei e vorrei che me li autografasse…
Li prendeva, li osservava con una tenerezza incredibile, mi racconterava quando li aveva incisi, la sua prima incisione quando Lucio Battisti lo accompagnó con la chitarra per la sigla di uno sceneggiato televisivo.
Appena accennato l’argomento Febbre da cavallo, invece mi parlò di Casotto, di Paolo Stoppa e Jodie Foster.
“A me gli occhi please” fece due serate, prima di approdare al Teatro Tenda,
qui a Rieti, le presenze scarse non lo scoraggiarono affatto e conosciamo tutti il successo di quel recital.
Concluse dicendomi che veniva in incognito spesso nelle mie zone, perché oltre a magnà bene ha dei parenti alla lontana.
Damme 'na penna, che te devo firmà…
Bellissimo, caro Job. Da come lo descrivi, Proietti mi fa un’ottima impressione anche dal punto di vista umano…
Nel libro non parla neanche delle regie liriche, eccetto un accenno, eppure ne fece diverse.
Esattamente, era esattamente così anche se questa sua “bontà” la esternava solo a chi lo faceva stare bene.
Molti mi hanno parlato di un carattere piuttosto scontroso(d’altra parte noi scorpioni siamo piuttosto lunatici a chi ci fa rode er chiccherone).
Si respira la sua romanità, così era anche Lando Fiorini, anche lì i pochi minuti, la nostra chiacchierata é durata un ora.
Due romani (un attore e regista importantissimo e un cantante e autore) non mi hanno per niente fatto una buona impressione.
Capisco che sono sempre nell’occhio del ciclone, ma un comportamento adeguato a chi gli ha sempre attribuito il loro grande successo e importanza siamo noi, e devono essere riconoscenti e non comportarsi da s… zi.
Nel libro non nasconde i fallimenti anche grossi come FANTASTICO 4 che afferma non avrebbe dovuto fare. Pur riconoscendo la professionalità di tutti, in primis di Heather Parisi, giunse alla conclusione che era una televisione troppo diversa da quella che faceva lui e il grosso pubblico non lo seguì (anche se io non ricordo essere stato un fiasco). Troppi lustrini e paillettes (eravamo nel 1983) per lui a cui bastava uno sfondo nero e un baule. Un aneddoto divertente riguarda anche proprio A ME GLI OCCHI PLEASE. Racconta che dietro lo sfondo nero c’erano dentro le gabbie ben sette leonesse non più giovanissime che avevano fatto parte di un circo che era stato lì prima che il Teatro Tenda diventasse, appunto, un teatro. Pare che a un certo punto i musicisti durante l’esecuzione eseguivano una nota che per le leonesse doveva essere particolarmente alta perciò cominciavano a ruggire minacciosamente.
Il padre, se ricordo bene, era della provincia di Rieti. Riguardo A ME GLI OCCHI PLEASE, lui racconta che le primissime repliche le fece a L’Aquila però purtroppo non mi ricordo con quale esito. Che comunque tanti artisti prima di giungere nelle grandi città battevano le province non era così strano.
Dunque… dunque…dunque…
La mamma era nativa di una frazione del comune di Leonessa (non so se hai mai sentito parlare di questo paese, ma qui é nato anche il famoso paroliere Bixio Cherubini).
A L’Aquila le fece perché era direttore artistico del Teatro, le fece a Rieti, soprattutto per la vicinanza a Roma, dove sperava che qualcuno si muovesse, ed invece…