Un amore oggi (Edoardo Mulargia, 1970)

Un amore oggi (1970)
di Edoardo Mulargia

Con: Juliette Mayniel, Gino Lavagetto, Ugo Adinolfi, Mirella Pamphili, Ferruccio Fregonese
Soggetto: Edoardo Mulargia
Musiche: Gianfranco Di Stefano

Ok, forse non è uno dei film più diffusi del buon Mulargia, alias Edward G.Muller, però passava abbastanza spesso su Rete 4 fino a qualche tempo fa.
Qualcuno di voi lo ha visto? Oltre a me ovviamente…a me è piaciuto, stranissimo e iper-dialogato (la voce off che non la pianta un momento…) ma indubbiamente affascinante…

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Caro @Renato , come sempre eri avanti anni luce rispetto a noialtri…
Dopo più di quindici anni posso dirti che si, finalmente anche io l’ho visto, mi ci sono imbattuto per caso e… Epifania!

Innanzitutto sono stato stregato dal fatto che i temi musicali del maestro Gianfranco Di Stefano siano quelli riciclati qualche anno dopo da Polselli per il mio film feticcio La verità secondo Satana! E non solo in questa pellicoa si trovano tutti i brani presenti nel film di Renatone nostro, ma pure delle variazioni sui diversi temi che ancora non avevo mai sentito in vita mia… Un tuffo al cuore! E mentre udivo le note a me tanto familiari fluire armoniose ogni tanto mi sembrava di intendere un “Capocchietta di cavolo” oppure un “Ma non ci fare caso, sono ubriaco!”. Emozione pura.

Riguardo al film in sé bisogna dire che è un oggetto cinematografico davvero bizzarro e piuttosto affascinante. In certi momenti arriva a lambire quel punto di contatto tra ambizione autoriale e realizzazione disastrosa con relativi effetti comici involontari. In altri momenti invece la struttura insolita ed originale risulta efficace ed impatta emotivamente lo spettatore.

Il film si muove su diversi piani temporali, quello del presente è spesso intervallato da ingombranti reminiscenze del passato che, sia per Albert che per Myra, riemergono con prepotenza impedendogli di vivere serenamente la propria quotidianità. Nella fattispecie questi ricordi si concretizzano con un costante dialogo di sottofondo, estenuante, ridondante, opprimente, che rimbomba sempre nella testa dei due protagonisti (soprattutto di lui), e talvolta il passato prende anche forma in immagini, con dei flashback sottoforma di materiali di repertorio o di sequenze girate ex novo (in alcuni casi di chiara impostazione artificiosa-teatrale).

Albert, di professione fotoreporter, è ossessionato dalla sua esperienza in Vietnam, durante la quale ha visto morire sotto le bombe la concubina che aveva appena giaciuto con lui e ha involontariamente indotto sette persone a saltare in aria sugli ordigni sotterrati in un campo minato; ha speculato vendendo a peso d’ora le foto di questi cadaveri trucidati ed ora il senso di colpa lo assilla. Inoltre vive una repulsione nei confronti della rigida morale cattolica che la sua famiglia altoborghese gli ha inculcato (peccato-stigma-punizione-espiazione) ed è in costante conflitto con l’austero padre, che pensa solo agli affari anche ora che la madre è sul letto di morte.
Va da se che Albert è sempre infelice, irascibile, vive degli sbalzi d’umore e degli attacchi d’ira, è nichilista, misantropo e pensa pure al suicidio.
Myra invece, nata in un campo di concentramento, è figlia di una zingara e del gerarca nazista che ha sfruttato la donna come schiava sessuale per poi liberarsene inviandola nella camera a gas. La ragazza prova a dimenticare il passato e a sfuggire a tutte le brutture del mondo cercando un distacco dalla società e dalle sue contraddizioni, trovando rifugio in una comunità hippy votata all’esperienza psichedelica.

Va da sé che con queste premesse il film presenta molti simbolismi: ad esempio, quando i due giovani si incontrano per la prima volta, a metterli in connessione l’uno con l’altra è il morso ad una mela, il frutto proibito, che vicendevolmente si offrono.
Talvolta però i simbolismi sono esagerati, i limiti del budget (o dell’abilità degli autori?) fanno in modo che alcune situazioni o stratagemmi diventino quasi ridicoli: le infinite ed estenuanti corse a perdifiato sulla spiaggia; le decine e decine di frasi sopra le righe, che più volte risultano persin grottesche, che rimbombano in continuazione nella testa del povero Albert; i cambi d’umore repentini e violenti, da psicolabili; i flashback in cui, alle immagini dei deportati nei campi di concentramento, si alternano frames provenienti da Leni Riefenstahl; certi personaggi drammatici caratterizzati però in modo quasi macchiettistico, come il gerarca nazista o i pescatori/stupratori; gli hippies rappresentati in modo manieristico come un branco di inetti, anestetizzati dalla vita, incapaci di una minima reazione di fronte agli stimoli e infine plagiati dal loro credo psichedelico, che li porta a ripetere tutti insieme come un mantra frasi fatte banali e stereotipate; la presenza di dialoghi ad effetto assurdi e stralunati, di irresistibile ilarità (ad esempio Myra, lanciando le pietre sul pelo dell’acqua, chiede: “Perché quelle piatte vanno più lontano?” ed Albert in risposta sentenzia: “Perché ad ogni azione corrisponde una reazione assurda e sbagliata”!); alcune trovate di sceneggiature che cozzano con la verosimiglianza, come quella del diario della deportata ad Auschwitz pervenuto fino alla figlia.

Eppure il film in fin dei conti funziona, è gradevole, soprattutto poiché insolito e quindi affascinante. E poi a suo modo, incredibilmente, riesce a trasmettere un messaggio e a fare della critica sociale.

Sto dando un’occhiata in giro per vedere se si trova la OST ma secondo me non è mai stata pubblicata… Smentitemi se sbaglio!

Mi piacerebbe vederlo in una versione migliore del brutto rip che circola attualmente, oltretutto il master di rete4 era pure fullscreen… Mannaggia!

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Grazie per la segnalazione!

Non lo conoscevo e urge un recupero :smiley:

Magari l’Archivio Siciliano del Cinema, una copia migliore ce l’ha:

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Grazie per la segnalazione!

Tu per caso hai un contatto diretto con quelli dell’Archivio Siciliano del cinema?

In passato qualcuno in forum disse di avere provato a contattarli senza ricevere risposta…

EDIT: a ben guardare è sempre la solita copia da rete4, solo che hanno ritagliato la parte inferiore dell’immagine per eliminare il logo dell’emittente televisiva

Un Mulargia insolito, quindi. Ammetto che è un regista a me praticamente sconosciuto. Dobbiamo forse procedere a una doverosa riscoperta, seguita da necessaria rivalutazione, dell’autore sardo? Lasciamo che le consuete label estere lavorino , facendo uscire i necessari br… :ok_hand::heart::heart_eyes:

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2 messaggi sono stati uniti a un argomento esistente: Orinoco, prigioniere del sesso (Edoardo Mulargia, 1980)

Putroppo no!