Un'ora sola ti vorrei

Regìa di Alina Marazzi, 2002


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Documentario girato dalla film-maker milanese Alina Marazzi su sua madre - Luisa Hoepli, morta suicida nel 1972 a soli 33 anni - attraverso i filmati girati dal nonno, erede della dinastia degli Hoepli che già a metà anni '20 utilizzavano una cinepresa 16mm per le proprie riprese private (matrimoni, vacanze, bambini ecc).

Spesso ho letto che il cinema è un atto d’amore, ma poche volte è stato così vero come per questo breve (55’) documentario: l’ho trovato emozionante.

A me invece non è piaciuto, se proprio devo dirla tutta l’ho trovato irritante per vari motivi che elenco in maniera random.

La voce off (che poi è quella dell’autrice) è insopportabile, davvero sgradevole. Forse è proprio una scelta che fosse così inespressiva (e anche “antipatica” in qualche modo) ma a me risultava davvero fastidiosa.

Se devo dire la verità non ci ho visto poi tanto amore in questo film. Forse è un problema mio ma io ci ho visto un enorme rancore verso la madre morta. Un rancore così profondo che spesso era disturbante proprio perché era mascherato da atto d’amore.

Ho trovato molto disonesta la finta lettera della madre della quale vengono letti degli estratti ogni tanto. Per me è una mistificazione ingiusta. Alla fine la figlia/regista fa quello che vuole lei, non racconta veramente una storia ma la dirige e la sposta nelle direzioni che vuole.

Il finale è ben costruito (specialmente quando vengono lette le lettere dall’ospedale psichiatrico) ma, per quanto fossi ben disposto, non sono riuscito a farmi coinvolgere, ho trovato tutto mostruosamente freddo e calcolato.

Resta comunque un esperimento molto interessante e decisamente irripetibile (quante altre famiglie possono avere una simile quantità di materiale video relativo a quegli anni?)

Se ricordo bene, la Marazzi inizialmente pensava di usare la voce di Sonia Gessner, amica della madre, ma durante il premontaggio ascoltando la colonna guida cambiò idea.
Secondo me il film è un piccolo capolavoro, e mi piace molto anche Vogliamo anche le rose, ma in effetti comincio a domandarmi se la Marazzi funzionerebbe al di fuori del film-collage. L’unica prova in questa direzione, Per sempre, l’ho trovata tutto sommato deludente, lì sì che l’autrice non mi sembrava rispettasse fino in fondo la materia trattata.

Dal sito del CSC c’è la possibilità di recuperare i video di una tavola rotonda del dicembre 2010 alla Sala Trevi. Non che la regista si sbottoni troppo sulle scelte di montaggio, ma almeno un paio di spunti sono interessanti, soprattutto quando si parla della ricontestualizzazione dello sguardo maschile (un discorso che di regola mi darebbe l’orticaria, ma in effetti per questo film è quantomeno opportuno)
http://www.fondazionecsc.tv/webtv_channel_cn.jsp?ID_LINK=29&area=5

Vero è che pochissimi persone al mondo hanno la possibilità di accedere ad un archivio di filmati del genere, peraltro molti dei quali addirittura a colori e splendidamente conservati. Al punto che in certi passaggi iniziali pensavo che avessero girato qualcosa ex-novo fingendo di essere negli anni '40… e invece sono tutti filmati vecchi di decenni! Ma al di là di questo, il lavoro della Marazzi mi è parso di livello, e la sua voce fuori campo non mi ha creato problemi… anzi, meglio la sua che quella di qualche “professionista” del doppiaggio come la Morante o la Ferilli, tanto per dire.

Alla Marazzi riconosco un’indiscutibile abilità al montaggio che, per quello che mi riguarda, è l’aspetto migliore del suo film. A tanti potrà sembrare che “Un’ora sola ti vorrei” non è altro che una serie di immagini di famiglia messe uno dopo l’altra mentre invece dietro ci ho visto un lavoro complesso e affascinante, molto più curato e ricercato di quanto si possa pensare.
Tra l’altro non è certo facile districarsi tra una mole di materiale come quella che sicuramente la regista ha avuto a disposizione per arrivare a un montaggio di meno di un’ora.

Le mie perplessità sul resto, però, perdurano perché, anche se l’ho visto qualche mese fa, ricordo ancora la sgradevole sensazione di trovarmi di fronte a un film estremamente costruito, un film assolutamente di testa e non di cuore. Questo non sarebbe necessariamente un male ma a me ha dato proprio quest’impressione di “vendetta privata” ben mascherata che mi ha condizionato sin dalle prime immagini. E per un film del genere avrei voluto più cuore che testa.

Comunque è un film che andrebbe visto, non fosse altro che per la particolarità dell’esperimento.