http://www.cinematografo.it/pls/cinematografo/consultazione.redirect?sch=49608
Venerdì sera ho visto il nuovo film di Ozpetek, Un giorno perfetto, presentato in concorso alla Mostra di Venezia.
Ebbene, dopo la delusione di Cuore Sacro e il micidiale Saturno Contro speravo che il regista turco ritrovasse le vena creativa della Finestra di fronte. L’attualità del tema (violenza in ambito familiare) e l’eccellente cast femminile alimentavano la mia speranza di assistere ad un film degno di nota.
E invece anche stavolta sono rimasto deluso. Il regista, continuando sulla linea tracciata da Saturno contro, impone agli attori uno stile di recitazione monotono e alla lunga stucchevole: sguardi fissi nel vuoto, espressione vagamente ebete e afasia per Ozpetek sono sinonimi di tormento interiore, rabbia, sconforto, desolazione. Come se queste sensazioni fossero identiche e tutti noi del mondo reale le manifestassimo allo stesso modo.
La macchina da presa, accompagnata dalla bella colonna sonora di Andrea Guerra, gira intorno a queste belle statuine, forse adatte a rappresentare gli effetti di un virus paralizzante in un film apocalittico, ma a mio parere inadeguate alla sporca drammaticità della storia.
I protagonisti risultano astratti e poco coinvolgenti, non c’è emozione e scarsa partecipazione. Anche i personaggi di contorno sono stereotipi monodimensionali: abbiamo il politico corrotto e meschino; il portaborse mellifluo; il figlio del suddetto onorevole somaro ma carino e conseguentemente dotato di spirito ribelle e velleità artistiche; la professoressa sensibile e quindi sola; la giovanissima moglie del politico, bella, snob e fragile.
Forse consapevole del basso impatto emozionale del film, il regista per risollevarne le sorti ricorre a un vecchio trucco: utilizza a mani basse i bambini. I figli della coppia Mastrandrea-Ferrari e i loro compagni piangono, cantano, sognano, soffrono e infine muoiono massacrati dal padre nel tragico finale. Azzeccati primi piani sottolineano le vicende dei bambini e dei ragazzi, che anche quando non crepano sono sempre vittime degli adulti.
Insomma, Un giorno perfetto a mio avviso è sia un’occasione sciupata (visto l’investimento della produzione) che un tentativo fallito di raccontare una vicenda emblematica di una vera piaga sociale, i delitti in famiglia. L’Italia, sempre all’avanguardia in queste classifiche, vanta il triste e poco invidiabile record di 140 vittime all’anno.