Come mi suggerisce l’ottimo Tom Cipolla, è la scatenata “UFO” dei new wavers americani Caution del 1981 la canzone che scorre sui titoli di testa di questo capolavoro di Bianchi figlio! Solito furtarello della premiata ditta Bianchi ma come sempre ottimo gusto dei nostri (vedi Firefly per Erotic Flash)…:rolleyes:
Segnalo però che la versione ora in rete e visibile in streaming facilmente di “Vieni, Vieni…” NON ha purtroppo i titoli di testa con la canzone di cui sopra, ma è completa per il resto anche se l’inizio con Gaita sulla poltrona è molto traballante. Un’altra versione scaricabile ha invece il brioso motivetto di cui sopra e i tdt ma non è affatto completa, mancano tot minuti alla fine!!! :mad:
ps: un grafico disattento trasforma l’esilarante MONA MOUR in una più canonica Mary Mour o forse meglio (re)missa il nome precedente con quello altrettanto farlocco di Mary MARUNNO che infatti manca nel manifesto…sic. Linda Scott totalmente non pervenuta!
Mona Mour qui è uno pseudonimo attribuito a Mara Bronzoni. Ma la vera Mona Mour è l’attrice francese del clan di Jean-François Davy, meteora sparita nel nulla dopo soli 4 o 5 film erotici in quel mitico e lontanissimo 1975…
Andrea o chiunque, avete le coordinate o l’indirizzo per cercare su Google Maps/Earth e vedere dall’alto la famosa villa a Rignano Flaminio in cui fu girato questo film e tanti altri porno nostrani? idem le altre location storiche (la vila del generale, quella di Sacrofano e la villetta sede di Orgasmo Esotico per capire…)?
in alternativa se in entrambe furono girati anche film “normali”, se me li indicate forse sul Davinotti le hanno già localizzate…
Mi ricordo che in una scena di, purtroppo, non ricordo quale film proprio al di fuori della villa di Sacrofano si vede una strada in pendenza e che alla fine della discesa c’è una curva.
Potrebbe essere il film Sebastiana. Ricordo un camera car attorno alla villa.
Ma potrebbe essere Attenti a quelle due ninfomani, dove all’inizio si vedono alcune strade attorno alla villa
Come ineccepibilmente riportato su Luce rossa il titolo originale era un po’ più “spinto”, il film a 'sto giro fu bocciato in prima istanza e pure in appello, ma il problema era che le locandine erano già pronte…
Finalmente nella solitudine di una domenica mattina plumbea e piovosa l’ho visionato.
Le aspettative erano alte, non lo nego, sul DizionHard si arrivava a sostenere che “se si volesse fare una classifica di demenzialità tra film porno questa pellicola potrebbe tranquillamente concorrere per il primo posto”. Esagerato! Davvero?! Peggio di “Bath-man dal pianeta Eros”?
E ancora: “Sceneggiatura-delirio. Ovvero: quando l’idiozia sfiora le vette della sua sublimazione”, anche Luce rossa butta benzina sulla fiamma della curiosità. Non ho mai nascosto di avere una certa empatica simpatia subitanea per il cinema-cartoon di Mario Bianchi e lo spunto non è dei peggiori: Marina (Laura Levi) rinchiusa in una villa in campagna (la solita, quella gialla) deve ultimare un saggio, una sorta di inchiesta che ha per argomento il sesso. Nessuno può fuggire, là fuori ci sono i cani da guardia, la protagonista ha il compito di monitorare i comportamenti e gli amplessi. Gramignano ha la solita espressione alla Frankenstein, Giuseppe Curia la sua aria da brigante saraceno, Mary Ram invece pare quello che in effetti era, una scappata di casa, Mara Bronzoni senza trucco. Per non parlare degli osceni capelli al naturale della stessa Levi… e fallo un salto dal parrucchiere prima di girare! I monologhi di Marina - che inframezzano segmenti di amori carnali e funzioni orali in linea col periodo storico sommati ad altri di autoinduzione del piacere dove mimica e versante espressionistico soprattutto ci fanno rimpiangere l’omonima svedese - lasciano intendere che gli studi sono già a buon punto ma… ecco la sorpresa! Herbert Hofer è un marziano che appare all’improvviso nella stanza della scrittrice. Questa stronz… ehm… botta d’inventiva in pratica dà vita al secondo compartimento narrativo in cui la Levi insegna al visitatore venuto da lontano il sesso, riprende di nascosto il loro amplesso e telefona raggiante all’editore. Costui non crede affatto a queste minchiate, ma Marina invita tutti a una proiezione, chi la spunterà?
Affascinato sin dalla tenera età da UFO e bizzarrie cinematografiche italiane 70/80 non mi sento di raderlo al suolo anche se effettivamente stavolta c’è poco da salvare… al di sotto della sufficienza il costume dell’alieno, sarebbe stato molto più appropriato esagerare e sconfinare nel volutamente ridicolo. Ma come avrete capito non si (sor)ride mai, solo verso la fine un paio di botta e risposta si evidenziano per il colore della parlata di gergo dialettale.
Come dite? I ragionamenti eros-filosofici della protagonista? Bah… beh, sì, sempre meglio di quelli decantati dalla onnipresente voce off nei film di Dudy Steel di pochi anni dopo, tutto sommato. Senz’altro da salvare la locandina (vedi sopra), nasconde di certo la firma di una mano celebre, la stessa che si occupò di presentare visivamente agli spettatori altre trovate di un livello superiore dello stesso regista, “La dottoressa di campagna” e “Chiamate 6969 taxi per signora”. Inoltre ha un altro grande pregio che il nostro amato cinema bis nasconde sempre: tutto il film è attraversato da musiche il cui fonema non permette fraintendimenti, sempre irresistibilmente le stesse perché non migliorabili, quelle fatte riecheggiare da Ubaldo Continiello.