Welcome to Marwen - Benvenuti a Marwen (R. Zemeckis, 2018)

Benvenuti a Marwen

Visto in sala il nuovo film di Zemeckis, clamoroso flop.
Il protagonista è una sorta di Forrest Gump loser che, dopo essere stato picchiato quasi a morte da un gruppo di teppisti fascisti, ha perso la memoria e parte della sua indipendenza a causa di un disturbo da stress post-traumatico. Comincia così a rinchiudersi in un mondo immaginario, una specie di Oasis alla Ready player one, coadiuvato da casette in miniatura della WWII piene di bambole nel suo giardino, che lui anima con la sua fantasia. Qui impersona il suo avatar, un eroe aviatore, che, attorniato da 5 bambole soldatesse pazze di lui, combatte contro i nemici nazisti.

Sicuramente comprerò il bluray, voglio rivederlo… il film è particolarmente pieno di autoreferenze del regista: inizia con un incidente aereo; Allied è il nome di una ditta di traslochi; viene citato clamorosamente Ritorno al futuro; in una stanza campeggia il poster della monument valley (BTTF III); il protagonista è un Forrest Gump sfortunato che deve fare un percorso di riabilitazione alla Flight; c’è un uso estensivo del mocap, ecc.

Consentitemi di giocare a fare il critico: mi viene da pensare che proprio come Ready player one - che a mio avviso era sì un omaggio malinconico agli anni 80 (il James Halliday/Spielberg bambino che esce dalla stanza nel finale, quasi a suggerire la fine della Amblin), ma anche una lettera di saluti agli amici e rivali dell’epoca di Spielberg (Zemeckis, Landis, Carpenter, Cronenberg, Kubrick, Badham, Hughes, Scott, ecc. citati esplicitamente) - il film di Zemeckis si appresta ad essere letto come una autoriflessione dell’autore sulla propria carriera: quella di un cineasta che usando miniature, soldatini e trucchi vari ha sognato e si è trastullato con la settima arte.